Finanza & Mercati

Le stranezze dell'euro e la «bolla» dei Bund

  • Abbonati
  • Accedi
l’analisi

Le stranezze dell'euro e la «bolla» dei Bund

Non è il caso di leggervi troppo nei sussulti del cambio euro dollaro, prima, durante e dopo la convulsa conferenza stampa di Mario Draghi. L'euro è caduto di oltre un punto in mattinata, si suppone per l'attesa di una Bce più compiacente del previsto; è rimbalzato ancor più violentemente sulle parole di Draghi (si ipotizza per il no a tagliare ulteriormente il tasso sui depositi); ed è ridisceso poco dopo, quasi ai minimi di lungo periodo, e non si capisce perché. Infine, è tornato a salire, pure in questo caso inesplicabilmente.

Siccome nel cambio giocano anche le cose d'Oltreoceano, ci si sarebbe aspettati una serie di notizie macro tali da far immaginare una politica monetaria meno espansiva in America. Invece tutte hanno dato la conferma di un quadro economico in peggioramento.
Aveva da poco spedito Bank of America uno studio, nel quale i suoi analisti si dicevano convinti di un «forte rimbalzo» dell'economia Usa, dopo un brutto primo trimestre, che sono arrivati a smentire le previsioni i numeri sull'attività manifatturiera di New York (in contrazione ad aprile con i nuovi ordini calati ai livelli di due anni fa). È vero che a New York l'industria è marginale rispetto ai servizi, ma il successivo dato sulla produzione nazionale a marzo (-0,6% contro il -0,3% atteso) suggerisce che il pil del primo trimestre potrebbe riservare brutte sorprese. Lo vedremo fra 10 giorni. In ogni caso, a reagire alla notizia (cattiva per l'economia ma buona per i mercati, poiché allontana la prospettiva di un rialzo dei tassi d'interesse) sono stati solo i Treasury: i cui rendimenti sono scesi di qualche centesimo.

Si ha l'impressione che il cambio abbia oscillato per ragioni che hanno poco a che fare con l'economia e con le politiche monetarie. Non a caso la forte volatilità mostrata ieri dal dollaro contro euro non s'è vista contro lo yen o, quanto meno, s'è percepita in maniera attenuata. Resta da capire se la Bce sia apparsa accomodante come piace ai mercati oppure se abbia un poco deluso. Ad economisti misurati, come Riccardo Barbieri di Mizuho, Draghi s'è mostrato “colomba”, come ci si attendeva: specie nell'affermare la volontà di perseverare nel quantitative easing fino a quando l'inflazione non si sarà avvicinata al 2% (chissà quando!). Dove Draghi s'è rivelato un po' meno compiacente è stato nel negare la possibilità di un taglio al tasso dei depositi. La qual cosa avrebbe dovuto far ricredere quegli operatori che ancora si ostinano a comperare i Bund a 2 e 3 anni, i cui rendimenti sono rimasti negativi ben oltre la soglia di quel tasso (-0,2%). Dove Draghi è apparso meno convincente è stato nel negare l'esistenza di una bolla speculativa sul credito, come se un rendimento di -0,27% per il Bund a 2 anni sia normale, come se fosse naturale che metà del debito pubblico d'Eurozona quoti a rendimenti negativi e che sottozero rischi di finire pure il Bund a 10 anni, come se fosse logico che a pagare l'interesse su alcuni mutui casa sia la banca e non il mutuatario (si veda il caso Bankinter in Spagna). Un poco inquietante è stata invece la condotta della borsa tedesca proprio nel finale, quando l'indice è improvvisamente caduto di oltre mezzo punto. E di certo c'è meno bolla nel Dax di quanto ne mostrino i Bund.

© Riproduzione riservata