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Xavier Niel, il finanziere senza cravatta con 8 miliardi in cassa

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IL PERSONAGGIO

Xavier Niel, il finanziere senza cravatta con 8 miliardi in cassa

PARIGI - Capello lungo, jeans e camicia bianca rigorosamente senza cravatta, Xavier Niel non assomiglia per nulla ai suoi colleghi del gotha imprenditoriale e manageriale francese. D’altronde la sua storia non ha nulla a che vedere con il classico percorso di formazione dei grandi patron d’Oltralpe. Niel è un autodidatta, piuttosto una rarità dalle parti di Parigi. E uno che adora sconvolgere le regole, gettare una pietra nello stagno dello statu quo. Soprattutto se in ballo ci sono dei quattrini.

Nato nel 1967 in una famiglia della media borghesia di Maison-Alfort, tranquilla cittadina a Sud della capitale, si appassiona all’informatica a 15 anni, quando suo padre gli regala un Sinclair ZX81. Una passione che non lo abbandonerà mai più.

Nel 1984, a 17 anni, capisce che il Minitel (l’antenato di Internet, in qualche modo) ha delle straordinarie potenzialità. Abbandona gli studi (peraltro in matematica), crea la prima società e si getta in uno spazio che gli sembra più che promettente, quello del sesso e degli incontri. Inizia a guadagnare i primi soldi che investe anche in alcuni sexshop e peepshow a Parigi e Strasburgo.

Un esordio nel mondo degli affari che qualche anno più tardi (nel 2004) gli costerà un mese di carcere alla Santé e l'accusa di prossenitismo (vicenda che si chiuderà con l’archiviazione), oltre a quella di uso improprio di beni societari (sarà per questo condannato a due anni, sia pure coperti dalla condizionale, e 250mila euro di multa).

Nel frattempo ha fondato Iliad (pensando al cavallo di troia che gli hackers introducono in sistemi ritenuti inviolabili) e Free, scommettendo sul futuro di Internet. Dalla fine degli anni 90 la sua fissazione è quella di inventare uno strumento che consenta la connessione a Internet, il collegamento telefonico e quello alla televisione.

Il 1° novembre del 2002 il Niel genio dell'informatica – ma anche del marketing – lancia la Freebox con la sua offerta triple pay. Una rivoluzione tecnologica made in France (a 29,90 euro, un terzo in meno rispetto alle proposte del mercato di allora) che costringerà tutti ad andargli dietro.

Niel diventa ricco e investe in due direzioni: il finanziamento delle start up, con la creazione di fondi finalizzati, spesso insieme ad altri protagonisti della nuova ondata high tech francese (a fine 2010 la rivista americana Business Insider cita la sua Kima Ventures come il business angel più importante al mondo per numero di partecipazioni), e i media. Nel 2010, insieme a Pierre Bergé e Matthieu Pigasse, compra Le Monde. Poi il Nouvel Obs. E poi entra in molti siti di giornalismo d’inchiesta, da Mediapart a Bakchich fino ad Atlantico.

Ma il core business rimane quello di Internet e delle telecomunicazioni. Su un mercato ingessato, in mano a tre grandi operatori che fanno utili a palate, lancia nel gennaio del 2012 l'offerta Free Mobile, a 19,90 euro, con telefonate illimitate verso numeri francesi e di altri 40 Paesi. Un’altra rivoluzione, che trasformerà completamente lo scenario, mettendo in difficoltà i concorrenti e portando Free a conquistare, in tre anni, una quota del 16% e 11 milioni di clienti, diventando il terzo operatore francese.

La casa madre Iliad – di cui Niel ha il 55% - ha ormai una capitalizzazione di 11,2 miliardi e ha chiuso il primo semestre con ricavi per 2,2 miliardi (+7%), un Ebitda di 725 milioni (+16%) e utili netti per 163 milioni (+ 16%), con un indebitamento di 1,3 miliardi. E l’obiettivo è di arrivare al 25% del mercato.

Sposato in seconde nozze con la figlia di Bernard Arnault, proprietario del numero uno globale del lusso Lvmh – entra nella top ten dei miliardari francesi: al nono posto, con un patrimonio personale di 8 miliardi. Apre una scuola, gratuita, per geek e investe 200 milioni in quello che dovrebbe diventare “il più grande incubatore al mondo di start up”.

Comincia anche a guardarsi attorno in cerca di obiettivi per una crescita esterna: sborsa 322 milioni per comprarsi Monaco Telecom, trasformata nel laboratorio tecnologico del gruppo, e 2,3 miliardi per il terzo operatore mobile svizzero Orange Suisse. Fallisce l’acquisizione di T-Mobile negli States (un'operazione da 18 miliardi, con due fondi americani; soldi, alleati e linee di credito non gli mancano), ma la corsa alle opportunità – su mercati dalle forti potenzialità e in vista dell'inevitabile riassetto delle tlc europee – continua. Oggi in Italia, dove potrebbe anche giocare un ruolo di complementarietà rispetto a Bolloré. Domani, si dice, in Belgio.

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