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Pagare lo Stato per investire in BoT, il paradosso dei titoli a tassi…

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Pagare lo Stato per investire in BoT, il paradosso dei titoli a tassi negativi che oggi valgono il 40% del mercato

Affidereste i vostri risparmi a una banca se questa vi promettesse di restituirvi al termine del periodo concordato una cifra inferiore a quella che voi gli avete versato? È facile intuire la risposta: no perché non mi conviene. Eppure, mutatis mutandis, questo è quello che sta succedendo sul mercato dei titoli di Stato europei da qualche tempo a questa parte.

I rendimenti di una fetta importante dei titoli governativi continentali tratta a tassi sotto zero. Gli investitori che li acquistano sul mercato primario e secondario non ricevono alcuna remunerazione ma anzi si vedono addebitare di fatto una commissione per «parcheggiare» la liquidità in questi titoli. E gli Stati per contro non si trovano più a pagare un costo (il tasso di interesse) sulle proprie operazioni di rifinanziamento ma, trovandosi a restituire a scadenza una cifra inferiore a quella raccolta, di fatto ci guadagnano ad indebitarsi.

In passato sono stati soprattutto i Paesi considerati più solidi a beneficiare del “paradosso” dei tassi negativi: la Germania, la Francia, i Paesi Bassi, la Finlandia... Oggi a questo “club esclusivo” si è aggiunta anche l'Italia. All'asta di CTz di martedì scorso il Tesoro ha raccolto 1,75 miliardi di euro con un tasso medio negativo dello 0,023% mentre al collocamento di BoT semestrali in asta mercoledì i 6 miliardi di titoli sono stati piazzati ad un rendimento a -0,055%. In entrambi i casi la domanda è stata molto sostenuta con richieste superiori a due volte l'ammontare offerto.

Secondo una stima di BofA Merrill Lynch il loro controvalore si attesta intorno ai duemila e seicento miliardi di euro. Una cifra che equivale al 40% dell'intero mercato obbligazionario nell'area euro. I titoli a tasso sotto zero - segnala sempre BofA - valgono di più dell'intero mercato delle obbligazioni societarie europee il cui controvalore è di mille e 900 miliardi di euro.

Perché tutta questa corsa ad acquistare titoli che rendono meno di zero? Perché le banche, come farebbe qualsiasi risparmiatore, non decidono semplicemente di rinunciare all'investimento tenendo la liquidità parcheggiata in altri strumenti come i conti deposito? Questa contestazione sarebbe ovvia e legittima se, come in linea di principio dovrebbe essere, questi conti deposito fruttassero interessi o quantomeno non richiedessero commissioni.

Il problema è che i tempi che stiamo vivendo non sono normali e se oggi una banca, invece che comprare BoT o CTz a tassi negativi, preferisse tenersi la liquidità parcheggiata finirebbe col rimetterci di più. La Bce, che è la “banca delle banche”, da tempo ha portato in negativo dello 0,2% i tassi sui depositi e all'ultimo direttivo ha fatto capire di essere pronta a ridurli ulteriormente.

Se parcheggiare la liquidità presso la Bce implica il pagamento di commissioni è necessario trovare alternative più convenienti. Acquistare titoli di Stato a breve scadenza è una di queste. Un'alternativa che, per quanto antieconomica (per via dei tassi negativi), può risultare più conveniente nella misura in cui il rendimento sotto zero è comunque più favorevole rispetto alla commissione (cioè il tasso di deposito a -0,2%) che la Bce richiederebbe. In questo caso un BoT semestrale che ha un tasso negativo dello 0,055% garantisce un “premio” (se così si può dire) dell'1,45% rispetto al parcheggio Bce. In entrambi i casi insomma l'investitore ci perde ma comprando BoT la perdita è più contenuta.

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