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L'Espresso, contesa sul voto della lista di minoranza

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L'Espresso, contesa sul voto della lista di minoranza

Sedici società quotate hanno adottato le loyalty shares e il voto di lista si è rivelato essere uno strumento in grado di mettere seriamente alla prova gli equilibri di governo delle aziende di Piazza Affari. Sono alcune delle conclusioni che si possono trarre guardando i numeri che hanno caratterizzato la tornata assembleare di Piazza Affari nel 2015. Tra questi numeri, peraltro, ne sarebbero emersi alcuni che, sottoposti all'attenzione di alcuni azionisti minori, avrebbero portato a sviluppi inattesi.

È il caso, per esempio, dell'assemblea de L'Espresso. Sarebbe infatti in fase di presentazione da parte di alcuni soci un esposto in Consob. Il tema è quello del voto espresso dagli azionisti in sede di nomina del consiglio di amministrazione. All'assise sono state presentate tre liste: quella di maggioranza (Cir), quella di minoranza della Fondazione Cassa di Risparmio di Trieste, Prosper e Erga (famiglia Ravelli) e infine l'ultima di Anima. Cir, che ha coagulato i voti di Giuseppina Bruno, di Katrin Bove, di Walter Rodinò e di Generali, ha raccolto il più ampio consenso lasciando vacante una poltrona per la quale erano dunque in lizza la lista della Fondazione e quella di Anima. Alla fine l'ha spuntata quest'ultima, grazie anche al supporto di Jacaranda Caracciolo Falk, ma la distanza si è rivelata minima e, soprattutto, il nome presentato dall'ente, Massimo Paniccia, risulta aver ricevuto il sostegno della famiglia Crespi. In particolare, le azioni nel portafoglio della Fiduciaria Biennebi e di Alpa, pari complessivamente a un 2,4% del capitale de L'Espresso, hanno votato al fianco della Fondazione sebbene Luca Crespi Paravicini fosse candidato nella lista di maggioranza. Una scelta curiosa che ha suscitato l'interesse di altri azionisti che hanno dunque deciso di preparare un esposto in Consob. Rispetto a ciò, fonti vicine al gruppo, fanno sapere che al momento non risulta alcun esposto e, anche venisse presentato, in base al Tuf e al Regolamento Emittenti non c'è alcuna irregolarità poiché non esiste alcun rapporto di collegamento, anche indiretto, tra le due liste.

Al di la' di ciò, tornando a un bilancio più generale, le 16 societa' che hanno adottato il voto multiplo sono: Campari, Astaldi, Amplifon, Maire Tecnimont, Terni Energia, Dea Capital, Exprivia, Poligrafica San Faustino, Landi Renzo, Nice, Cofide, Hera, Zingnago Vetro, Conafi Prestito', Classa Editori e Kinexia. Scorrendo l'elenco, come sottolinea peraltro anche Dario Trevisan, delle studio Trevisan & Associati, da sempre attivo nelle assemblee di Piazza Affari come rappresentante dei fondi, e guardando l'esito delle riunioni saltano agli occhi un paio di elementi: “l'introduzione del voto multiplo non sarebbe mai stata approvata senza l'appoggio del socio forte; tutte le societa' che lo hanno adottato sono caratterizzate dalla presenza di un azionista di controllo che ha la netta maggioranza delle azioni; quasi tutte le aziende sono small cap e nessuna public company ha valutato l'introduzione delle loyalty shares”. In altre parole, e' la conferma che “gli investitori istituzionali restano fortemente contrari al voto maggiorato”.

Mentre il voto di lista, che pure piace molto all'estero, quest'anno ha mostrato le prime “criticita'” per la possibilità che le liste di minoranza siano alla fine le più votate . Ed e' per questo che gia' qualcuno si immagina possibili correttivi come l'eventualita' di concedere ai soli soci che non siano di maggioranza e/o che non abbiano presentato alcuna lista di votare anche per le altre liste, potendo assicurare cosi anche il proprio consenso al management.

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