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Gli hedge fund Usa guardano oltre la Grexit: minimizzata l’esposizione

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Gli hedge fund Usa guardano oltre la Grexit: minimizzata l’esposizione

New York - Tremano per il malriposto ottimismo professato a lungo e da troppi, ora che il default di Atene è alle porte e lo spettro di Grexit incombe. Ma investitori e società americane possono trovare conforto almeno in una certezza: hanno minimizzato la loro esposizione diretta ad un contagio della Grecia. E, se l'Europa e la sua periferia usciranno da sotto i ferri del chirurgo, potrebbero esplorare nuove scommesse.

Wall Street paga un prezzo ancora difficile da calcolare a una spirale di crisi che preoccupa tutti i policymaker di Washington, dall'ammistrazione Obama alla Federal Reserve: gli indici di Borsa hanno bruciato circa il 2%, peggiorando nel tardo pomeriggio, schiacciati da titoli finanziari in balia delle tensioni sui mercati e dal comparto tecnologico, rischioso per definizione. «Una settimana fa l'accordo sembrava vicino, adesso ci svegliamo con controlli sui capitali», riassume Leo Grohowski di Bank of New York Mellon Wealth Management. «E non sono convinto che tutte le cattive notizie siano state scontate».

Hedge fund più aggressivi come gestori di fondi e private equity più tradizionali hanno tuttavia almeno in parte fiutato l'incapacità europea di risolvere l'odissea greca, preparandosi ad un clima di scosse e volatilità. «L'esposizione ad Atene è ormai estremamente ridotta», assicura Allen Sinai di Decision Economics, dopo che ad aprile venivano ancora contati circa 12 miliardi. Hedge specializzati in merger, che avevano aumentato le scommesse sul Vecchio continente mentre le fusioni salivano del 20%, hanno a loro volta compiuto passi indietro. Citigroup ha stimato che le posizioni lunghe - cioè positive - sull'azionario europeo dopo aver raggiunto picchi in aprile sono state ridimensionate. E Goldman Sachs, nei mesi scorsi, aveva ipotizzato anche un momentaneo triplicarsi del “premio” imposto a titoli sovrani di paesi periferici sui bund tedeschi e cadute di dieci centesimi dell'euro sul dollaro nel giro di settimane, effetti di un default e di misure anti-contagio in Europa.

«L'impatto potrebbe forse essere meno intenso del 2010-2012 ma la sua durata è difficile da valutare», hanno ammonito gli strategists di Wells Fargo. Per questo Eric Knight, re dei fondi attivisti con il suo KnightVinke Fund da 1,1 miliardi, ha di recente rinviato il lancio di un nuovo fondo all'autunno citando proprio la crisi greca. E Systematic Strategies, specializzato nel trading sulla volatilità, ha liquidato il portafoglio a favore di posizioni cash. K2 Advisors si è affidata a una strategia di hedging “sicura”, che compra dollari e vende euro: il collasso greco garantisce guadagni immediati, altrimenti questi sarebbero arrivati più in là dai differenziali sui tassi tra le due sponde dell'Atlantico. Ancora: Tpg-Axon ha guadagnato il 13% quest'anno con nuove scommesse negative sull'Europa.

Gli investitori d'olteoceano, però, provano anche a guardare al di là degli orizzonti ravvicinati con un atteggiamento che prevede impegni in Europa se - oggi un pesante se - la crisi sarà davvero circoscritta, affrontata e non insabbiata. Andrew Belshaw, Head of Investment Management London di Western Asset (del gruppo Legg Mason), afferma che «nel lungo periodo la Bce avrà una posizione molto accomodante a sostegno dei mercati europei, in particolare quelli a maggior rischio». Per questo Western «investe in titoli di qualità come ad alto rendimento e nei mercati periferici. La Bce dovrà accelerare il Qe per sostenere il sistema e combattere il contagio e potrebbe generare opportunità negli stessi risk assets. Dall'inizio dell'anno abbiamo inoltre aggiunto titoli ciclici, in vista di miglioramenti nella ripresa dell'eurozona». L'Italia fa parte di simili impegni se darà segni di risveglio: «Siamo overweight nei bond governativi e corporate e la chiave per il Paese resta una ragionevole crescita nominale del Pil. La Bce ne ha creato le condizioni».

Sinai, di Decision Economics, ritiene che la dolorosa terapia d'urto di Grexit sia necessaria e inevitabile. «Non esistono soluzioni praticabili se non una Grecia economicamente indipendente dall'Eurozona», dice. Altrimenti verrà solo prolungata l'agonia per tutti: «Una volta creata una nuova divisa puo' esserci una svalutazione, con un tremendo shock iniziale per l'economia greca, recessione e inflazione, cancellazione del debito e un nuovo regime economico con una Banca centrale indipendente. La Grecia dovrebbe lasciare l'euro, non però la Ue per ragioni politiche e di sicurezza». Ma, continua, non ci sono ragioni per evitare azioni tedesche come americane. Le condizioni sono diverse rispetto al 2010. I mercati, saranno scossi, ma il contagio dovrebbe rimanere contenuto. C'è il supporto della Bce, che se necessario interverrà, dal Portogallo all'Italia».

Nel tempo, anzi, la stessa temuta Grexit avrebbe le potenzialità per rivelarsi un vantaggio per tutti se ben gestita. «Gli investitori americani terranno sotto osservazione la situazione senza compiere nuove mosse strategiche. Ma la Grecia potrebbe diventare un ottimo e attraente investimento, forse entro sei o otto mesi. Mi aspetto per allora forti rialzi della borsa greca. La storia dei paesi che dichiarano default e svalutano insegna che nel giro di due anni i capitali ad alto rischio tornano. Altri paesi in difficoltà economica, compresa la stessa Italia, potrebbero inoltre essere aiutati dal maggior focus su un minor numero di stati nell'Eurozona. E da nuovi capitali in arrivo».

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