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Le Star battono le Blue Chip: l'export spinge le più virtuose

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Le Star battono le Blue Chip: l'export spinge le più virtuose

La media-piccola impresa quotata a Piazza Affari, spesso, è una Star. Non solo nel senso dell'appartenenza al Segmento Titoli ad Alti Requisiti di Borsa Italiana. Ma anche in riferimento alle performance di mercato. La prova? Arriva dall'andamento di queste società nell'ultimo anno. Il paniere che le raccoglie, il Ftse Italia Star, è cresciuto del 25,26%. Un incremento ben maggiore rispetto a quello delle Blue Chip (+5,99%). Può obiettarsi: un semplice numero racconta parte della storia. Vero!

E, tuttavia, da inizio anno ad oggi la situazione si ripete. Lo Star, come indice, ha guadagnato il 33,26% mentre il Ftse Mib è salito “solamente” del 22,6%. Una sovraperformance, peraltro, replicata nel più lungo periodo: dal 2009 ad oggi il Ftse Italia Star è salito ben di più del paniere delle big cap di Piazza Affari. Al che viene da domandarsi: quali i motivi di questa dinamica?
La media-piccola impresa quotata a Piazza Affari, spesso, è una Star. Non solo nel senso dell'appartenenza al Segmento Titoli ad Alti Requisiti di Borsa Italiana. Ma anche in riferimento alle performance di mercato. La prova? Arriva dall'andamento di queste società nell'ultimo anno. Il paniere che le raccoglie, il Ftse Italia Star, è cresciuto del 25,26%. Un incremento ben maggiore rispetto a quello delle Blue Chip (+5,99%). Può obiettarsi: un semplice numero racconta parte della storia. Vero! E, tuttavia, da inizio anno ad oggi la situazione si ripete. Lo Star, come indice, ha guadagnato il 33,26% mentre il Ftse Mib è salito “solamente” del 22,6%. Una sovraperformance, peraltro, replicata nel più lungo periodo: dal 2009 ad oggi il Ftse Italia Star è salito ben di più del paniere delle big cap di Piazza Affari. Al che viene da domandarsi: quali i motivi di questa dinamica?

La risposta è articolata. In primis, deve ricordarsi che il Ftse Mib è “pieno” di titoli bancari. Gli istituti di credito italiani, è noto, hanno subito la crisi del debito pubblico di Eurolandia. Le banche, per strategia o per moral suation da parte dello Stato, hanno fatto incetta di BTp. Il che ha creato una stretta correlazione tra l'andamendo del buono governativo e quello delle azioni degli istituti di credito. Il maggiore stress sul debito pubblico di Roma si è così trasmesso “automaticamente” sulle banche quotate. Queste sono scivolate in Borsa, spingendo all'ingiù il Ftse Mib. Solo di recente, anche grazie al Qe della Bce, la situazione è migliorata. Tanto che lo stesso paniere delle Blue Chip ne ha tratto beneficio. In generale, comunque, non essere automaticamente identificati con il rischio-Italia ha aiutato non poco i titoli ad Alti Requisiti. Ma non è soltanto il tema dei BTp. Una situazione che ha giocato, e gioca tutt'ora, a favore delle società Star è la loro forte vocazione internazionale. Certo, non tutte sono “multinazionali tascabili”. E, però, molte generano grande parte dei loro ricavi al di fuori degli italici confini. Il che per gli operatori di mercato è un atout. Il Belpaese infatti, seppure oggi (al netto della Grecia) non pare correre grandi rischi sul fronte della crisi del debito sovrano, rimane debole su quello della ripresa economica. Chi è di casa all'estero, quindi, è avvantaggiato.

Così è, ad esempio, per Brembo. Il gruppo, attivo nella produzione di freni per automobili, genera il 13,4% di fatturato in Italia. Il 49,7%, invece, è realizzato in mercati forti quali il Nord America e la Germania. Un “posizionamento” che si è riflesso sui corsi azionari: nell'ultimo anno il titolo ha guadagnato circa il 38%. La dinamica, peraltro, è stata replicata in altri gruppi, sempre focalizzati sull'export: da Interpump (41,3%) a Prima Industrie (+29,9%) fino a Biesse (+143%) e Fidia che, negli ultimi 12 mesi, è balzata addirittura del 155,8%. Insomma, le Star brillano anche per la loro articolazione internazionale. Già, l'internazionalizzazione. Una caratteristica di cui può vantarsi, seppure in maniera “indiretta” la stessa BB Biotech. Questo è un fondo quotato che investe su aziende biotecnologiche. Negli ultimi 12 mesi le sue azioni sono salite di oltre il 99% (+33,4% da inizio anno). Un trend conseguenza dell'andamento delle società detenute in portafoglio le quali, quasi inutile sottolinearlo, non sono di casa in Italia. Detto ciò, esiste un altro motivo che ha spinto le star. Quale? E' presto detto: la crisi.

