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Verso il «Greferendum». Caos nel valzer dei sondaggi: per i …

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la crisi in grecia

Verso il «Greferendum». Caos nel valzer dei sondaggi: per i bookmakers vincerà il «sì», ma sono tanti gli indecisi

Il paradosso è che (quasi) tutti vogliono che la Grecia resti nell’Eurozona. Sono intervenuti gli Stati Uniti chiedendo all’Eurozona di trovare un accordo in extremis per non compromettere il progetto euro. Si è mosso anche il premier cinese Li Keqiang che ieri a Bruxelles ha spinto per venga trovata un’intesa. Vuole che Atene resti nell’euro anche la tedesca Angela Merkel secondo cui «il fallimento dell’euro sarebbe il fallimento dell’Europa». Ma vogliono restare nell’area euro anche il premier greco Alexis Tsipras e il ministro della Finanze Yanis Varoufakis che addirittura minaccia un ricorso alla Corte di Giustizia europea nel caso Atene venga sbattuta fuori dall’unione monetaria a 19.

Il paradosso è che per quanto tutti gli attori coinvolti vogliano un futuro della Grecia nell’euro le probabilità di un Grexit continuano a crescere giorno dopo giorno. Secondo l’agenzia di rating Standard and Poor’s - che ieri a declassato il debito di Atene da “CCC a CCC-”, per quel che valga dato che il Paese da tempo non ha accesso al mercato dei capitali se si escludono le emissioni a brevissimo termine e che oggi vede i titoli a due anni balzare al 36% - le probabilità che Atene lasci l’Eurozona sono arrivate al 50%. Anche la Banca centrale europea ne sta prendendo atto. Un'uscita della Grecia dall'area euro è ora una possibilià, «non può più essere esclusa», ha detto Benoit Coeure', consigliere esecutivo della Bce.

Un chiaro segnale lo si avrà domenica quando i cittadini greci saranno chiamati a votare in fretta e furia un referendum (resta da capire anche a livello organizzativo come riusciranno ad imbastirlo considerati tutti i problemi tecnici, anche legati ai limiti della circolazione del contante) in cui si chiede se approvare o no l’accordo proposto dai creditori per sbloccare la nuova tranche di aiuti da 7,2 miliardi di euro. Uno degli aspetti singoli è che il “No” sarà collocato nella scheda sopra il “Si”, a conferma della chiara intenzione di Tsipras di spingere per un voto di dissenso. «Se vincesse il sì potrei dimettermi», ha detto mentre «il “no” ci darebbe un maggiore potere negoziale per rivedere l’accordo».

Il “no” però secondo molti analisti potrebbe essere l’anticamera di un ulteriore scontro con i creditori che potrebbe risultare l’anticamera al “Grexit”, ormai da giorni stabile nella top ten dei trend topic di twitter e degli altri principali social network di discussione.

È per questo che i mercati temono il “no”, perché potrebbe essere un primo e gigantesco passo verso l’uscita della Grecia dall’euro il che, come ha ricordato il governatore della Bce, Mario Draghi condurrebbe a un «territorio inesplorato». Esattamente l’opposto di quello che piace agli investitori che amano avere sottomano prospettive chiare per il futuro prima di muovere capitali. Lo stesso Renzi ha detto che sarà una «scelta tra euro e dracma».

Ed è per questo che nelle prossime ore, annullato l’ottimismo di un accordo (con il forte tonfo di ieri che ha annullato i guadagni della scorsa settimana) e archiviato l’avvio del default a cui si accinge Atene (con il ribasso, seppur più contenuto, di oggi) si concentreranno nelle prossime ore sui sondaggi. Per cercare di scommettere in anticipo (come è nella natura dei mercati) sull’esito del referendum.

Ma questa volta avere un quadro chiaro sulle previsioni può risultare ancor più difficile che nel recente passato (si ricordi la distanza tra sondaggi e realtà nelle ultime elezioni britanniche che hanno confermato David Cameron).

È iniziato il balletto delle cifre. Secondo un sondaggio di Intelligo Tv, il 70% dei greci voterà “si”». E poi ci sono le banche d’affari che si rifanno ad altri sondaggi. Ad esempio per Exane Bnp Paribas le probabilità di un Grexit sono al 40%: dagli ultimi sondaggi è chiaro che la Grecia vuole restare nell'euro».

Nel sondaggio della Alco per l'edizione domenicale di Proto Thema, il 57% degli intervistati ha detto di ritenere che la Grecia dovrebbe fare un accordo con i partner europei mentre il 29% ha detto di preferire una rottura. Dal sondaggio condotto dalla Kapa Research per il quotidiano To Vima è emerso che il 47,2% degli intervistati voterebbe a favore di un accordo, per quanto doloroso, con i creditori, contro il 33% che voterebbe no e il 18,4% di indecisi. Entrambi i sondaggi sono stati condotti a livello nazionale dal 24 al 26 giugno. Sono stati cioè realizzati prima che Tsipras si posizionasse apertamente a favore del “no”.

Un altro elemento di criticità può essere dato dalla rappresentatitivà del campione. C’è molta distanza tra le posizioni legate ad interessi personali tra chi vive in città e chi vive e ha un’attività di business legata al turismo nelle isole. Questi ultimi, infatti, non disdegnano affatto incassi in una valuta forte come l’euro.

In questa confusione ci sono anche gli operatori del mondo delle scommesse. Da cui arrivano segnali discordanti. Il primo bookmaker britannico William Hill non accetta più scommesse sull'uscita della Grecia dall'euro entro il 2016, dopo che nel weekend c'è stata una corsa a puntare sulla Grexit. La situazione intorno alla Grecia «è molto volatile» per continuare ad accettare scommesse, ha spiegato la società, secondo quanto scrive il Financial Times. Ma allo stesso tempo ci sono altre agenzie che danno nettamente favorito il “sì” (che paga 1,25) contro il “no” (che paga 3,5).

La verità è che l'austerità offusca il quadro e rende l'esito del referendum molto difficile da prevedere. E che i greci sono (giustamente) confusi, stanchi di anni di austerità (che non ha migliorato il quadro economico ma ha peggiorato quello sociale) ma allo stesso tempo impauriti da un’eventuale salto fuori dall’euro, dato che si «entrerebbe in un territorio inesplorato». Sarà probabilmente un voto di pancia. Vincerà la rabbia o la paura?

I mercati entro venerdì probabilmente prenderanno una posizione. Ma occhio, potrannno sbagliarsi ancora. Come del resto è accaduto nell’ultima settimana quando, mettendo a segno un rialzo del 5%, avevano puntato su un accordo in extremis. L’accordo non è arrivato e ieri i listini si sono rimangiati in un solo boccone quel +5% bruciando, solo in Europa, 287 miliardi.

twitter.com/vitolops

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