Molti dei migranti che cercano di raggiungere le sponde dell'Italia vengono da aree devastate dalle guerre o ad alta instabilità, ma la povertà estrema resta un piaga che affligge molte delle stesse aree.
Alle riunioni di primavera della Banca mondiale della scorsa settimana si è discusso di come mettere fine alla povertà estrema (definita come un reddito di meno di 1,25 dollari al giorno) nel mondo entro il 2030, un obiettivo che verrà adottato ufficialmente nel settembre prossimo dalle Nazioni Unite. Il mondo, ha detto il presidente della Banca, Jim Kim, ha fatto enormi progressi su questo fronte: negli ultimi venticinque anni la povertà estrema è stata ridotta di due terzi, oggi le persone che vivono in queste condizioni sono meno di un miliardo.
Tuttavia, per raggiungere l'obiettivo nei prossimi 15 anni, il primo ingrediente è la crescita economica e, negli ultimi anni, questa ha accusato una flessione nei Paesi in via di sviluppo, dal 6% in media del periodo 2000-2011, al 4,5% di quest'anno. Si tratta del quarto anno consecutivo in calo.
Secondo il World Economic Outlook del Fondo monetario, pubblicato la settimana scorsa, la crescita nell'Africa sub-sahariana, dove vivono molti dei poveri del mondo, scenderà quest'anno al 4,5% dal 5% dell'anno scorso.
In un discorso al comitato per lo sviluppo della Banca mondiale, il governatore della Banca d'Italia, Ignazio Visco, ha sottolineato che «notevoli progressi sono stati compiuti nel ridurre la povertà estrema e nel migliorare la condivisione della prosperità, ma questo processo è diseguale e molti Paesi poveri sono rimasti indietro. Non possiamo fermarci. Troppo, soprattutto in Africa, soffrono tutta dalla mancanza di accesso all'acqua, alle scuole e a servizi sanitari di base. Questo è inaccettabile».
Kim ha affermato che l'azione della Banca nei prossimi anni si orienterà prioritariamente su tre aree: la crescita economica, l'investimento nelle persone, soprattutto in istruzione e sanità, la protezione contro le catastrofi naturali e le pandemie. A proposito di quest'ultimo punto, la Banca mondiale ha impegnato 1,6 miliardi di dollari circa in aiuti ai Paesi più colpiti da Ebola (Liberia, Sierra Leone e Guinea), mentre anche il Fondo monetario ha creato un trust da 100 milioni di dollari (cui si aggiungono le donazioni da 72 milioni di Gran Bretagna e Germania) per consentire a questi Paesi di far fronte ai propri debiti.
Il finanziamento dell'obiettivo di eliminare completamente la povertà estrema dalla faccia della terra è uno degli elementi più discussi. Secondo alcune stime, ci vorrà un milione di miliardi. «Per questo formidabile compito neanche raddoppiare le dimensioni della Banca mondiale basterebbe a soddisfare il bisogno di finanziamento», ha osservato Visco al comitato per lo sviluppo. Per diversi esperti convocati a Washington dalla Banca mondiale, fra cui Jeffrey Sachs, della Columbia University, sarà essenziale anche il coinvolgimento dei privati, date anche le difficoltà di bilancio di molti Paesi ricchi.
Il gruppo Banca mondiale, ha detto Visco, deve lavorare a stretto contatto con i Governi dei Paesi poveri per creare un ambiente che sblocchi il potenziale del settore privato.
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