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Grecia, che succede? Tassi in picchiata dal 25% al 6% e dopo 5…

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il recupero di atene

Grecia, che succede? Tassi in picchiata dal 25% al 6% e dopo 5 anni la curva del debito si normalizza

Il 5 luglio vinceva il «no» al referendum greco sull’approvazione del pacchetto di austerity voluto da Bruxelles. I rendimenti dei titoli a breve termine del debito greco volavano oltre il 20%, staccando di molto il rendimento dei titoli a medio-lunga scadenza. Il decennale era al 15%, il 30ennale all’11%. L’elettrocardiogramma della curva dei tassi di Atene indicava inesorabile un quadro clinico grave. Nome della malattia: inversione della curva dei rendimenti. Quando accade una cosa del genere vuol dire, molto semplicemente, che i mercati ritengono probabile un default del Paese e quindi vendono in massa più i titoli a breve che non quelli a lungo termine.

Per la cronaca, della stessa malattia si è ammalata l’Italia nell’autunno del 2011 quando i BoT a 12 mesi rendevano l’8%, superando in alcune sedute il rendimento dei titoli a 10 anni.

Sono passati nemmeno quattro mesi e il quadro clinico greco è ribaltato. Da venerdì scorso i rendimenti dei titoli ellenici si sono normalizzati: le brevi scadenze sono tornate a pagare meno delle lunghe scadenze, come accade normalmente per qualsiasi prestito dato che si suppone sia più rischioso in proporzione alla durata. Il titolo a 2 anni è scivolato al 7,25% e il titolo a 10 anni al 7,4 per cento. Si tratta di un sorpasso storico, che non accadeva da diversi anni. Nel mezzo ci sono stati tre piani di salvataggio (prestiti a tassi agevolati), il primo nel 2010, e altrettanti momenti in cui uno scenario di uscita della Grecia dall’euro era ritenuto molto probabile.

Quello di venerdì non è stato un momento casuale. Questa mattina i rendimenti dei bond ellenici a due anni continuano a crollare, con forti acquisti. Il tasso è sceso al 6,65%, quindi di 60 punti base in una sola seduta. Scende anche il decennale al 7,25% ma la novità, rispetto alla recente storia, è che adesso rende più del titolo a due anni. Come conferma questo grafico tratto da Bloomberg che evidenzia il confronto della curva tra luglio e oggi, mostrando una evidente e rapida normalizzazione.

Bisogna poi considerare che al momento la Grecia non rientra nel programma di quantitative easing della Banca centrale europea, attraverso il quale l’istituto di Francofortte sta acquistando titoli di Stato dell’Eurozona al ritmo di 45 miliardi di euro al mese nel tentativo di liberare risorse per l’economia reale. Nel qual caso i rendimenti - come sta accadendo per tutti gli altri Paesi - sarebbero destinati a scendere ulteriormente. Questo scenario spiega in parte i forti acquisti delle ultime sedute. A questo punto gli investitori iniziano a puntare sul fatto che presto la Grecia possa beneficiare del «Qe» e anche del «Qe2» eventuale che la Bce potrebbe lanciare a dicembre.Recentemente il governatore Draghi ha aperto a questa possibilità.

Tecnicamente, la Grecia si sta avvicinando a rispettare i paletti imposti per la partecipazione al Qe. Nel lanciare il suo programma la Bce ha infatti posto quattro paletti, condizioni essenziali per beneficiare della manovra attraverso la quale la Bce acquisti titoli di Stato a mercato aperto dei Paesi dell'Eurozona in base alla quota di partecipazione di questi ultimi al capitale della banca centrale:

1) non vengono acquistati titoli con scadenza inferiore a due anni;

2) non vengono acquistati titoli per un ammontare superiore al 25% della singola emissione (il 3 settembre la Bce ha ampliato tale soglia al 33% in considerazione della turbolenze dei mercati);

3) non vengono acquistati titoli di quei Paesi di cui la Bce detiene almeno il 33% del debito emesso in bond con scadenza superiore a due anni;

4) non vengono acquistati titoli di quei Paesi che hanno un rating inferiore al grado “investment grade” che non siano sotto la tutela di un programma di protezione della Troika (Ue-Fmi-Bce).

Prima di questa estate la Grecia non rispettava gli ultimi due punti. Ma adesso si avvia a sormontare queste soglie tecniche. Il terzo paletto lo avrebbe da poco centrato. Cerchiamo di capire perché. Il debito in titoli di Stato di Atene ammonta a circa 80 miliardi di euro, ma se si escludono i 15 miliardi di titoli che vanno in scadenza entro 12 mesi (i Treasury Bill con cedola zero esclusi automaticamente dal “Qe”) il debito che entra nel calcolo di fattibilità del “Qe” ammonta a circa 65 miliardi. A luglio, di questi 66 miliardi in pancia alla Bce ve n’erano circa 25 miliardi di cui 19,8 miliardi relativi alle operazioni di Smp (Securities markets programme) effettuate dall'istituto di Francoforte tra il 2010 e il 2012 e 5,4 miliardi relativi all'esercizio del programma Anfa (Agreement on net financial assets). Quindi a luglio la Bce aveva in pancia una percentuale vicina al 37% del debito (oltre il 33% massimo) e per questo la Grecia non poteva rientrare nel «Qe».

Ma a luglio e ad agosto sono andati in scadenza tranche di debito relative al programma Smp per un controvalore di 5 miliardi, il che dovrebbe aver portato la quota del debito greco in mano alla Bce a 20 miliardi, ovvero al 30%.

Il terzo paletto sembra quindi rientrato. Anche il quarto potrebbe essere stato raggiunto perché dal momento che a metà luglio la Grecia ha firmato per il terzo salvataggio europeo da 82 miliardi, ha aderito al piano Esm. Quindi pur non avendo ancora un rating da “investment grade” potrebbe rispettare la quarta condizione per rientrare nel programma Qe. Ipotesi che permettere ad Atene di tornare ad emettere anche titoli più a lungo termine che non richiedono un estenuante confronto continuo con il mercato.

A questo punto, le questioni tecniche sembrano risolte. Resta da sciogliere il nodo politico. Ma i mercati iniziano a credere in una svolta a breve.

twitter.com/vitolops

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