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I segreti dei maratoneti italiani di redditività

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I segreti dei maratoneti italiani di redditività

Non ci sono molti segreti in Borsa. I vecchi gestori sanno che se un titolo fa utili e li vede crescere nel tempo, allora quello è un buon titolo. Sarà un ricettario assai poco sofisticato ma rende l'idea.
Certo alla capacità di avere una redditività forte e crescente devi aggiungere molte cose. Avere poco debito e in equilibrio con la struttura patrimoniale e quegli utili non devono essere frutto solo di operazioni straordinarie. In più devi fare utili con ricavi crescenti.

Perchè se fai profitti a fatturato calante sarai un fenomeno nel taglio dei costi, ma il barile dell'efficienza non lo puoi scavare all'infinito.
E allora guardiamoli questi titoli. A Milano tra le blue chip spiccano società con ritorni sul capitale investito sempre sopra le due cifre percentuali e che hanno una continuità di redditività alta e crescente.
Luxottica (dati Annuario R&S Mediobanca) ha cumulato utili netti per 2,25 miliardi tra il 2009 e il 2013; Parmalat ha prodotto profitti netti, sempre tra il 2009 e il 2013, per 1,27 miliardi. Il brand del lusso, Prada che ha ormai un ritorno sul capitale investito (Roi) di oltre il 30% ha sfornato utili nel quinquennio per 2 miliardi e Prysmian ne ha prodotti per quasi 600 milioni.
La Tod's ha fatto profitti cumulati per 609 milioni. Pirelli che ha visto incrementare il Roi dal 6 del 2009 al 16% del 2013 ha portato a casa utili netti nel periodo per 1,19 miliardi. Tra i maratoneti di redditività (alta) non va dimenticata Recordati. La società farmaceutica (una delle poche italiane rimaste) vanta da anni un Roi (utile sul capitale investito) ben sopra il 20% tanto da cumulare profitti netti negli anni 2009-2013 per 588 milioni. E perchè no, ecco Campari: Roi sopra il 10% e 760 milioni di utili nel quinquennio. Sono solo un esempio non esaustivo. Tutte società che non solo cumulano utili copiosi, ma lo fanno grazie a incrementi a due cifre dei fatturati, fatti per lo più sui mercati internazionali.

A questo va aggiunta una struttura patrimoniale che ha conservato un buon equilibrio e dove i debiti sono tendenzialmente bassi e in ogni caso sotto controllo. Accanto alle grandi multinazionali votate ai mercati esteri a forte redditività, c'è il manipolo delle grandi utility e in generale dei titoli energetici. Qui, a parte l'Eni che in virtù del crollo del greggio ha subìto forti contraccolpi sui profitti netti a fine 2014, c'è da aspettarsi ben poche sorprese negative sulla redditività. Si pensi ada esempio a Snam o Terna. Le due società di rete italiane sono strutturalmente solide, hanno cash flow stabili nel tempo a fronte di ricavi tariffati che riconoscono sia l'inflazione (che oggi non c'è) sia la remunerazione degli investimenti. Snam, sempre secondo dati Annuario R&S Mediobanca, ha prodotto utili netti cumulati tra il 2009 e il 2013 per 4,3 miliardi, mentre Terna ha messo a bilancio profitti per 2,8 miliardi. La struttura del business e l'assetto di controllo rendono, sia Snam che Terna, dei grandi dispensatori di dividendi con tassi di rendimento medi che superano il 5-6% annuo. Altro grande produttore di profitti tra le mega-utility è l'Enel che ha sfornato utili netti cumulati per oltre 18 miliardi tra il 2009 e il 2013. La redditività sul capitale è mediamente intorno al 10%. Enel è premiata negli ultimi anni dal mercato per la sua capacità di ridurre nel tempo il debito che per anni ha fatto da zavorra al titolo in borsa. E le banche? Qui la situazione è pesante. La redditività media del sistema bancario si è di fatto azzerato dalla crisi del 2008. Il forte accumulo di sofferenze e la caduta dei volumi del credito hanno mandato in rosso per più esercizi consecutivi molte banche italiane. Ora c'è il propellente della Bce e le fusioni a sostenerne la corsa, ma la corsa sarà zoppa se non torneranno i profitti.

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