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«Un’idea valida e innovativa, l’Italia faccia da…

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intervista robert shiller premio nobel

«Un’idea valida e innovativa, l’Italia faccia da apripista»

  • –di I.B.

«Sì, l’Italia dovrebbe emettere un titolo di Stato ancorato al Pil. Sono d’accordo con la proposta del Sole-24Ore. Il GDP-indexed bond non è uno strumento per i soli Paesi emergenti, va benissimo anche per gli Stati con economie avanzate. L’Italia dovrebbe fare da apriprista, essere la prima al mondo a lanciare questo strumento d’investimento: sono convinto che avrebbe successo. Io stesso l’ho consigliato al Tesoro americano, ma non mi sembra abbia intenzione di emetterlo, è un emittente molto convenzionale, tradizionale». Robert Shiller, professore di economia a Yale, premio Nobel e padre fondatore della finanza comportamentale, sottoscrive la proposta del BTpil. E va oltre, rivelando che lui stesso ha proposto questo tipo di titolo di Stato al Tesoro americano, senza successo.

L’Italia sta uscendo dalla recessione ma la crescita è fragile, il Pil sale debolmente. Consiglierebbe al Tesoro di emettere un BTp indicizzato al Pil? Chi lo comprerebbe?

L’Italia ha attraversato un periodo difficile ma ne uscirà. Il BTpil darebbe agli investitori la possibilità di scommettere sulla ripresa dell’Italia. E sono sicuro che gli acquirenti non mancherebbero, non solo in Italia ma su scala internazionale: potreste collocarlo ad alto prezzo. Questo è uno strumento che ora manca dal panorama dei titoli di Stato, è più vicino all’equity di quanto possa sembrare. Direi che è come se lo Stato emettesse un’azione, un’azione sull’Italia.

In questo periodo si fa un gran parlare dei titoli di Stato greci indicizzati al Pil, viene proposto tra le soluzioni per evitare il default di uno Stato con debito insostenibile. Ma potrebbe essere utilizzato anche da un Paese industrializzato che non corre alcun rischio di default?

Certamente. Il titolo di Stato indicizzato al Pil è uno strumento per tutti, dovrebbero emetterlo adesso negli Usa e in Canada. Io l’ho proposto al Tesoro americano, ma è un emittente molto convenzionale. L’Italia invece si è affermata storicamente come Paese innovativo nel campo della finanza. L’Italia può fare da apripista con il BTpil.

L’innovazione finanziaria è un terreno scivoloso. Essere innovativi, sui mercati finanziari, può non essere un vanto di questi tempi.

L’Italia è stata molto creativa in passato. E’ stato uno dei primi Stati al mondo a emettere bond. Nel libro «Origins of Value: the Financial innovations that created modern capital markets» scritto da William Goetzmann e Geert Rouwenhorst nel 2005, l’Italia ne esce molto bene, ha un ruolo prominente. Il mercato azionario è stato inventato dagli antichi romani e nell’antica Roma hanno iniziato a girare le prime polizze assicurative. Leonardo Fibonacci da Pisa ha inventato la matematica finanziaria. E altri prodotti assicurativi hanno visto la luce nel Rinascimento in Italia. La legatio pecuniae del XIII secolo a Venezia ha gettato le basi per gli standard del debito pubblico... L’Italia è un Paese molto avanzato finanziariamente. Può certamente emettere il BTpil.

Bisogna avere coraggio per lanciare un titolo di Stato ibrido più vicino all’equity che al bond: sono tempi duri, dopo la Grande Crisi molti Stati con economie avanzate non sono riusciti a tornare ai livelli di crescita potenziale pre-crisi.

Il BTpil sarebbe un titolo che darebbe all’investitore la possibilità di scommettere sulla ripresa e sul futuro dell’Italia. E si aggiungerebbe ai titoli a reddito fisso: è qualcosa di nuovo, di eccitante, e ci vuole questo adesso. Ma al tempo stesso, questo è un titolo di debito più onesto di altri, perché la promessa di ripagare i propri debiti viene mantenuta al meglio proprio quando c’è crescita. E quando il Pil sale, e la cedola di questo titolo aumenta, comunque va bene per tutti, lo Stato è più ricco e il debito/Pil scende. Inoltre il BTpil sarebbe un titolo molto semplice, diretto: e aumenterebbe la condivisione del rischio, perché sarebbe acquistato non soltanto dagli italiani ma anche dagli investitori esteri.

E se invece l’Italia dovesse crescere meno del previsto, se in Europa dovesse arrivare una stagnazione come in Giappone, questo strumento fallirebbe sul nascere?

Ebbene, il rischio non può mai essere totalmente eliminato sui mercati finanziari. Per ogni strumento, c’è chi ci guadagna e chi ci perde. Se il Pil sale, anche la cedola del BTpil cresce: gli investitori ci guadagnano, lo Stato paga di più ma è più ricco. E se invece l’Italia non dovesse crescere, sarebbero gli investitori a perdere, mentre lo Stato pagherebbe meno interessi. Ma tutto questo è normale. Il BTpil resterebbe comunque uno strumento per migliorare il risk management.

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