Finanza & Mercati

Perché il «Qe» ha fatto salire (anziché…

  • Abbonati
  • Accedi
paradossi della finanza

Perché il «Qe» ha fatto salire (anziché scendere) i rendimenti di Italia e Spagna. Come si muoverà lo spread nei prossimi mesi?

Il 22 gennaio la Bce usciva allo scoperto annunciando i dettagli del primo quantitative easing della storia dell’Eurozona: un’operazione da oltre 1.000 miliardi. In quella data il rendimento dei BTp a 10 anni era all’1,56%, più basso di 50 punti rispetto a dicembre quando già si parlava di «Qe» e i mercati si erano iniziati a direzionare sulle aspettative della manovra di iniezione monetaria dell’istituto di Francoforte. Il rendimento ha continuato a scendere toccando un minimo all’1,12% l’11 marzo, ovvero due giorni dopo l’inizio degli acquisti di titoli di Stato dell’Eurozona al ritmo di 45 miliardi al mese.

Dopodiché i tassi hanno intrapreso un percorso al rialzo fino a portarsi al 2% (massimo di periodo registrato in chiusura il 25 maggio) e stabilizzarsi nelle ultime sedute poco sotto l’1,9%. Il rendimento dei BTp è quindi tornato a livelli pre-Qe. Stesso discorso per i tassi dei Bonos spagnoli. Hanno toccato un minimo di periodo l’11 marzo e poi sono tornati a risalire. Diversa la storia del Bund tedesco. Mentre i rendimenti di BTp e Bonos risalivano ad aprile il tasso del Bund continuava a scendere fino a toccare a fine aprile il minimo storico dello 0,04% (sempre restando sulla scadenza a 10 anni). Dopodiché è partita un’ondata violentissima di vendite proprio sul Bund che ha riportato il rendimento in alto, verso lo 0,8%. Ondata che ha colpito (seppur in modo violento) anche gli stessi Bonos e BTp che hanno visto così tornare i rendimenti sui livelli di inizio anno, più alti quindi rispetto a quando è stato prima annunciato (22 gennaio) e poi avviato (9 marzo) il Qe..

Si è verificato quindi un paradosso: il quantitative easing agisce in linea diretta sui titoli di Stato ma, a conti fatti, al di là di una fortissima volatilità, non ha avuto al momento l’effetto di ridurre i rendimenti dei bond governativi dell’Eurozona, in particolare della periferia, l’area che più di altre necessita di una manovra espansiva. Il «qe» ha smosso invece i canali finanziari indiretti, ovvero le Borse europee (in forte rialzo da inizio anno) e l’euro (svalutatosi nei confronti del dollaro).

A questo punto è lecito chiedersi se nei prossimi mesi il «qe» avrà effetti analoghi (ovvero continuerà a muovere le Borse in alto e l’euro all’ingiù) ma a riportare effetti sostanzialmenti neutrali sulla curva dei rendimenti dei bond dell’Eurozona o se invece il ribasso dei rendimenti visto nella prima parte del Qe (e poi neutralizzato dal violento ribilanciamento dei portafogli partito da fine aprile) potrebbe ritornare. In più, c’è da chiedersi se l’Italia supererà la Spagna nella sfida dei rendimenti tra BTp e Bonos visto che dopo la vittoria di Podemos alle ultime elezioni comunali i rendimenti spagnoli sono risaliti, avvicinandosi a quelli italiani in un aggancio (l’ennesimo da quanto è scoppiata la crisi dell’Eurozona) che pare ormai probabile. Ci sarà anche il sorpasso dei BTp (ovvero questi avranno rendimenti più bassi dei Bonos nei prossimi mesi?

Partiamo dal primo quesito. Come mai i rendimenti dei bond dell’Eurozona sono tornati ai livelli pre-Qe? C’è una risposta, e riguarda l’aumento dell’offerta di titoli che ne è seguito. Ovvero i governi hanno incrementato le emissioni. «L'offerta di obbligazioni sui mercati europei è stata certamente un fattore chiave nel determinare il recente calo dei prezzi (e il rialzo dei rendimenti, ndr). Nel tentativo di sfruttare i bassi tassi di interesse, i governi hanno inondato il mercato di titoli, esercitando pressioni sui tassi e provocandone il rialzo - spiega Raman Srivastava, gestore del fondo Bny Mellon euroland bond fund -. Tuttavia, ci stiamo avvicinando all'estate e nel mese di luglio l'offerta netta sui mercati obbligazionari è tradizionalmente negativa. Ci aspettiamo quindi che la sovrabbondanza di titoli si faccia più contenuta. La Banca Centrale Europea ha già lasciato intuire che modificherà il suo programma alla luce di questa previsione, incrementando gli acquisti di titoli a giugno e rinviando quelli previsti per luglio ai mesi di agosto e settembre. Pertanto, anche se le dinamiche dell'offerta si protrarranno ancora a lungo, non dovrebbero produrre nei prossimi mesi lo stesso effetto negativo sulle obbligazioni cui abbiamo assistito nel secondo trimestre del 2015».

