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Saipem, debito in calo ma pesa il nodo South Stream

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Saipem, debito in calo ma pesa il nodo South Stream

  • –Celestina Dominelli

Da un lato, l’incertezza perdurante attorno al progetto South Stream che al momento resta sospeso e che per Saipem vale circa 2,4 miliardi di euro. Dall’altro, il peso di alcune svalutazioni, non preventivate a fine ottobre, quando era stata rivista al ribasso la guidance 2014, ma resesi necessarie a causa del deteriorarsi dello scenario di mercato zavorrato dal recente crollo del prezzo petrolio. Due tasselli che hanno finito per incidere sui conti preliminari 2014 diffusi ieri dalla società guidata da Umberto Vergine. Che registra sì, per effetto di questa duplice dinamica, una perdita netta dei 230 milioni di euro - mentre il risultato netto adjusted è positivo per 180 milioni - e un Ebit di 55 milioni, su cui hanno impattato 410 milioni di svalutazioni di un impairment test sugli asset, ma mostra anche importanti progressi, a cominciare dai ricavi a 12,8 miliardi (+8,7% rispetto al 2013) grazie alla spinta dell’E&C offshore. «Ci sono tre dati - spiega al Sole 24 Ore il numero uno Umberto Vergine - che sono incontrovertibilmente dei segnali della ripresa che la società ha conseguito nel 2014. Innanzitutto, il risultato operativo al netto delle svalutazioni. C’è, poi, una forte riduzione dell’indebitamento in controtendenza con quanto avevamo pronosticato a ottobre, segno che il lavoro fatto ci ha premiato sia in termini di azione industriale che commerciale. E, da ultimo, il dato molto significativo sul backlog che è cruciale in un fase di mercato ancora asfittica». Ed eccoli i numeri: Ebit adjusted a 465 milioni, indebitamento netto a 4,42 miliardi dai 4,7 di dicembre 2013 e portafoglio ordini a quota 22,1 miliardi a fine 2014, con un livello di acquisizioni di nuove commesse pari a 17,9 miliardi.

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È soprattutto il dato sull’indebitamento, in calo per la prima volta negli ultimi tre anni, che conforta il management sulla bontà delle scelte fatte. «È il segnale che siamo nella giusta direzione - prosegue Vergine - nel recupero dei crediti e nell’acquisizione di nuovi ordini». Sul debito ha inciso positivamente il miglioramento del capitale circolante che, nella conference call con gli analisti, il cfo di Saipem, Alberto Chiarini, quantifica in 300 milioni per quest’anno. «Un obiettivo - chiarisce l’ad - che contiamo di ripetere, nello stesso ordine di grandezza, anche per il 2015». Sul buon andamento del circolante ha pesato la conclusione positiva di alcune negoziazioni con i clienti e l’incasso dei relativi crediti. «Stiamo lavorando alacremente sul fronte dei pending revenues e io confido che, con la chiusura positiva di altre partite, nel 2015 questo tassello cessi di essere un tema ricorrente nella comunicazione al mercato». Scorrendo i dati comunicati ieri, emerge che, su quest’ultimo versante, il livello di pending revenues a fine 2014 si è attestato a 1,1 miliardi per effetto, nel corso del quarto trimestre, della conclusione positiva di alcune trattative (per circa 200 milioni di euro), a cui ha fatto però da contraltare, per via dell’irrigidimento di alcuni clienti, una svalutazione di 130 milioni sulle negoziazioni di contratti nel settore E&C onshore.

C’è poi il nodo South Stream che aleggia sui conti del 2015. La guidance resa nota ieri è infatti appesa all’esito della complessa partita sul gasdotto ora sospeso dai russi. Per il 2015, Saipem prevede così ricavi tra 12 e 13 miliardi di euro, un Ebit compreso tra 500 e 700 milioni e un utile netto nella forchetta 200-300 milioni. Davanti agli analisti, Vergine e Chiarini forniscono qualche indicazione in più sul possibile impatto derivante da uno stop al tubo. «Se si arrivasse a una terminazione definitiva del progetto nel primo quadrimestre, ciò si tradurrebbe in un miliardo di euro di mancati ricavi nel 2015», chiariscono i vertici della società, mentre il riverbero sull’Ebit al momento è di difficile quantificazione. Tuttavia, avvertono, l’indicazione fornita per il debito, che Saipem punta a condurre sotto i 4 miliardi a fine anno, «sarà raggiunta anche in caso di stop definitivo al gasdotto». Mentre il peggioramento delle condizioni del mercato ha spinto la società a far slittare, dal 2017 al 2018, l’obiettivo di portare il debito a 2 miliardi.

Al South Stream è legato anche il problema del fermo prolungato dei mezzi. Vergine è chiaro: «Le penali che ci saranno pagate in caso di terminazione definitiva serviranno a coprire i costi generati dall’inattività dei nostri mezzi». Che, a questo punto, ammette l’ad, sarà difficile reimpiegare. «A marzo-aprile sarà difficile trovare una sistemazione alternativa perché la programmazione estiva è già stata fatta». Insomma, Saipem resta in attesa di capire che fine farà il South Stream e soprattutto se arriveranno buone notizie dal Turkish Stream che, nei piani di Gazprom, dovrebbe soppiantare il “vecchio” gasdotto. Nelle scorse settimane, il titolo della società è volato in Borsa sulla scia delle voci di una possibile partecipazione alla nuova pipeline. E certo, visto il tracciato, praticamente identico al South Stream, se non per 250-300 chilometri di differenza, è difficile immaginare che non sia la società di Vergine a piazzare il nuovo tubo. Per ora, comunque, nessuna decisione. Quel che è certo, invece, è che nel futuro della società non c’è alcuna ricapitalizzazione. «Nessuna operazione straordinaria né un intervento sul debito sono contemplati in questo momento - chiosa l’ad -. Eni ha confermato il suo supporto finanziario e l’attesa di generazione di cassa servirà a compensare i costi degli investimenti che abbiamo previsto».

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