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Dopo tre riassetti finanziari è arrivata l'intesa industriale

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l'analisi

Dopo tre riassetti finanziari è arrivata l'intesa industriale

Tre riassetti finanziari e uno, quello preannunciato con Chem China, più industriale. È la cronaca degli ultimi sei anni di Pirelli, con il gruppo degli pneumatici al centro di rivoluzioni “azionarie”.

Ma soprattutto è la sintesi della battaglia personale portata avanti da Marco Tronchetti Provera che senza aver dalla sua la forza della liquidità che possono vantare vecchi e nuovi partner, sembra ora prossimo ad ottenere quella stabilità azionaria necessaria per poter gestire la nuova fase di Pirelli. Migliorare ancora non sarà impresa facile perchè Pirelli ha già conquistato livelli di redditività importanti che i prezzi di Borsa riflettono, con il valore del titolo raddoppiato nel giro di tre anni. Ma è altrettanto vero che se l'obiettivo, nell'ambito del grande accordo italo-russo-cinese, è dividere il segmento gomme per camion dai pneumatici per auto e moto ci sono almeno due elementi da mettere in conto.
Il primo è di natura squisitamente finanziaria. Separare le due componenti porterebbe il gruppo Pirelli a creare una società pura di pneumatici consumer premium, avvicinandosi ai multipli da prima della classe di Nokian. E se si andassero oggi ad applicare i multipli del gruppo finlandese all'Ebitda della parte consumer, la creazione di valore sarebbe sensibile.
Il secondo è di natura industriale. Pirelli da tempo cercava un partner per la divisione gomme per camion. E il gruppo cinese, attraverso Aeolus ha già una attività nel comparto. L'unione con la divisione truck di Pirelli potrebbe così raddoppiare le dimensioni del gruppo in tale segmento, fino a collocarsi ai primi posti tra i produttori mondiali, oltre che elevare la qualità dei pneumatici per mezzi pesanti in Cina. Senza contare, e questo vale sia per la parte “truck”, sia per la parte “premium”, che l'intesa con Pechino apre le porte del mercato cinese, una grande, enorme, opportunità per la Pirelli made in Italy. E qui, appunto, emerge la principale diversità del riassetto in corso rispetto ai precedenti.

La prima alleanza firmata da Tronchetti Provera risale al 2009 e coinvolgeva la famiglia Malacalza. Il socio genovese, dalla sua, aveva quella forza finanziaria e quella liquidità che andavano a «rafforzare» la proprietà, fino ad allora sostanzialmente rappresentata da Tronchetti e dal patto di sindacato. Il matrimonio con il socio genovese è però poi finito a carte bollate e nel 2013 è stato decisivo l'intervento di UniCredit, Intesa Sanpaolo e del fondo Clessidra per sbrogliare la complicata matassa che si era venuta a creare. Una cordata di partner finanziari che ha accompagnato, se vogliamo, la fase di transizione della Pirelli, con una proprietà più debole rispetto al passato per il venir meno di quel capitalismo fatto di patti di sindacato che per anni aveva garantito il controllo. Dopo soli dodici mesi il terzo passaggio: l'ingresso con il 13% indiretto di Pirelli del socio Rosneft. Probabilmente, se non fosse subentrata la crisi Ucraina e il crollo del rublo il percorso sarebbe stato diverso. Ma tali vicende hanno imposto un cambio di marcia improvvisa. Questa volta però con un riassetto che incide profondamente sulla proprietà, dato che Chem China è pronta a prendere in mano il controllo di diritto della Pirelli. Un prezzo alto da pagare. Ma quali sarebbero state le alternative? Se si esclude l'opzione Cdp, legata più a scelte di politica, le possibilità erano sostanzialmente due: la cessione ai fondi di private equity o la vendita ai big europei e americani. Ma in entrambi i casi il risultato sarebbe stato, probabilmente, uno smembramento della Pirelli, vuoi per la natura e la strategia dei soggetti coinvolti(private equity), vuoi per i problemi legati all'Antitrust (i vari Continental , Bridgestone e Michelin).

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