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A rischio il miracolo shale: negli Usa sempre più petrolifere in…

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il crollo del barile

A rischio il miracolo shale: negli Usa sempre più petrolifere in bancarotta

Il crollo del petrolio continua a fare vittime tra i frackers americani, travolgendo anche nomi eccellenti. Ieri è toccato a Samson Resources, controllata dal gigante del private equity Kkr, portare i libri in tribunale avviando le procedure per il Chapter 11: una bancarotta che era stata preannunciata e che non coglie quindi di sorpresa, ma che colpisce perché è la più grande - con un carico di 4,6 miliardi di dollari di debiti - e forse anche la più significativa tra quelle finora osservate nel settore.

I casi sono sempre più numerosi e frequenti: dall’inizio dell’anno solo negli Usa sono già andate in amministrazione controllata ben 9 società energetiche e almeno altre 15 hanno obbligazioni tecnicamente in default. Il gruppo promette di allargarsi: Bmi Research stima che nei prossimi 5 anni nel settore Oil & Gas andranno in scadenza bond e prestiti bancari per 550 miliardi di dollari , a livello globale. Negli Usa 72 miliardi andrebbero restituiti quest’anno e altri 85 il prossimo. Tra Nord America, Europa e Asia si contano 168 società energetiche “distressed”, con rendimenti obbligazionari superiori al 10% che le condannano a un default quasi certo. Il loro numero rispetto a un anno fa è triplicato.

La disastrosa parabola di Samson - che estrae soprattutto shale gas e sta soffrendo da anni per la debolezza dei prezzi - potrebbe scoraggiare i fondi di private equity, che finora hanno continuato a foraggiare anche i più piccoli e traballanti tra i produttori americani, che avevano perso ogni altro canale di finanziamento . Con la bancarotta di Samson Kkr vede andare in fumo 4 miliardi di dollari di investimenti, suoi e dei clienti, poco dopo aver perso un’altra grande scommessa, quella su Energy Future Holdings. l’ex utility texana Txu, che aveva rilevato nel 2007 in cordata con altri investitori in quella che all’epoca era la più grande acquisizione a leva mai realizzata: un affare da 32 miliardi di dollari. Anche Energy Future Holdings è andata in bancarotta nell’aprile 2014, finendo - come oggi Samson - in pasto ai creditori.

Una ritirata, anche solo parziale, del private equity - che negli ultimi 4 anni, secondo Dealogic, ha investito oltre 48 miliardi di dollari nell’Oil & Gas - potrebbe dare il colpo di grazia definitivo a molti protagonisti dello shale, che hanno già subìto un forte peggioramento delle condizioni di accesso al mercato obbligazionario e tra breve si vedranno molto probabilmente tagliare le linee di credito dalle banche.

A ottobre c’è la consueta revisione semestrale dei prestiti “reserve based”, garantiti dalle riserve di idrocarburi. E stavolta gli istituti potrebbero aver perso la pazienza che avevano dimostrato ad aprile, quando ancora si pensava che il prezzo del petrolio potesse risalire velocemente. Questo non è successo. Il barile è anzi precipitato di nuovo ai minimi da sei anni e tuttora fatica a risalire sopra 50 $. I maggiori analisti sono tutti concordi che ci vorrà tempo per vedere un apprezzamento significativo e anche l’Opec - come è emerso ieri da un documento interno filtrato alla stampa - si attende una risalita molto lenta, che riporterà il greggio a 80 $ solo nel 2020. Sono inoltre scadute molte delle operazioni di hedging che avevano rassicurato i creditori, in quanto consentivano di vendere il petrolio estratto a prezzi superiori a quelli correnti.

«I produttori più deboli potrebbero vivere o viceversa morire per un capriccio dei loro finanziatori», afferma Citigroup, secondo cui i prestiti bancari si ridurrano del 15%. Se la previsione fosse azzeccata si tratterebbe di 10 miliardi di $ di liquidità in meno da un giorno all’altro, secondo un’analisi del Wall Street Journal su 75 società Usa di esplorazione e produzione. Qualcuno è ancora più pessimista. «Le banche - dice Amrita Sen di Energy Aspects - guarderanno agli ultimi 12 mesi, in cui il prezzo del Wti è stato di 45 $ se non meno e improvvisamente il denaro disponibile per i prestiti ai produttori Usa sarà dimezzato e in alcuni casi più che dimezzato rispetto a un anno fa. Questo renderà molto, molto difficile continuare a trivellare».

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