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Borsalino, ecco chi è Marco Marenco, il bancarottiere arrestato a…

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Borsalino, ecco chi è Marco Marenco, il bancarottiere arrestato a Lugano

Si pensa a Marco Marenco, l'imprenditore astigiano arrestato l'altro ieri a Lugano per un crack plurimiliardario e viene subito in mente Borsalino. Ma la storica azienda di cappelli in grave crisi (ha chiuso il 2013 con perdite per 21 milioni di euro su soli 13 milioni di fatturato) è solo un minuscolo tassello dell'ex impero societario su cui regnava Marenco. Non sono certo le perdite di Borsalino al centro del maxi-crack dell'uomo arrestato dopo mesi di latitanza.

I suoi veri business gravitavano nel mondo del trading del gas e dell'energia, e su questi Marenco aveva costruito un castello di una moltitudine di società. L'uomo era arrivato a cumulare cariche in ben 84 società all'Italia e all'estero. Spesso scatole vuote e crollate una dietro l'altra. Tra le 37 cariche che vedono Marenco ancora in attività, ben sette sono fallite dopo essere passate da tutte le stazioni: prima i concordati poi i fallimenti. Sono fallite la Finind; la Service Srl; Baltea Energia; Elettrica srl; la Camarfin;la Camar; la Speia. E basta leggersi il provvedimento del Tribunale di Asti del luglio 2014 per rendersi conto dei tentativi furbi e disperati intentati fino all'ultimo da Marenco. Già a inizio del 2013 aveva tentato la strada del concordato preventivo per quasi tutte le sue società.
Ebbene i commissari con i loro rilievi finirono per indurre il Tribunale a revocare i concordati e a chiedere il fallimento per le società. Troppa opacità, come scrive il Tribunale, e una montagna di debiti infragruppo per la cifra record di 1,5 miliardi, impossibili da metabolizzare. Fu ammessa allora al concordato la sola Exergia, ritenuta la società più sana della galassia. Sana, ma con un buco patrimoniale a fine 2013 per 262 milioni, tanto che i revisori di Bdo non furono in grado di certificare il bilancio.

Il modus operandi ricostruito dagli inquirenti era semplice. Le società di Marenco prelevavano gas dal sistema di stoccaggio strategico, senza pagare le forniture. Tra il 2012 e il 2013 i creditori iniziano a premere e ottengono il fallimento di alcune delle società del gruppo. Ma l'inchiesta penale parte solo quando i funzionari dell'agenzia delle dogane di Alessandria mettono insieme i dati e ricostruiscono il sistema di società che facevano trading di gas e non pagavano le accise, tutte facenti capo a Marco Marenco. Ed ecco la voragine: debiti per circa 3,5 miliardi di euro. Con il fisco, con Snam , con le banche, con fornitori di gas italiani e stranieri, grandi e piccoli. Solo con il fisco il buco sarebbe di circa mezzo miliardo di euro, prevalentemente per le accise. Marenco ci sapeva fare: bastava acquistare senza pagare. Semplice, troppo semplice per durare.

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