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Bhp taglia la produzione di petrolio, carbone e rame (ma sul ferro…

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Materie prime

Bhp taglia la produzione di petrolio, carbone e rame (ma sul ferro accelera ancora)

Il crollo dei prezzi delle materie prime sta cominciando a piegare anche le grandi minerarie: Bhp Billiton, la prima al mondo per capitalizzazione, ha annunciato tagli della produzione di petrolio, gas, rame e carbone. Il gruppo australiano tuttavia non intende tirare il freno sul minerale di ferro, nonostante l’enorme eccesso di offerta che affligge il mercato, un surplus di cui esso stesso è tra i maggiori responsabili insieme a Rio Tinto, Vale e Fortescue Metals.

Nell’anno fiscale al 30 giugno 2016 Bhp prevede di estrarre il 7% in meno di idrocarburi, scendendo a 237 milioni di barili equivalenti petrolio, la sua produzione di rame calerà del 12% (a 1,5 milioni di tonnellate). Diminuirà anche l’output di carbone, sia metallurgico (-6%) sia termico (-2%). Ma quella di minerale di ferro, attraverso una migliore produttività, salirà di un ulteriore 6% a 247 milioni di tonnellate. Questo dopo un balzo del 14% registrato nel 2014-2015, quando Bhp ha estratto addirittura più di quanto avesse previsto: 233 milioni di tonnellate, un record assoluto, realizzato mentre il prezzo della commodity, utilizzata per produrre acciaio, precipitava rovinosamente fino a toccare 44,59 dollari per tonnellata lo scorso 8 luglio sul mercato spot cinese, il minimo da dieci anni e oltre due terzi in meno rispetto al picco di 190 $ raggiunto nel 2011.

La strategia assomiglia a quella adottata dall’Opec con il petrolio: inondare il mercato, a costo di far crollare i prezzi, per costringere alla resa i produttori ad alto costo. L’obiettivo finale è conquistare - o quanto meno difendere - le quote di mercato e i quattro big del minerale di ferro qualche risultato l’hanno ottenuto: secondo Citigroup nel 2014 sono stati responsabili del 71% delle esportazioni mondiali, contro il 65% nel 2009-13, e potrebbero salire all’80% nel 2018. La reddività (roe) di Bhp e Rio è però scesa nel frattempo ai minimi dagli anni ’80, avvertono gli analisti della banca.

Come i petrolieri dell’Opec, anche Bhp Billiton vanta costi ridotti all’osso: quest’anno prevede di ridurli ad appena 16 $/tonn. Ma anche nel suo caso la battaglia contro i concorrenti si sta rivelando lunga e dolorosa. La mineraria, grazie alla diversificazione, sembrava essere schermata meglio di altre dai capricci del mercato: dal minerale di ferro Bhp deriva circa metà dei profitti, contro l’80% per Rio Tinto, e il suo portafoglio produttivo comprende una decina di materie prime diverse, anche se ha deciso di puntare soprattutto su quelle che definisce «quattro pilastri della crescita» (oltre al minerale di ferro, il petrolio, il carbone e il rame). Di tutto il portafoglio di Bhp non c’è però una sola commodity che negli ultimi sei mesi non sia calata di prezzo e i ribassi hanno addirittura superato il 40% nel caso di petrolio, gas e minerali ferrosi.

La società, che pubblicherà il bilancio il 25 agosto, ha anticipato ulteriori svaltuazioni fino a 650 milioni di dollari relative alle attività nel rame, dopo il writedown da 2,6 miliardi annunciato la settimana scorsa per operazioni nello shale oil e shale gas americani. Inoltre ha segnalato poste straordinarie per 2,1 milioni di $ - molto più alte di quanto avesse indicato in precedenza - in realazione relative allo scorporo di South 32, in cui ha conferito una serie di attività estrattive che considerava non core, tra cui il manganese e le fonderie di alluminio.

La stessa South 32 non se la passa bene: dalla quotazione in maggio la sua capitalizzazione si è ridotta del 14% a 7,2 miliardi di $ e la società ieri ha annunciato a sua volta una svalutazione di 1,9 miliardi per asset nel manganese e nel carbone termico.

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