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Caso Kroll, Tronchetti rinuncia alla prescrizione

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Caso Kroll, Tronchetti rinuncia alla prescrizione

«Rinuncio alla prescrizione». È quanto ha dichiarato Marco Tronchetti Provera davanti alla Corte d’Appello di Milano nel procedimento di secondo grado che lo vede imputato per ricettazione di un cd contenente dati che sarebbero stati frutto di hackeraggio ai danni dell’agenzia investigativa Kroll, uno dei filoni di inchiesta legati alla vicenda Telecom. Vicenda che al manager è valsa 18 capi d’imputazione dei quali 17 sono stati archiviati. Ora, per l’ultimo, l’imprenditore ha rinunciato alla prescrizione scattata lo scorso settembre. Lo ha fatto — ha spiegato ai giudici — «affinché vengano pienamente accertati i fatti. Considero moralmente inaccettabile la prescrizione per un reato che non ho commesso e sono a disposizione dei giudici per un eventuale esame». La sentenza di primo grado risale al 17 luglio 2013. Quel giorno, il presidente di Pirelli e ex presidente di Telecom Italia è stato condannato a una pena di un anno e otto mesi con le attenuanti generiche, e quindi la sospensione della pena, oltre a una multa di 2mila euro. Il Tribunale aveva riconosciuto anche risarcimenti alle parti civili, tra cui una provvisionale di 900 mila euro a favore di Telecom. La Procura generale di Milano ieri ha chiesto la conferma della condanna di primo grado mentre gli avvocati di Tronchetti hanno sostenuto che «vada assolto» e che la sentenza di primo grado «vada riformata». Questo perché «è inaccettabile» poiché offre «una ricostruzione dei fatti mistificatoria, che non corrisponde alla realtà e a come i fatti sono stati presentati in aula».

La sentenza è stata fissata per il prossimo 11 giugno. Intanto merita venga ricordato che il “caso Kroll” non è assimilabile alla vicenda dei dossier illegali. Vicenda nella quale Tronchetti non è mai entrato, come emerge peraltro dalle motivazioni con le quali il giudice della Corte d’assise, Gamacchio, condanna i responsabili: «I rilievi – plurimi e articolati – che precedono dimostrano, per quanto qui occupa, che le condotte appena ricostruite ed esaminate nei dettagli furono poste in essere da Tavaroli e Cipriani per forzare la mano all’azienda e raggiungere obiettivi di comune interesse (in sintesi denaro e potere), del tutto a prescindere dagli interessi del gruppo, ed anche del vertice».

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