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Banche, rischio nazionalizzazione

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Sistema creditizio

Banche, rischio nazionalizzazione

Atene - Ha vinto il no. National Bank of Greece, Piraeus Bank, Alpha e Eurobank, le quattro maggiori aziende di credito elleniche, il ventre molle della crisi del Paese a sua volta epicentro della crisi dell'eurozona, potrebbero essere nazionalizzate se non ci sarà un accordo a breve.

Il problema è che domani le banche greche dovrebbero riaprire dopo una caotica settimana di chiusura a causa del fallimento delle trattative con i creditori e dove la gente ha potuto ritirare solo fino a 60 euro al giorno dopo lunghe code davanti ai bancomat. Il pensionato che piange accasciato davanti a una banca di Salonicco è diventato l'icona di questa crisi politico-finanziaria. Ma una riserva così esigua di 1 solo miliardo di euro potrebbe essere sufficiente per qualche giorno ancora, senza una rapida iniezione di nuovo contante da parte della Bce, che però non è scontata dopo il risultato negativo del referendum. In mancanza di un accordo in tempi rapidi al governo in carica non resterebbe che emettere degli Iou, dei “pagherò” a pensionati e dipendenti pubblici, decisione che sarebbe l'anticamera di una moneta parallela e quindi il ritorno alla dracma, magari svaluta del 50 percento.

«Le banche greche hanno liquidità per circa 1miliardo di euro», aveva fatto sapere venerdì Louka Katseli, numero uno dell'Associazione delle banche elleniche, secondo cui «la liquidità è assicurata fino a lunedì, dopo dipenderà dalle decisioni della Banca centrale europea di Mario Draghi. La Bce a gennaio giudicando il programma di salvataggio a rischio, ha tolto alle banche elleniche l'accesso alle normali aste di liquidità e ha mantenuto aperto solo una linea di emergenza (Ela) oggi a 89 miliardi di euro. Che farà la Bce? «La Bce europea ha ben chiaro che se è necessario fare di più, farà di più», ha affermato ieri sibillino, senza specificare se si riferiva alla Grecia, il membro francese del board della Bce, Benoit Courè parlando ieri ad Aix en Provence.

Il governatore Mario Draghi con la vittoria del no è in una posizione molto complicata, “terra incognita” come ha descritto lo stesso Draghi. Teoricamente l'Eurotower non può aumentare i prestiti di emergenza perché non c'è un accordo con l'eurogruppo e addirittura potrebbe chiedere il rimborso degli 89 miliardi di prestiti al sistema ellenico oltre ai 19 miliardi di titoli di stato acquisiti con l'Smp ai tempi di Jean-Claude Trichet, visto che secondo l'Efsf, il fondo salva stati europeo, il mancato pagamento della Grecia della rata del Fmi è un “evento di default”, ma il suo board dei governatori ha deciso di aspettare e “non richiedere” ad Atene il “pagamento immediato dei prestiti concessi né di usare il suo diritto ad agire”, cioè di non usare alcuna delle opzioni a disposizione.

Il caso Atene e delle sue banche verrà esaminato già oggi dal Board della Bce. E Draghi potrebbe decidere che la situazione è talmente difficile da mettere in pericolo l'esistenza stessa della moneta unica e potrebbe spingere per concedere liquidità di emergenza alle banche greche ma avrebbe la forte ostilità della Bundesbank di Jens Wiedmann.
Oggi sarà ancora giornata di chiusura ma domani le banche dovrebbero riaprire, ma pochi ci credono davvero. Intanto i rumour, diffusi dal Financial Times e smentiti dal governo di Atene, parlavano di un taglio del 30% sui depositi oltre gli 8 mila euro.

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