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«Forti segnali di ripresa per lindustria italiana dei metalli non ferrosi»

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Materie prime

«Forti segnali di ripresa per l’industria italiana dei metalli non ferrosi»

L’allarme per il precipitare della crisi in Grecia e quello, più recente, sollevato dal crollo della Borsa cinese hanno ricominciato a scuotere il mercato dei metalli non ferrosi - a cominciare da rame, alluminio e nickel, crollati ieri ai minimi dal 2009 - proprio nel momento in cui gli industriali italiani del settore stanno finalmente iniziando a vedere l’uscita dal tunnel della recessione.

«Speriamo che non ci siano gravi impatti psicologici», si augura Italo Romano, intervistato dal Sole 24 Ore a pochi giorni dalla nomina a presidente di Assomet. All’assemblea generale del 25 giugno, quella che ha segnato il passaggio di consegne dopo i sette anni di mandato di Mario Bertoli, «per la prima volta da tanto tempo ho visto un evidente ottimismo da parte degli associati» ricorda Romano. «Negli ultimi due mesi si sono visti forti segnali di ripresa, soprattutto nel settore dell’alluminio, grazie alla ripresa dell’automotive».

E per il resto?

In generale va meglio, anche se i livelli pre-crisi sono ancora lontani per tutti, con un gap del 30-50%. Persino chi produce per l’edilizia ha visto un miglioramento rispetto alla fine del 2014, anche se questo settore è tuttora in calo rispetto a un anno fa. A questo punto è molto importante che i segnali di ripresa vengano sostenuti. Se la gente è tornata a comprarsi l’auto nuova è perché ha ritrovato fiducia. Bisogna fare in modo che non la perda e su questo fronte hanno un ruolo fondamentale anche le istituzioni.

Che cosa bisogna fare?

Per quanto ci riguarda chiediamo regole certe, che riescano a portare in Italia agevolazioni che altrove in Europa ci sono: aiuti sull’energia elettrica, in primo luogo. Le nuove norme sugli energivori, introdotte con l’articolo 39 del Decreto sviluppo (Dl 83/2012, Ndr) sono diventate un disastro con i decreti attuativi.

Adesso però le preoccupazioni stanno tornando anche sui mercati, con crolli importanti per metalli non ferrosi.

È vero, la volatilità è altissima. Solo stamattina (ieri per chi legge, Ndr) il prezzo del rame è sceso in poco tempo di 100 dollari. Un tempo ci volevano mesi per vedere una variazione analoga. Mi ricordo che nel 1992 per un ribasso di 40 dollari del rame l’azienda per cui lavoravo aveva deciso di sospendere le vendite. Per i metalli e più in generale per le materie prime dal 2003-04 in avanti è cambiato il mondo.

In che senso?

Si è perso il legame con i fondamentali della domanda e dell’offerta. Prenda il rame: da una decina d’anni è quasi completamente svincolato dai fondamentali. Spesso il prezzo sale anche se contemporaneamente aumentano le scorte nei magazzini delle borse. Un tempo sarebbe stato impensabile, ma oggi c’è molta speculazione. A fronte di consumi fisici di rame per 18-20 milioni di tonnellate l’anno ci sono contratti finanziari per l’equivalente di 750 milioni di tonnellate: un rapporto di 1:40.

Quanto conta oggi la Cina per i mercati delle materie prime? In fondo è stata la crescita eccezionale della sua domanda a trasformarli.

Il vero problema è che le materie prime sono diventate strumenti finanziari: guardi come si muovono i prezzi in relazione alle valute... Poi a monte di tutto c’è probabilmente la Cina, che ha indirizzato l’attenzione degli speculatori verso questi mercati e che ora preoccupa perché la sua crescita sta rallentando.

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