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Il Brasile pesa su Fincantieri

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Il Brasile pesa su Fincantieri

Arriva la prima «vittima» italiana della mina Brasile. La crisi del paese sudamericano, entrato improvvisamente in recessione, colpisce indirettamente Fincantieri e la fa affondare in Borsa, ai minimi storici. Sul colosso mondiale della cantieristica cade la tegola di Varda, società di cantieristica norvegese, controllata al 55% dagli italiani. Solo che Varda, a sua volta quotata alla Borsa di Singapore, ha lanciato un allarme utili (profit warning) sul trimestre in corso e sull’intero 2015. Proprio a causa del Brasile, e i norvegesi non sono poca roba nel bilancio di Fincantieri: la Vard, da sola, pesa per quasi un terzo del fatturato del gruppo triestino (che nel 2014 ha fatturato 4,3 miliardi, con 66 milioni di utili; e nella prima metà di quest’anno 2,2 miliardi e un bilancio in perdita per 27 milioni) e addirittura il 100% delle attività Offshore. Non solo: Fincantieri consolida integralmente il gruppo in bilancio e quindi non c’è modo di evitare l’impatto, che si preannuncia «significativamente negativo», ha spiegato la società.

Al problema carioca si è aggiunta pure un’altra incognita: i rumors, pubblicati dalla stampa e non smentiti, su un’ipotetica ricapitalizzazione. Fincantieri avrebbe bisogno di nuove risorse fresche per 500 milioni, a soli 16 mesi dalla quotazione che ha portato 341 milioni nelle casse aziendali. A fine 2014, il big mondiale delle navi da crociera aveva 44 milioni in cassa, mentre dopo sei mesi, al 30 giugno, mostrava un indebitamento di 220 milioni.

L’ad Giuseppe Bono potrebbe proporre la misura al cda in calendario il 10 novenbre. L’azienda si è limitata a commentare i rumors con una generica risposta: «Non è stata presa alcuna decisione in merito a un possibile aumento di capitale e non è stato assunta alcuna banca come advisor». Di fatto quasi confermando le indiscrezioni, cosa che al mercato non è per niente piaciuta, a partire dalla più importante banca d’affari del Paese, Mediobanca, che teme l’effetto diluizione; mentre la casa d’investimento indipendente Equita, guidata da Francesco Perilli, ha tagliato il prezzo obiettivo a 0,87 euro, consigliando di non comprare più il titolo. Risultato? Fincantieri crollata in Borsa ieri: sospesa per eccesso di ribasso, ha poi chiuso a 0,59 euro, con una caduta del 13,5%, il peggior ribasso di sempre della società, mentre Piazza Affari brindava a una seduta super brillante.

Sbarcata in Borsa l’estate dell’anno scorso, Fincantieri ha avuto finora un rapporto conflittuale col mercato. Per l’occasione dell’Ipo, la facciata di Palazzo Mezzanotte, la sede del listino milanese, fu addobbata con una gigantesca prua di nave. Un’inutile e costosissima operazione di marketing costosissima che si rivelò malaugurante. La quotazione fu un flop: l’azienda si vide costretta a rimpicciolire drasticamente l’Ipo (da 704 a 450 milioni di azioni messe sul mercato): non c’era abbastanza domanda degli investitori istituzionali e l’azionista Fintecna dovette rinunciare all’incasso. Alla fine Fincantieri debuttò al prezzo minimo della forchetta, a 0,78 euro. Ma nemmeno l’effetto scarsità e un prezzo da saldi hanno fruttato. Dal debutto, Fincantieri ha bruciato un quarto del suo valore ed è finita sotto il prezzo di collocamento. C’era stato però un rally a fine anno scorso e inizio 2015: ad aprile erano stati toccati i massimi, a 0,85 euro.

.@filippettinews