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I QUESITI DE L’ESPERTO RISPONDE

Plus24 Risparmio & Famiglia / Le cose da sapere sullo studio all’estero

  • –a cura di G.Giorgio Fedi e G.Petrucciani

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L’investimento dell’università fuori dall’Italia
di Gabriele Petrucciani

Quest'anno mio figlio prenderà la maturità scientifica. Per l'università con mio marito stavamo valutando di farlo studiare all'estero. Magari a Londra o addirittura in America. Abbiamo valutato che così potrà avere un futuro più ricco di opportunità. Ma quanto costa studiare all'estero? E soprattutto come dobbiamo prepararci?

Sempre più famiglie, mosse dalla preoccupazoine per le prospettive occupazionali, oppure perché desiderose di una preparazione non solo nazionale, oppure per evitare le barriere nazionali previste in alcune facoltà, scelgono per i figli un'università fuori dall'Italia. Lo confermano i dati della ricerca “Generazione Inoccupati? No grazie”, promossa da Fondazione Intercultura e Fondazione Telecom Italia. Secondo l'edizione 2014 dell'Osservatorio nazionale sulle internazionalizzazione delle scuole e la mobilità studentesca, nel 2014 7.300 studenti delle scuole superiori si sono recati all'estero con un programma di studio di lunga durata, con un aumento del 55% rispetto a tre anni fa. Un vero e proprio boom, dunque. E un vero e proprio investimento economico per le famiglie. Soprattutto per quelle che scelgono come mete l'Inghilterra e l'America.

Inghilterra tra le più care
«Nel Regno Unito il precedente governo ha liberalizzato nel 2012 il sistema educativo e di conseguenza le tasse di iscrizione sono aumentate in maniera significativa», spiega Alberto Alemanno, professore di diritto dell'Unione europea alla Hec Paris. Così oggi per frequentare un'università “british” bisogna pagare tra i 10mila e i 15mila euro l'anno in base all'istituto, anche se pubblico. A questi costi bisogna poi aggiungere tante altre spese che a volte non vengono prese in considerazione all'atto della pianificazione. «Come i costi del soggiorno, che possono variare anche di molto in base alla sistemazione scelta», sottolineano da Education First (Ef), una scuola che propone corsi di preparazione a chi sceglie di studiare all'estero.
Di buono in Inghilterra c'è che le tasse non vengono pagate subito, ma solo al termine del percorso accademico. In sostanza tutti i cittadini dell'Unione europea che vogliono studiare nel Regno Unito hanno la possibilità di accedere ai prestiti statali per sostenere le spese universitarie. Un prestito che si comincerà a rimborsare solo dopo aver trovato lavoro. Inoltre, è possibile anche accedere ai cosiddetti “grants”, una sorta di finanziamento a fondo perduto il cui valore varia in relazione al reddito personale o familiare fino a un massimo di 3.000-5.000 euro.
Anche l'America ha le università più costose al mondo, «con spese che si aggirano tra i 25mila e i 30mila dollari l'anno nel pubblico e intorno ai 40mila dollari l'anno negli Atenei privati – aggiungono da Education First –. Certo ci sono diverse forme di finanziamento e borse di studio, ma per accedervi gli stranieri devono avere credenziali molto particolari».

Germania e Paesi scandinavi
«Il sistema educativo europeo è molto frammentato - fa notare Alemanno - Ogni Stato membro ha le proprie competenze e caratteristiche. In linea generale, comunque, possiamo dire che nell'ambito delle università pubbliche la maggior parte dei Paesi europei prevede il pagamento di una retta di un ammontare analogo a quello italiano. È così per la Francia e l'Olanda, per esempio». La differenza la fanno i finanziamenti, anche a fondo perduto e le borse di studio. «In Italia, per esempio, le borse di studio sono poche, relazionate al reddito e non hanno una grande incidenza sulle tasse universitarie», continua Alemanno.
Poi ci sono Stati che invece le tasse non le fanno pagare. È il caso di, Cipro, Danimarca, Grecia, Malta, Finlandia, Svezia, Scozia, Norvegia, Turchia e anche Germania, che ha abolito nuovamente le tasse proprio lo scorso anno. L'Estonia, poi, nel 2014 ha innovato il sistema universitario, correlando la retta al merito. E a pagare sono soltanto gli studenti “fuori corso”. Una struttura meritocratica che è anche presente in Spagna, Croazia, Austria, Polonia e Repubblica Ceca, dove in media la retta annuale viaggia al di sotto dei 1.000 euro. Secondo l'ultima relazione della rete Eurydice della Commissione europea (National student fee and support systems in european higher education), invece, l'Italia è tra i Paesi con tasse universitarie “relativamente elevate”, al pari di Irlanda, Paesi Bassi, Lettonia e Lituania. Mediamente, secondo lo studio elaborato da Bruxelles, si paga una retta che può variare in relazione al reddito tra i 1.000 e i 5.000 euro l'anno, anche se esistono comunque forme di compensazione legate al merito e alle necessità economiche.

Come prepararsi
Accedere alle università oltre confine non è facile. A Londra, per esempio, gli atenei hanno criteri di merito molto stringenti e potrebbero indirizzare il candidato verso altri istituti se il suo curriculum non è considerato idoneo. Ed è ovviamente fondamentale conoscere bene la lingua del posto. «È importante quindi prepararsi per tempo, magari frequentando un corso che ci introduca nelle università straniere – concludono da Education First –. Ci sono gap culturali che devono essere colmati. Noi per esempio abbiamo un percorso di preparazione alle università americane che dura circa 6 mesi e ha un costo di 15.000 euro». Spese che vanno sommate alle eventuali rette, materiale scolastico e alloggio. Un investimento in tutti i sensi.

