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Borse, a Shanghai la folle corsa è finita. Dopo 1000 giorni di toro

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Borse, a Shanghai la folle corsa è finita. Dopo 1000 giorni di toro

PECHINO - La corsa folle, com'era prevedibile, è finita. Le Borse cinesi incassano, in chiusura di settimana, la perdita più consistente dal 2008, anno della crisi planetaria, con l'indice Shanghai composite sotto del 6,42% a 4.637 punti. Dai massimi dell'anno la perdita è del 13%, siamo davanti alla prima correzione del mercato dal gennaio 2014. La correzione potrebbe attestarsi sul 10 per cento, il mercato dovrebbe attestarsi in una fase di consolidamento per due o tre mesi, probabilmente entro un livello tra 4.500 e 5mila punti. Anche gli strateghi di BlackRock (la più grande banca d'affari al mondo con 4.800 miliardi di dollari gestiti), Credit Suisse Group AG e Bank of America adesso sono in allerta e parlano di bolla davanti a una perdita del valore di mercato delle azioni cinesi di oltre 6mila miliardi di dollari in un anno.

Del resto il toro ha dominato ben 928 giorni di mercato, il periodo più lungo nella storia delle borse cinesi che hanno debuttato nell'ormai lontano 1990. Questa volta, inoltre, non si è nemmeno palesato un tentativo di riforma dei mercati finanziari tale da spaventare gli operatori come il divieto di emettere bond come collaterali per ripianare altri debiti oppure l'obbligo di trasparenza nella gestione dei prodotti di wealth management nella lotta allo shadow banking.

Le Ipo della prossima settimana, inoltre, promettono di drenare altra liquidità, circa 6,7 miliardi di yuan (1.100 miliardi dollari); oltre a quelle già approdate in borsa le nuove matricole inevitabilmente creeranno problemi di gestione delle risorse. Non c'è da meravigliarsi se la fiducia delle imprese tra gli imprenditori e banchieri cinesi nel secondo trimestre risulta in declino e non solo a causa di un rallentamento della crescita economica e della sempre più debole domanda di prestiti.

L'indice della fiducia degli imprenditori è sceso al 58,3 per cento nel secondo trimestre, 0,9 punti percentuali in meno rispetto al primo trimestre, a dirlo è proprio un sondaggio della People's bank of China. Quasi il 46 per cento dei banchieri spera in un ulteriore taglio dei tassi e dei ratios. Nei fatti, il toro ha introdotto nel sistema potenti dosi di speculazione. Adesso che la marea si sta ritirando c'è il rischio che sulla spiaggia si contino molti relitti e vittime della speculazione che ha impazzato in tutti questi mesi.

Gli stock sono stati appesantiti questa settimana da una grande quantità di nuove vendite di azioni e la delusione per una riduzione degli indici di fabbisogno delle riserve bancarie che non c'è stata ha creato ulteriore disappunto.

La pressione è cresciuta sulla Banca centrale per aggiungere ai due tagli in aliquote di riserva quest'anno nuove correzioni tanto più che i dati della scorsa settimana hanno mostrato la ormai cronica debolezza delle esportazioni e dei prezzi alla produzione. I fondamentali cinesi non sono affatto ai livelli di qualche anno fa, la Cina non riesce a ribaltare il modello economico dalla produzione al consumo interno, come dimostra il clamoroso dietro-front sulle tariffe all'import di prodotti di lusso, per mesi si temeva un inasprimento, poi la decisione di favorire il rientro di risorse fuggite all'estero per dirottarle sul mercato locale.

Intanto il 22 le borse sono chiuse per il Dragon boat festival, ma il 23 giugno, il giorno seguente, HSBC Holdings Plc e Markit Economics rilasceranno i dati dell'indice manifatturiero preliminare per giugno, il cosiddetto flash PMI. Cosa dicono le previsioni? L'indice può attestarsi anche a 49,4, segnalando una contrazione, secondo la stima mediana di un sondaggio Bloomberg. Sotto quota 50, com'è noto, l'economia entra in sofferenza.

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