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Il giallo di Parigi e i silenzi italiani

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L’ANALISI

Il giallo di Parigi e i silenzi italiani

Per molto meno l’Argentina si è mossa a bloccare il passaggio del controllo di Telecom Argentina, un’operazione già conclusa tra venditore (Telecom Italia) e compratore (il fondo Fintech di David Martinez).

Per molto meno, l’Authority argentina delle tlc - un organo, è vero, nominato dalla politica - ha bloccato una transazione già stata “pagata” in anticipo: non si può consegnare le redini del secondo gruppo di tlc del Paese alla finanza, non si può assoggettarne le politiche industriali alle logiche di investitori finanziari. Sebbene il messicano Martinez non sia un perfetto sconosciuto in Argentina, e goda di ottima reputazione, gli è stato imputato di voler rilevare il controllo di Telecom Argentina senza avere competenze nelle tlc e con una società costituita nel Delaware soltanto nel 2013, con un track record cioè non sufficientemente“affidabile” alle spalle. Oltretutto il sospetto è che si trattasse di un portage. Può darsi che nella sonora bocciatura dell’Authority argentina abbiano avuto un peso anche altre logiche, ma il dato di fatto è che sarà difficile smontare la tesi pubblica. Nel caso del riassetto dell’azionariato di Telecom Italia, nel dopo Telco, gli ingredienti per un giallo dagli analoghi risvolti ci sono tutti eforse di più. La differenza è che, sebbene si tratti non del secondo player bensì del primo, a Roma tutto tace.

Tutta Italia si sta interrogando sulle mosse di un finanziere, Xavier Niel, che pur avendo il controllo di un gruppo attivo nelle tlc - Iliad - si è fatto avanti a prenotare l’11,2% di Telecom con un veicolo finanziario, Rock Investment, costituito - coincidenza - anch’esso nel 2013. Oltretutto postponendo l’esercizio dei diritti per rilevare le azioni a partire da metà 2016.

Ci sono due filoni dietrologici. «Il buon Bollorè ci sta prendendo in giro tutti quanti un’altra volta», è stato il commento di un navigato banchiere d’affari che si è iscritto al filone di chi pensa che due finanzieri d’Oltralpe non vengano a farsi la guerra in Italia, giocando fuoricasa su un terreno scivoloso come quello delle tlc. Se il presidente di Vivendi e il suo collega francese appena entrato in scena fossero d’accordo, c’è da scommettere che non se ne troverà mai la prova. In questo scenario sarebbe comunque relativamente semplice sottrarsi all’obbligo di Opa. Infatti, con la conversione delle azioni di risparmio - che Telecom ha in canna, in attesa che ne maturino le condizioni (e ieri c’eravamo vicini visto che lo sconto tra le due categorie di azioni si è ampliato al 20%) - i due pacchetti transalpini sommati insieme, che sul capitale ordinario superano il 31%, si diluirebbero a meno del 22%, sotto cioè la soglia dell’Opa che per Telecom è fissata al 25%.

Ma, a credere alle indiscrezioni che si raccolgono dietro le quinte, non sarebbe questo lo scenario. Perchè in realtà Niel, che pure conosce bene Bolloré, non avrebbe nemmeno usato la cortesia di informarlo con due minuti di anticipo. Già è bizzarro in sè che il nuovo socio di riferimento non sia nemmeno rappresentato in consiglio: come avere comprato un appartamento senza averne le chiavi.

Quella di Niel potrebbe essere semplicemente un’incursione finanziaria, ma anche chi la butta lì non ci crede poi molto. Oppure - ed è un dubbio sempre più insistente - si tratta solo della prima tappa di un percorso, per vedere “l’effetto che fa”. Ma chi dovrebbe reagire se non il Governo che di Telecom è lo stakeholder implicito? Nessuno si sognerebbe di scalare un incumbent europeo delle tlc senza avere il gradimento del Paese. Se si lasciasse briglia sciolta alle logiche della finanza, il modo più rapido per estrarre valore da Telecom sarebbe quello di farla a pezzi: via il Brasile, via l’Argentina e magari via anche alla rete che potrebbe tornare allo Stato. Ma poi chi farebbe i conti con l’occupazione? In uno scenario di questo tipo si stima che almeno 15mila dipendenti sarebbero a rischio di ritrovarsi da un giorno all’altro in mezzo alla strada. E poi c’è Sparkle, la rete intercontinentale di fibra ottica che negli anni ’90, quando al vertice di Telecom c’era il very powerful chairman Gianmario Rossignolo, gli americani di AT&T avevano chiesto in gestione.

Certo che, se fosse questo il disegno occulto, un “puntello” in Italia il finanziere Niel dovrebbe pur averlo. Dopo la mossa, analogamente strana, del finanziere russo Mikhail Fridman verso Oi-Tim Brasil il mistero, anzichè dissolversi, si infittisce.

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