Il motivo è tecnico anche secondo Jeanne Asseraf-Bitton, Head of Cross Asset Research – Lyxor am: «Tra i fattori tecnici in gioco, crediamo che i volumi delle emissioni di bond governativi nell'area euro abbiano avuto un ruolo chiave. Le emissioni governative al netto degli acquisti della BCE sono passate dai -40 miliardi di aprile ai +30 miliardi di maggio, attivando la recente correzione. Le gestioni sistematiche hanno amplificato il movimento, come testimoniato dai grandi volumi tradati sui future. Questo spiega perché il rendimento medio aggregato a 10 anni dell'Eurozona è salito ora a 1,6%, vicino a livelli dello scorso novembre, quando la Bce non aveva ancora annunciato il qe».

Si può spiegare quindi così il paradosso iniziale del «Qe», ovvero l’aver fatto salire Borse e svalutato l’euro ma aver avuto effetti neutrali sui rendimenti governativi? «Il punto sollevato è correto: il qe è una misura contraddittoria. Si comprano bond per stimolare l'economia e sconfiggere i rischi deflazionistici: nel momento in cui la manovra è giudicata credibile, in realtà i tassi iniziano a salire! In effetti, i fattori fondamentali di inflazione piu' alta e crescita piu' vivace spingono giustificano tassi più alti. In questo scenario di ripresa economica, le azioni danno buone soddisfazioni - spiega Marco Piersimoni, senior portfolio manager, di pictet asset management -. Quanto descritto, è coerente con le esperienze dei tre qe negli Usa. L'effetto principale del qe è sui tassi reali (in discesa) e sulle aspettative di inflazione (in salita): il risultato sui tassi nominali è incerto. Le azioni, invece, tendono a fare bene soprattutto nella fase di annuncio, ma il momentum prosegue anche durante l'implementazione. Uno dei fattori favorevoli all'azionario è anche l'indebolimento della valuta, che si osserva con buona regolarità durante i qe».

A questo punto quali sono le previsioni entro fine anno per lo spread BTp-Bund e per il differenziale Italia-Spagna? Il Bund tornerà all'1,5% nei prossimi mese come ha profetizzato Bill Gross? La “profezia” del gestore (che ad aprile aveva anticipato in un tweet la forte ondata di vendite sul Bund che poi ne è seguita) questa volta non convince del tutto gli operatori.

«Riteniamo che gli spreads di Italia e Spagna resteranno stabili nel corso dell'anno, a meno di forti tensioni e sorprese negative legate alla vicenda greca - indica Claudio Barberis, responsabile asset allocation di moneyfarm -. Non pensiamo che il Bund possa tornare all'1.5% entro fine anno, poichè gli acquisti Bce e l'assenza di inflazione non permettono ampi rialzi dei tassi tedeschi su scadenze lunghe».

«Crediamo che l'attenzione degli operatori tornerà nei prossimi mesi verso una analisi fondamentale su quali Paesi dell'Eurozona stiano portando avanti serie e concrete riforme strutturali - spiegano gli esperti di Nordea -. Lo spread contenuto è frutto del qe e delle aspettative sulle riforme che devono trovare conferme nelle azioni dei governi, in particolare quello italiano. Saranno queste riforme il barometro con cui leggere lo spread sul Bund. Per quanto riguarda il rendimento del decennale tedesco, riteniamo che un innalzamento sia lecito ed un rendimento superiore ai 100 bps plausibile».

Per Stefano Reali, gestore azionario di Pharus Sicav «nei prossimi mesi la volatilità sui rendimenti rimarrà elevata, mantenendo però inalterato il trend di medio periodo sostenuto dall'effetto qe».

«Ci aspettiamo per fine anno uno spread BTp-Bund che si stabilizza in area 100bps, e uno spread Italia-Spagna stabile rispetto ai livelli attuali - aggiunge Antonino De Gaetani, responsabile obbligazionario di Bnp Paribas ip Sgr.. Considerando l'impatto del QE della Banca Centrale riteniamo difficile che il rendimento del Bund decennale possa proseguire il movimento al rialzo fino ad un livello dell'1,5%».

Per Johnny Debuysscher, cio fixed income di Petercam «Sono due le variabili che determinano il differenziale sui titoli di Stato Italia-Spagna: l'esito dei negoziati con la Grecia e i risultati delle elezioni spagnole programmate a novembre. Nel complesso, abbiamo una view maggiormente positiva sulla Spagna rispetto all'Italia, dal punto di vista economico. Per quanto riguarda il Bund tedesco, il nostro scenario certamente non prevede un rendimento dell'1,5% nei prossimi mesi. Ci aspettiamo invece che il Bund si attesti tra lo 0,25% e lo 0,75% e torneremo a prenderlo in considerazione quando renderà almeno lo 0,8%».

twitter.com/vitolops

© Riproduzione riservata