Può sembrare un paradosso, ma i problemi connessi alla recessione hanno indotto molte aziende a migliorare la produttività, tagliare i costi e rendersi più efficienti. Un mix di azioni che, negli ultimi periodi, ha essere concretamente visibile anche livello di conto economico. Non è raro, infatti, trovare nelle presentazioni al mercato di questi gruppi ricavi che migliorano o margini che salgono. Una situazione che, ovviamente, piace agli investitori i quali hanno emesso i loro “buy”. Tutto rose e fiori, quindi? Ovviamente no. Tra le Star ci sono diversi titoli che vantano piccole capitalizzazioni. Solamente una decina sono le società con una market cap oltre il miliardo. Certo, come dimostratto dall'ultimo Star conference in Borsa Italiana, l'interesse degli investitori per il segmento di aziende ad Alti Requisiti non manca. E, però, questo non basta. Da anni si parla di agevolazioni per la creazione di fondi ad hoc, specializzati in small-mid cap. Purtroppo, su questo fronte si è fatto poco. Anche qui, come in altre situazioni, c'è bisogno di meno convegni è di più fatti.

La media-piccola impresa quotata a Piazza Affari, spesso, è una Star. Non solo nel senso dell'appartenenza al Segmento Titoli ad Alti Requisiti di Borsa Italiana. Ma anche in riferimento alle performance di mercato. La prova? Arriva dall'andamento di queste società nell'ultimo anno. Il paniere che le raccoglie, il Ftse Italia Star, è cresciuto del 25,26%. Un incremento ben maggiore rispetto a quello delle Blue Chip (+5,99%). Può obiettarsi: un semplice numero racconta parte della storia. Vero! E, tuttavia, da inizio anno ad oggi la situazione si ripete. Lo Star, come indice, ha guadagnato il 33,26% mentre il Ftse Mib è salito “solamente” del 22,6%. Una sovraperformance, peraltro, replicata nel più lungo periodo: dal 2009 ad oggi il Ftse Italia Star è salito ben di più del paniere delle big cap di Piazza Affari. Al che viene da domandarsi: quali i motivi di questa dinamica? La risposta è articolata. In primis, deve ricordarsi che il Ftse Mib è “pieno” di titoli bancari. Gli istituti di credito italiani, è noto, hanno subito la crisi del debito pubblico di Eurolandia. Le banche, per strategia o per moral suation da parte dello Stato, hanno fatto incetta di BTp. Il che ha creato una stretta correlazione tra l'andamendo del buono governativo e quello delle azioni degli istituti di credito. Il maggiore stress sul debito pubblico di Roma si è così trasmesso “automaticamente” sulle banche quotate.

Queste sono scivolate in Borsa, spingendo all'ingiù il Ftse Mib. Solo di recente, anche grazie al Qe della Bce, la situazione è migliorata. Tanto che lo stesso paniere delle Blue Chip ne ha tratto beneficio. In generale, comunque, non essere automaticamente identificati con il rischio-Italia ha aiutato non poco i titoli ad Alti Requisiti. Ma non è soltanto il tema dei BTp. Una situazione che ha giocato, e gioca tutt'ora, a favore delle società Star è la loro forte vocazione internazionale. Certo, non tutte sono “multinazionali tascabili”. E, però, molte generano grande parte dei loro ricavi al di fuori degli italici confini. Il che per gli operatori di mercato è un atout. Il Belpaese infatti, seppure oggi (al netto della Grecia) non pare correre grandi rischi sul fronte della crisi del debito sovrano, rimane debole su quello della ripresa economica. Chi è di casa all'estero, quindi, è avvantaggiato. Così è, ad esempio, per Brembo. Il gruppo, attivo nella produzione di freni per automobili, genera il 13,4% di fatturato in Italia. Il 49,7%, invece, è realizzato in mercati forti quali il Nord America e la Germania. Un “posizionamento” che si è riflesso sui corsi azionari: nell'ultimo anno il titolo ha guadagnato circa il 38%. La dinamica, peraltro, è stata replicata in altri gruppi, sempre focalizzati sull'export: da Interpump (41,3%) a Prima Industrie (+29,9%) fino a Biesse (+143%) e Fidia che, negli ultimi 12 mesi, è balzata addirittura del 155,8%. Insomma, le Star brillano anche per la loro articolazione internazionale.

