Finanza & Mercati

La riscossa di Milano non è finita

  • Abbonati
  • Accedi
l’analisi

La riscossa di Milano non è finita

Ci sono le cedole, in questa primavera che sta facendo capolino, ma ci sono soprattutto i capital gain, mai così sostenuti come in questa fase del mercato.
La Borsa di Milano è reduce da un fortissimo rally che l'ha vista protagonista assoluta del primo trimestre del 2015 . Il Ftse/Mib, l'indice delle blue chip è salito da inizio anno del 22,6%, battendo i principali indici di Borsa a livello globale. La corsa ha portato Milano ai massimi degli ultimi 5 anni.

Un rialzo che in realtà è partito da lontano: è dall'estate del 2012 che l'indice di Piazza Affari ha cominciato a salire in progressione pressochè continua. Dai minini di 12mila punti del luglio del 2012 il Ftse/Mib ha così quasi raddoppiato il suo valore. Un big bancario come Intesa, ad esempio, ha di fatto triplicato da allora il suo prezzo; ma molto bene oltre alle banche sono anche andate le grandi multinazionali italiane forti esportatrici. Luxottica; Ferragamo; Pirelli (oggi sotto Opa) sono salite solo nell'ultimo anno di oltre il 30%.

Il risveglio di Piazza Affari ha a che fare con la fine della grande crisi sullo spread del biennio 2011-2102 e, assai più vicino a noi, con l'avvio del Quantitative easing e di Francoforte. La discesa in campo della Bce non può che favorire la ricerca di rendimenti per gli attivi finanziari e quindi nuovi flussi di investimenti, ineludibili, sulle Borse.Vista così quindi la tematica dei dividendi più o meno copiosi perde molto del suo appeal. Se hai titoli che hanno raddoppiato le loro quotazioni, quel 3% in più di rendimento annuo del dividendo, cambia ben poco le cose. E mai come in quest'ultima fase il tema si sposta inevitabilmente dai titoli difensivi, dalle utility in genere forti erogatori di dividendi, ai titoli ciclici e bancari in grado di far segnare apprezzamenti di valore assai più consistenti. Basti guardare ai titoli che hanno surclassato il già forte record del listino. Se il Ftse/Mib è salito del 22,6% da inizio anno, più di una ventina di titoli hanno fatto addirittura meglio. La Popolare di Milano è salita del 73%; Fiat Chrysler del 58%; la Popolare dell'Emilia del 48%; Ferragamo e Autogrill segnano un buon 45% di rivalutazione. Buzzi e Luxottica hanno guadagnato entrambe un buon 30%. E solo in tre mesi. Non c'è nessun mistero dietro alla riscossa di Piazza Affari. È vero che il listino milanese con la sua corsa dall'estate del 2012 ha riacciuffato i suoi massimi storici degli ultimi 5 anni, ma è pur vero che dista ancora un buon 50% lontano dai suoi massimi di sempre, toccati nel 2000, prima dello scoppio fragoroso della bolla internettiana .

Questo mentre i listini più significativi, da quello americano al Dax tedesco, sono ai loro record di sempre. Il passo di Piazza Affari è stato poderoso, ma è attardato rispetto all'andamento delle Borse mondiali che si trovano, grazie a un lustro di politiche monetarie ultra-espansive, ai loro top assoluti. Il ritardo italiano, a livello di Borsa, ha ovviamente molto a che fare con la lunga stagnazione del Paese e il suo ritmo strutturalmente troppo blando di crescita rispetto ad altri. Ma ora con la tiepida uscita dalla lunga recessione e la politica di acquisti di titoli sul mercato della Bce che fa da grande propulsore per gli asset finanziari, il mercato di Piazza Affari è diventato attraente per gli investitori. È proprio quel gap che separa le performance di Milano da Francoforte o Wall Street ad aver indotto lo strappo all'insù del listino milanese. Difficile pensare che si chiuda il differenziale, ma di certo Milano con Tokio (anch'essa lontana di un 50% dai suoi massimi assoluti) sono le piazze che potrebbero continuare più facilmente il rally in corso. Nel mirino dei grandi investitori ci sono certamente le banche, e tra di esse le popolari che andranno incontro a una girandola di aggregazioni, ma anche quei titoli che difficilmente deludono in termini di redditività. I nomi sono sempre quelli. Da Luxottica a Ferragamo. Da Recordati a Diasorin. Da Prysmian a Moncler solo per citarne alcuni.

Cosa li accomuna? La capacità, strutturale, di avere profittabilità elevate. Se cumuli utili crescenti negli anni, sei una garanzia per gli investitori. Dividendo o meno. Il quadro pare idilliaco dipinto così. Certo c'è sempre qualcosa che può andare storto nel cammino all'insù di Piazza Affari. Quel qualcosa è esogeno allo stato di salute o meno delle singole società e oggi continua a ripresentarsi sotto le forme dell'incubo greco. Come un fiume carsico, il caso greco, ci dice dell'instabilità profonda della moneta unica e dell'area euro. Draghi ci ha messo una pezza con l'immissione di liquidità, ma di Grexit si continua a parlare. Ed è ovvio che ogni volta che lo spettro riappare, i listini tendono a innestare la retromarcia. Che in realtà per molti investitori sono occasioni di prese di profitto e di trasformare i capital gain virtuali in moneta sonante.

© Riproduzione riservata