«Erasmus+» apre agli atenei extra Ue
G.G.F.

Per gli studenti desiderosi di studiare per un periodo all'estero, il principale strumento di mobilità dal 1987 in poi è stato il progetto Erasmus (European region action scheme for the mobility of university students, creato in ambito comunitario. Il progetto ha consentito a un gran numero di studenti di studiare per un periodo da tre a 12 mesi in un'università all'estero (nella Ue e in altri Paesi europei) sulla base di un programma concordato con la propria facoltà e di ottenere dei crediti utili per il proprio percorso di laurea in patria, ottenendo anche una piccola borsa di studio per coprire parte dei costi connessi al trasferimento. Successivamente è stato lanciato il programma Erasmus+, che è la seconda fase del vecchio Erasmus e sarà in vigore fino al 2020: si tratta di un programma più ampio, che prevede anche possibili tirocini all'estero ed estende la mobilità anche al di fuori dei confini europei.
Come funziona? Lo studente che vuole partire deve consultare i bandi presso la propria università – pubblicati sul sto dell'ateneo - e presentare domanda entro le date previste dai bandi. Se si viene ammessi, prima di partire occorre stipulare un accordo finanziario, che copra il periodo di mobilità, con il proprio ateneo e redigere un piano sul programma di studi da seguire all'estero, sottoscritto e approvato dallo studente, dall'istituto di appartenenza e dall'istituto ospitante. La borsa Erasmus per l'anno 2014-2015 era di 280 o 230 euro al mese (a seconda dei Paesi di destinazione) per gli studenti e di 480 o 430 euro per i tirocinanti. Per l'Erasmus+ si può partire più volte nel corso della carriera universitaria, dal secondo anno di corso in poi, ma non si possono comunque superare i 12 mesi di mobilità complessivi per ogni ciclo di studio. E dopo la laurea si può accedere al programma Erasmus Mundus, con cui si può seguire un master o un programma di dottorato in almeno due Paesi Ue (in alcuni casi anche extra Ue) e conseguire un titolo comune.
E se non si riesce ad accedere all'Erasmus, magari per carenza di posti? Esistono diversi programmi di scambio e mobilità che consentono di passare un periodo all'estero e ottenere borse internazionali, spesso basate su accordi bilaterali tra la propria università e altri atenei stranieri. Il consiglio è di informarsi presso gli sportelli universitari che seguono l'internazionalizzazione dell'ateneo.

Più opportunità con la doppia laurea
di Gaia Giorgio Fedi

Una laurea all'estero, ma ottenuta con l'iscrizione e la frequenza di parte del percorso di studi in un ateneo italiano. È il fenomeno delle doppie lauree, o double degree, oggi in rapida ascesa in Italia. Attualmente la maggior parte delle università (soprattutto al Centro-Nord) offre corsi con curriculum integrato tra istituti di diversi Paesi: una parte degli studi viene svolta all'estero e al termine del corso si ottiene una laurea doppia o multipla oppure un'unica laurea congiunta, riconosciuta da tutti gli atenei coinvolti. «Si tratta di una nuova opportunità creata per gli studenti, che prende spunto dai programmi Ue Erasmus Mundus, che favorivano consorzi di università europee per la mobilità geografica degli studenti e l'ottenimento di un titolo doppio o congiunto», spiega Maurizio Marchese, prorettore allo sviluppo internazionale dell'Università di Trento, che offre percorsi di double degree dal 2000. «I programmi di questo tipo hanno registrato una forte crescita in Italia negli ultimi 10-15 anni», prosegue Marchese. In precedenza, lo strumento di mobilità studentesca era l'Erasmus, che consentiva di dare alcuni esami in un'altra università europea ma senza ottenere alcun titolo. «Con la doppia laurea invece nell'esperienza dello studente all'estero c'è anche un allineamento sul percorso di studi dell'altro ateneo, che porta ad avere un titolo riconosciuto», aggiunge Marchese.
Solitamente è possibile accedere al double degree nel biennio di specialistica, in cui lo studente svolge un anno di università in Italia e un anno all'estero, ma non mancano opportunità anche per le lauree triennali. «Passare un anno in un'università straniera e ottenere un doppio titolo consente agli studenti di avere un'esposizione internazionale, sempre più richiesta, qualificare meglio il curriculum e renderlo appetibile per diversi mercati del lavoro», commenta Stefano Caselli, prorettore agli affari internazionali dell'Università Bocconi. «I double degree sono programmi molto ambiti e di solito le richieste sono almeno il triplo rispetto ai posti. Di conseguenza i criteri di selezione sono molto rigidi», sottolinea Caselli. Un impeccabile padronanza dell'inglese (o della lingua dell'ateneo straniero) e ottimi voti sono quindi un requisito necessario. Nel caso della Bocconi, per esempio, «solitamente si può chiedere di accedere a un percorso di double degree dopo essersi iscritto al biennio e aver frequentato il primo semestre: la selezione sul merito avviene sulla base dei voti ottenuti nel triennio», aggiunge Caselli. Ma esistono anche dei corsi ad hoc a cui ci si può iscrivere dall'inizio: la stessa Bocconi ha un corso di questo tipo, con l'università Fudan di Shanghai, e si appresta a lanciare dal prossimo anno un corso a titolo multiplo con cui gli studenti passeranno un semestre a Milano, uno a Parigi, uno a Singapore e uno a Mumbai.

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