Finanza & Mercati

Mutui, le banche spingono sul tasso fisso. Ma cosa sceglieresti se…

  • Abbonati
  • Accedi
prestiti ipotecari

Mutui, le banche spingono sul tasso fisso. Ma cosa sceglieresti se sapessi che la Bce tornerà ad alzarli nel 2020?

Che c'è? C'è che le banche stanno spingendo nettamente sull'erogazione di mutui a tasso fisso in un momento in cui anche l'Euribor a 3 mesi (dopo quanto accaduto a inizio anno all'Euribor a 1 mese) è finito sottozero. Questo accade non solo per le nuove erogazioni – recentemente c'è stato il sorpasso del fisso sul variabile – ma anche per quanto riguarda le surroghe, ovvero quando si sposta il mutuo presso un'altra banca riducendo il tasso e potendo anche scegliere di rimodulare (riducendo o aumentando) la durata.

Le surroghe sono, peraltro, il leit motiv del mercato in questa fase, dato che i dati sulle nuove compravendite indicano solo una timida ripresa che contrasta con l'aumentata voglia di erogare mutui da parte delle banche – dopo quattro anni di austerità – anche in considerazione del fatto che con gli attuali tassi bassi sui titoli di Stato (talvolta negativi) il trading finanziario sui bond governativi non offre più i margini di qualche tempo fa.
Ma il tasso fisso si muove anche sulle rinegoziazioni, quelle operazioni in cui si cambia tasso ma si rimane con la stessa banca (a differenza della surroga in cui si cambia banca).

A quanto risulta al Sole 24 Ore alcuni istituti stanno contattando i clienti che hanno un mutuo a tasso variabile proponendogli la conversione a fisso. Lo spread rimane lo stesso ma il mutuatario rinuncia all'Euribor azzerato (o negativo per questione al momento di centesimi) e lo rimpiazza con l'indice Eurirs corrispondente alla durata residua del mutuo. Se mancano 15 anni, ad esempio, la banca propone quindi di aggiungere al vecchio spread l'Eurirs a 15 anni.

Si tenga conto che l'era glaciale della finanza – quella in cui siamo ufficialmente entrati da qualche mese, con il costo del denaro all'ingrosso azzerato quando non negativo – ha portato gli indici Eurirs ai minimi di tutti i tempi. Siamo ormai sotto l'1% per tutta la durata coperta, che va da 1 a 50 anni. L'Irs a 10 anni è allo 0,49%, quello a 15 allo 0,63% e così via. Ma non si arriva all'1%.

Di conseguenza chi surroga o rinegozia passando da variabile a fisso vedrà aumentare la propria rata. Perché rinuncia all'Euribor nullo e sposa un Eurirs, per quanto basso, comunque positivo e impattante sulla rata. Ma è chiaro che lo fa scommettendo sul futuro. Immaginando che gli anni che restano da pagare sono ancora tanti e, pertanto, fissare oggi un tasso fisso con gli Eurirs ai minimi storici (per quanti più cari dell'Euribor) non sarebbe male.
Questa è la scommessa di fondo. Ma è condivisibile? Per capirlo abbiamo un elemento, un indizio nello sterminato paniere di indici finanziari. Si tratta dei future sul rialzo dei tassi. Questi contratti al momento ipotizzando che la Bce torni a rialzare i tassi a dicembre 2019. Un anno fa gli stessi contratti immaginavano una stretta da parte della Bce a novembre 2016.

Oggi, invece, hanno ricalibrato la stima allungando la previsione di 3 anni. E chissà cosa potranno stimare fra qualche mese, dato che questi contratti non fanno altro che attualizzare in un preciso momento le aspettative future dei mercati. Sono certi suscettibili di cambiamenti, anche forti, e non vanno presi come una fonte scientifica. Ma certo oggi i future ci dicono che la Bce è ancora molto lontana dal rialzare i tassi. Del resto ha appena avviato (marzo) il quantitative easing (manovra espansiva) mentre la Federal Reserve lo ha fatto nel 2009 e ha smesso di “stampare moneta” nell'ottobre del 2014. Da allora non ha ancora rialzato i tassi e forse slitterà l'appuntamento previsto a fine anno con una stretta che, a questo punto, non arriva da sette anni. Anche per questo motivo i future sui tassi Bce ipotizzano che l'istituto di Francoforte avrà bisogno di tempo, sulla falsariga di quanto stiamo osservando negli Stati Uniti, prima di rialzare i tassi, prima di poter cantare definitivamente vittoria contro la deflazione.

Lato mutui, questo significa, che tecnicamente chi oggi dovesse stipulare o surrogare un mutuo di 10-15 anni la soluzione a tasso variabile, per quanto poco gettonata dalle banche, sarebbe ancora da prendere in considerazione dato che il tasso variabile oggi costa circa la metà del fisso (1,5% contro 3% in media), dato che la gran parte degli interessi si paga nei primi anni e dato che i mercati (contratti future) ci dicono che la Bce potrebbe smuovere all'insù i tassi nel 2020.

Del resto, bisogna anche rispondere a questa domanda: perché le banche stanno spingendo i mutuatari dal variabile al fisso? Indebitarsi (per le banche) a tassi negativi e strappare un Eurirs positivo, seppure basso, può rappresentare una nuova forma di trading, alternativa a quella (ormai prosciugata) praticata sui titoli di Stato negli ultimi tre anni.

© Riproduzione riservata