Finanza & Mercati

Gli Eltif puntano sulle infrastrutture (ma nel lungo termine)

  • Abbonati
  • Accedi
Risparmio gestito

Gli Eltif puntano sulle infrastrutture (ma nel lungo termine)

Il ruolo della leva fiscale sul risparmio gestito non è tra le principali preoccupazioni dei gestori, la loro priorità è non essere ostacolati nell'operatività del lavoro. Questa è in sintesi l'opinione condivisa dai grandi money manager che operano sul mercato italiano e che sono interventi alla conferenza inaugurale del Salone del Risparmio.

Certo, in Italia bisogna ancora lavorare per favorire la cultura dell'investimento a lungo termine e agevolare le condizioni affinchè il risparmio confluisca sull'economia reale, ma tendenzialmente la stata è tracciata. Iniziative a livello comunitario come la creazione degli Eltif, i fondi a lungo termine che investono in infrastrutture e nella ricerca, è per esempio un progetto sempre più concreto, anche se non privo di qualche criticità.

«Questi strumenti - sottolinea Sergio Albarelli senior director Southern Europe e Benelux di Franklin Templeton Investments - non devono restare a se stanti ma vanno inseriti all'interno di piani di investimento. Da soli infatti non servono, non devono essere riservati a pochi investitori, ma vanno trasformati in prodotti retail, agevolandone la tassazione e rendendoli chiari e trasparenti». In questo modo i fondi a lungo termine possono concretamente diventare strumenti per l'economia reale. Questa posizione, e in particolare la richiesta di incentivi fiscali, è condivisa anche da Tommaso Corcos, amministratore delegato di Eurizon Capital che aggiunge, in relazione al passaggio da risparmio all'economia reale che, «bisogna standardizzare strumenti finanziari come gli Abs (asset backed securities) che indubbiamente si portano dietro il peccato originale della crisi del 2007, ma consentono alle banche di cedere il credito tramite la cartolarizzazione e riallocarlo ad altri operatori».

Tutte queste iniziative «devono ovviamente rispettare il mandato fiduciario che il cliente ha dato ai gestori», di questo ne è convinto Walter Ottolenghi, presidente di Mediolanum Gestione Fondi che aggiunge: «In Francia i modelli di sostegno ai gruppi che allocano risparmio con fondi che investono nell'economia del paese è stato incoraggiato da decenni. In Italia, invece, il fisco ha penalizzato il risparmio previdenziale e di conseguenza l'investimento a lungo termine». E aggiunge «bisogna evitare il rischio che qualcuno interpreti questo cambiamento in atto come una semplice sostituzione tra operatori di credito».

I gestori che si accingono ad assumere questa nuova responsabilità rispetto all'economia reale chiedono un quadro normativo certo e stabile e soprattutto nessun inutile intoppo burocratico: «Istituzioni e normativa devono restare stabili - rileva Pietro Giuliani, amministratore delegato e presidente di Azimut Holding -, il legislatore non ci deve complicare la vita». Giuliani poi rileva criticità nel reperimento di risorse umane che possano valutare le aziende da finanziare favorendo il passaggio di flussi di risparmio alle pmi: «Nessuno vuole andare a trovare i piccoli medi imprenditori più lontani dai grandi centri urbani. Tutti vogliono fare il lavoro piu comodo dietro alla scrivania».

Un altro ostacolo che andrà superato.Intanto però il risparmio gestito corre spinto dalla ricerca di rendimento da parte di investitori orfani dei rendimenti offerti dai titoli di Stato. E dal momento che nell'era del Qe il quadro dei tassi nella migliore delle ipotesi si mantiene sui livelli attuali è molto probabile che questa corrente di flussi verso l'asset management sia destinata a proseguire ancora per parecchio tempo. «Il ritmo di crescita dell'industria del risparmio gestito nel nostro Paese - ha sottolineato il presidente di Assogestioni Giordano Lombardo - è tripla rispetto a quella europea, che nel 2014 ha raccolto complessivamente 600 miliardi di euro». Le premesse perché la crescita continui ci sono tutte.

© Riproduzione riservata