Finanza & Mercati

Pop. Vicenza. Ecco il vero valore dell’azione. Con la Borsa…

  • Abbonati
  • Accedi
banche

Pop. Vicenza. Ecco il vero valore dell’azione. Con la Borsa conto salato da oltre 4 miliardi

Gli oltre 100mila soci-clienti della Popolare di Vicenza hanno già visto andare in fumo, con la svalutazione da 62,5 a 48 euro delle azioni, oltre 1,4 miliardi di valore. Un taglio pesante che è però solo l'antipasto amaro di nuove perdite assai più ingenti. Il valore teorico dell'azione dopo la pulizia del bilancio è infatti di circa 30 euro. E non è finita qui.

Con lo sbarco in Borsa della prossima primavera il prezzo è destinato a essere fortemente ridimensionato. La Vicenza si allineerà ai multipli in uso per le banche quotate che oggi girano attorno a 0,7 volte il patrimonio netto. Quei 30 euro di valore per singola azione scenderanno inevitabilmente a poco più di 20 euro. Ma il calcolo ahimè non tiene conto del fatto, come ha appurato Il Sole 24Ore, che il patrimonio netto tangibile della banca in questo momento è di soli 2 miliardi e quindi gli attuali soci hanno in mano un'azione che, valutata ai multipli di Borsa, non vale più di 14 euro. E addirittura advisor e analisti impegnati nel processo pre-quotazione indicano in 10-12 euro il prezzo di mercato dell'azione. Un bagno di sangue che sulla carta vale un falò tra i 4 e i 5 miliardi di soldi investiti dai soci-clienti nell'arco di un ventennio della gestione Zonin. Si vedrà se qualche correttivo potrà essere individuato per salvare il salvabile, ma i numeri impietosi sono questi. E svelano fino in fondo la gigantesca illusione ottica di una banca che sembrava vivere sotto una campana di vetro. Immune apparentemente alla crisi, con un valore dell'azione (stabilito a tavolino dal Cda) che saliva incessantemente. Anche negli anni della crisi, quando le banche quotate vivevano tracolli di Borsa, perdevano ricavi, accumulavano perdite da svalutazioni di sofferenze. A Vicenza, come del resto anche alla conterranea Veneto Banca e in genere in tutte le banche popolari non quotate, la crisi non si vedeva. Non che non ci fosse. Veniva in realtà, come si è visto con le imponenti svalutazioni sui crediti malati e sugli avviamenti, operate dal nuovo vertice e dalla Bce, occultata nei bilanci. Il gioco in fondo era semplice. Per anni Vicenza ha accantonato per coprire sofferenze e incagli molto meno rispetto alla media del sistema bancario. Se accantoni meno del dovuto non fai emergere per tempo le perdite reali della banca. E dai ai soci-clienti l'immagine di una banca più in salute di quanto sia in realtà. Lo si è visto con le maxi-rettifiche imposte tra il 2014 e il 2015 che hanno prodotto in un colpo solo perdite nette per 1,8 miliardi. Per un istituto che faceva in media circa 100 milioni di utili netti l'anno, quella maxi-pulizia dà il senso della gestione disinvolta di crediti malati tenuti a bilancio come se fossero recuperabili. Per dare un'idea di quanto la pulizia fosse tanto doverosa tanto rinviata nel tempo, pur dopo la cura drastica imposta da Francesco Iorio e da Francoforte la Vicenza ha tuttora a bilancio crediti deteriorati netti per un valore di 4,6 miliardi, il 17% del totale impieghi, un livello tra i più alti tra le banche italiane. In fondo a Vicenza si è operato per anni uno scambio perverso tra banca e soci. La pratica del finanziamento accompagnato dall'acquisto di azioni era assai utile alla banca, dato che più crediti elergivi più ti capitalizzavi. E a caro prezzo per i soci dato che il valore dell'azione era crescente nel tempo. E guarda caso Vicenza era tra le poche banche italiane che ha aumentato gli impieghi durante la crisi. Impieghi tanti, ma dati male, dato i livelli di sofferenze accumulate. Ora il Re è nudo e il conto salatissimo lo pagano i vecchi soci e la banca che senza aumento di capitale non può andare avanti a operare.

© Riproduzione riservata