Finanza & Mercati

Glencore fa come faceva l’Opec: taglia di un terzo la…

  • Abbonati
  • Accedi
metalli

Glencore fa come faceva l’Opec: taglia di un terzo la produzione di zinco e a Londra il prezzo vola

Come l’Opec di un tempo, Glencore gioca un’altra volta la carta dei tagli di produzione nel tentativo di sostenere i prezzi delle materie prime. Al centro della strategia, già adottata con carbone, platino e rame, il gruppo svizzero stavolta ha messo lo zinco e l’effetto è stato dirompente: il prezzo del metallo, utilizzato principalmente per galvanizzare l’acciaio, è balzato di oltre il 12% al London Metal Exchange, fino a 1.875 dollari per tonnellata, il massimo da due mesi. Un rally così non si vedeva da almeno un quarto di secolo.

Glencore, che dopo la fusione con Xstrata è diventata il primo produttore mondiale di concentrati di zinco, ha avuto la mano pesante: chiudendo o rallentando miniere in Australia, Sud America e Kazakhstan, la società ridurrà di un terzo la sua capacità estrattiva, togliendo di mezzo 500mila tonnellate di metallo, ovvero circa il 4% dell’offerta globale. Ci sarà un impatto anche sul piombo, che viene spesso estratto insieme allo zinco, con un calo di produzione previsto di 100mila tonnellate.

«Il principale motivo della riduzione - ha spiegato la società - è che vogliamo preservare il valore delle riserve nel sottosuolo in un periodo di prezzi bassi per zinco e piombo, che non valorizzano correttamente la scarsità di tali risorse». Parole che ricordano quelle che fino a qualche anno fa venivano pronunciate dai sauditi, oggi convertiti alla strategia opposta di massimizzare i volumi di petrolio per spingere fuori mercato le produzioni più costose, come lo shale oil.

Glencore è davvero l’Arabia Saudita dello zinco: controlla oltre un decimo della capacità produttiva mondiale e addirittura il 40% di quella europea, circostanza che aveva preoccupato l’Antitrust di Bruxelles, anche se poi - per autorizzare il matrimonio con Xstrata - si era accontentata della rinuncia a un contratto di distribuzione con Nyrstar.

L’annuncio di ieri è arrivato del tutto inaspettato, anche se quasi non passa giorno senza che Glencore vari nuovi interventi per proteggersi da un lato dal crollo delle materie prime e dall’altro dall’attacco degli speculatori. Ma non è solo l’effetto sorpresa ad aver messo il turbo alle quotazioni dello zinco, che un paio di settimane fa erano ai minimi da 5 anni (1.617,50 $). Analoghi tagli di produzione operati dal gruppo svizzero - compresa la promessa di chiudere due miniere di rame in Africa - non andavano infatti a incidere così profondamente sugli equilibri di mercato.

Gli analisti già prevedevano che a breve si sarebbe sviluppato un deficit di offerta di zinco, legato alla chiusura di due importanti miniere (Century in Australia e Lisheen in Irlanda). Glencore accelera l’avverarsi di questo scenario, anche se resta l’incognita dei consumi cinesi, particolarmente importanti in quanto Pechino rappresenta oltre il 40% della domanda globale.

La frenata delle estrazioni sarà immediata: già in questo trimestre è previsto un calo di produzione di 100mila tonnellate. E la riduzione dell’offerta sarà mantenuta finché i prezzi non avranno recuperato stabilmente un livello remunerativo: oltre 2mila $, suggeriscono gli analisti.

Il rally dello zinco ha contagiato non solo il piombo (balzato del 7% al record trimestrale di 1821,50 $), ma anche gli altri metalli non ferrosi, tutti in rialzo di oltre il 3% al Lme. Inoltre, si è fatto sentire sui listini azionari. A Londra Glencore ha guadagnato il 7%, quasi raddoppiando di valore rispetto al minimo storico del 28 settembre, e hanno beneficiato di forti rialzi anche gli altri produttori di zinco:  Vedanta, Nyrstar e Boliden sono salite di oltre il 10 per cento.

© Riproduzione riservata