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Le banche e la giusta «cultura del rischio»

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non solo regole

Le banche e la giusta «cultura del rischio»

Le banche e l’attività bancaria poggiano sulla fiducia. Ma mentre ci vogliono anni e anni per costruire la fiducia, per dilapidarla basta un attimo, se una banca ha principi etici deboli, valori inadeguati e comportamenti semplicemente sbagliati.

Gli eventi che hanno innescato la crisi finanziaria globale del 2008, uniti agli scandali emersi successivamente - dalla manipolazione del tasso Libor all’aggiramento delle sanzioni economiche, al riciclaggio di denaro sporco - rappresentano un intero catalogo di fallimenti culturali all’interno delle nostre istituzioni finanziarie. Sì, dall’inizio della crisi sono state prese misure importanti per rafforzare il sistema finanziario, ma resta una debolezza di fondo. Per dirla senza mezzi termini, è una debolezza che ha a che fare con la cultura dell’assunzione di rischio tuttora prevalente all’interno di alcune banche globali e nel sistema finanziario stesso.

Troppo spesso le promesse dei vertici delle banche di cambiare la «cultura aziendale» e garantire la buona condotta dei loro dipendenti non sono state messe pienamente in pratica. In troppi casi le banche continuano a venir meno ai loro doveri nei confronti delle comunità a cui si rivolgono e della cittadinanza in generale.

È vero che il settore bancario sta pagando un prezzo elevato per i suoi misfatti: multe, cause legali e una normativa più stringente sono costati finora circa 300 miliardi di dollari agli istituti di credito. Ma i cittadini che pagano le tasse, che non sono colpevoli di nessun misfatto, hanno comunque dovuto sostenere costi, sia diretti che indiretti. E se è vero che una manciata di rogue traders (e recentissimamente un manipolatore del tasso Libor) sono finiti in prigione, sarebbe eccessivamente ottimistico concluderne che le punizioni sono sufficienti per trasformare la cultura delle banche.

Se vogliamo che le banche e le altre istituzioni finanziarie adempiano al loro fondamentale ruolo di puntello alla crescita e all’occupazione, è imperativo che prendano misure per riconquistare la fiducia dei cittadini.

Ma come? Più regolamentazione non è necessariamente la strada migliore: le regole e le norme che definiscono una cultura «giusta» e una cultura «sbagliata» vanno oltre le capacità degli organismi di regolamentazione e vigilanza. Ma la pressione per escogitare queste regole è destinata a crescere se le banche non dimostreranno di saper affrontare efficacemente la sfida del cambiamento culturale. Purtroppo, finora, molte banche hanno adottato un approccio frammentario e poco convincente. Rispettare maggiormente la legge non basta. Un nuovo rapporto pubblicato dal Gruppo dei Trenta sostiene che le banche devono fare molto di più. Per cambiare le cose davvero bisogna andare al cuore dell’operatività quotidiana di un’istituzione finanziaria. le banche devono cambiare quei sistemi di retribuzione che ricompensano un’eccessiva assunzione di rischio, devono proteggere le «gole profonde», devono assumere e formare il personale secondo adeguati principi etici e devono fare in modo che il consiglio d’amministrazione eserciti un ruolo di vigilanza più attivo. (Sono convinto che se i consigli d’amministrazione fossero stati consapevoli dei comportamenti scandalosi perpetrati in alcune istituzioni, dalla vendita impropria di prodotti alla manipolazione dei prezzi, avrebbero agito per fermarli.) Una cosa dev’essere chiara: fissare i valori di un’organizzazione e plasmare una cultura aziendale è un lavoro lungo e faticosissimo. Per una riforma efficace è necessario cambiare la mentalità delle persone e abituarle a regolamentarsi da sole. Un codice scritto, che metta l’accento sui vantaggi commerciali di una condotta etica e le conseguenze negative di una condotta poco etica, si inserisce in questo sforzo e può servire a preservare e rafforzare una cultura aziendale; ma da solo non è sufficiente. Promemoria e ripetizioni costanti sono essenziali: i dipendenti devono capire in modo istintivo che cosa si può fare e che cosa invece non bisogna mai fare. Devono interiorizzare una cultura che attribuisce valore al rispetto rigoroso di elevati standard di comportamento. A tale scopo, le banche dovrebbero rendere i loro valori e la loro cultura parte integrante delle decisioni in materia di assunzioni, licenziamenti e promozioni. I valori e la condotta dei dipendenti di una banca che hanno la responsabilità dell’assunzione di rischio dovrebbero pesare per il 50 per cento nella revisione annuale del rendimento. Non rispettare le norme culturali auspicate di una banca dovrebbe avere un impatto sulla carriera di un dipendente, e quando necessario mettervi fine. Anche gli organismi di regolamentazione e vigilanza del settore bancario hanno un ruolo decisivo da giocare. Devono lavorare insieme ai consigli d’amministrazione e agli alti dirigenti per fare in modo che le riforme più importanti vengano implementate e poi applicate in modo coerente. Regolari scambi di vedute tra i funzionari delle autorità di vigilanza e le banche devono essere una componente cruciale di questo processo.Le Banche centrali sono costernate dall’incapacità di molte istituzioni finanziarie di prendere misure decise per affrontare le complesse problematiche interne di condotta etica e cultura aziendale. Ormai il problema è cresciuto a un punto tale che non è più possibile rimandare: o le banche si riformano da sole, oppure le autorità pubbliche interverranno ancora più a fondo.

Traduzione di Fabio Galimberti

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