Già, l'internazionalizzazione. Una caratteristica di cui può vantarsi, seppure in maniera “indiretta” la stessa BB Biotech. Questo è un fondo quotato che investe su aziende biotecnologiche. Negli ultimi 12 mesi le sue azioni sono salite di oltre il 99% (+33,4% da inizio anno). Un trend conseguenza dell'andamento delle società detenute in portafoglio le quali, quasi inutile sottolinearlo, non sono di casa in Italia. Detto ciò, esiste un altro motivo che ha spinto le star. Quale? E' presto detto: la crisi. Può sembrare un paradosso, ma i problemi connessi alla recessione hanno indotto molte aziende a migliorare la produttività, tagliare i costi e rendersi più efficienti. Un mix di azioni che, negli ultimi periodi, ha essere concretamente visibile anche livello di conto economico. Non è raro, infatti, trovare nelle presentazioni al mercato di questi gruppi ricavi che migliorano o margini che salgono. Una situazione che, ovviamente, piace agli investitori i quali hanno emesso i loro “buy”. Tutto rose e fiori, quindi? Ovviamente no. Tra le Star ci sono diversi titoli che vantano piccole capitalizzazioni. Solamente una decina sono le società con una market cap oltre il miliardo. Certo, come dimostratto dall'ultimo Star conference in Borsa Italiana, l'interesse degli investitori per il segmento di aziende ad Alti Requisiti non manca. E, però, questo non basta. Da anni si parla di agevolazioni per la creazione di fondi ad hoc, specializzati in small-mid cap. Purtroppo, su questo fronte si è fatto poco. Anche qui, come in altre situazioni, c'è bisogno di meno convegni è di più fatti.

La risposta è articolata. In primis, deve ricordarsi che il Ftse Mib è “pieno” di titoli bancari. Gli istituti di credito italiani, è noto, hanno subito la crisi del debito pubblico di Eurolandia. Le banche, per strategia o per moral suation da parte dello Stato, hanno fatto incetta di BTp. Il che ha creato una stretta correlazione tra l'andamendo del buono governativo e quello delle azioni degli istituti di credito. Il maggiore stress sul debito pubblico di Roma si è così trasmesso “automaticamente” sulle banche quotate. Queste sono scivolate in Borsa, spingendo all'ingiù il Ftse Mib. Solo di recente, anche grazie al Qe della Bce, la situazione è migliorata. Tanto che lo stesso paniere delle Blue Chip ne ha tratto beneficio. In generale, comunque, non essere automaticamente identificati con il rischio-Italia ha aiutato non poco i titoli ad Alti Requisiti. Ma non è soltanto il tema dei BTp. Una situazione che ha giocato, e gioca tutt'ora, a favore delle società Star è la loro forte vocazione internazionale. Certo, non tutte sono “multinazionali tascabili”. E, però, molte generano grande parte dei loro ricavi al di fuori degli italici confini. Il che per gli operatori di mercato è un atout. Il Belpaese infatti, seppure oggi (al netto della Grecia) non pare correre grandi rischi sul fronte della crisi del debito sovrano, rimane debole su quello della ripresa economica. Chi è di casa all'estero, quindi, è avvantaggiato.

Così è, ad esempio, per Brembo. Il gruppo, attivo nella produzione di freni per automobili, genera il 13,4% di fatturato in Italia. Il 49,7%, invece, è realizzato in mercati forti quali il Nord America e la Germania. Un “posizionamento” che si è riflesso sui corsi azionari: nell'ultimo anno il titolo ha guadagnato circa il 38%. La dinamica, peraltro, è stata replicata in altri gruppi, sempre focalizzati sull'export: da Interpump (41,3%) a Prima Industrie (+29,9%) fino a Biesse (+143%) e Fidia che, negli ultimi 12 mesi, è balzata addirittura del 155,8%. Insomma, le Star brillano anche per la loro articolazione internazionale. Già, l'internazionalizzazione. Una caratteristica di cui può vantarsi, seppure in maniera “indiretta” la stessa BB Biotech. Questo è un fondo quotato che investe su aziende biotecnologiche. Negli ultimi 12 mesi le sue azioni sono salite di oltre il 99% (+33,4% da inizio anno). Un trend conseguenza dell'andamento delle società detenute in portafoglio le quali, quasi inutile sottolinearlo, non sono di casa in Italia. Detto ciò, esiste un altro motivo che ha spinto le star. Quale? E' presto detto: la crisi. Può sembrare un paradosso, ma i problemi connessi alla recessione hanno indotto molte aziende a migliorare la produttività, tagliare i costi e rendersi più efficienti. Un mix di azioni che, negli ultimi periodi, ha essere concretamente visibile anche livello di conto economico. Non è raro, infatti, trovare nelle presentazioni al mercato di questi gruppi ricavi che migliorano o margini che salgono. Una situazione che, ovviamente, piace agli investitori i quali hanno emesso i loro “buy”. Tutto rose e fiori, quindi? Ovviamente no. Tra le Star ci sono diversi titoli che vantano piccole capitalizzazioni. Solamente una decina sono le società con una market cap oltre il miliardo. Certo, come dimostratto dall'ultimo Star conference in Borsa Italiana, l'interesse degli investitori per il segmento di aziende ad Alti Requisiti non manca. E, però, questo non basta. Da anni si parla di agevolazioni per la creazione di fondi ad hoc, specializzati in small-mid cap. Purtroppo, su questo fronte si è fatto poco. Anche qui, come in altre situazioni, c'è bisogno di meno convegni è di più fatti.

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