Finanza & Mercati

Più mercato senza perdere i legami con il territorio

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L'ANALISI

Più mercato senza perdere i legami con il territorio

Chi ha presentato ricorso al Tar del Lazio contro la riforma delle popolari non sembra trovare un consenso nella «base» dei soci. È questo il primo responso arrivato ieri dall'assemblea di Ubi Banca, che a Brescia ha approvato praticamente all'unanimità la trasformazione in società per azioni. Da ora in poi Ubi Banca navigherà nel mare aperto del mercato e un ruolo sempre maggiore lo avranno gli investitori istituzionali italiani ed esteri che pesano per il 45% del capitale, ma che finora non avevano voce in capitolo a causa del voto capitario.
Nei prossimi mesi anche le altre grandi Popolari seguiranno la strada percorsa da Ubi. Per tutte, si prospetta un confronto col mercato che non potrà che essere salutare. A partire dalla maggiore facilità nell'innalzare i livelli richiesti sul capitale dalla nuova Vigilanza Europea.

L'eliminazione del voto capitario, che in molti casi consegnava le sorti dell'assemblea alle scelte di una categoria particolare di stakeholders come i dipendenti, faciliterà anche la via delle aggregazioni, indispensabili per creare quelle sinergie di costo da cui dipende il recupero di una redditività sostenibile nel tempo. Elemento che - insieme a capitale, liquidità e governance - fa e farà parte degli scrutini dello Srep condotti dalla Bce.
La vera sfida per chi ha gestito finora le Popolari sarà soprattutto quella di conciliare la nuova veste di Spa aperta al mercato con le esigenze territoriali di sostegno all'economia reale, che stanno nel dna esistenziale della matrice cooperativa. L'Italia dei distretti industriali continua ad avere indispensabile bisogno del credito di banche regionali o interregionali. Banche che però, nel nuovo contesto competitivo delineato dalla Bce, devono essere più solide ed efficienti. Aperte ai capitali internazionali, capaci di dare credito sul territorio a chi lo merita.

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