Le compagnie petrolifere rischiano di fare la fine delle multinazionali del tabacco, costrette a risarcimenti milardari per aver occultato al pubblico la pericolosità dei loro prodotti. Ad aprire questo scenario è un’indagine appena avviata dal procuratore generale di New York nei confronti di ExxonMobil.
Il colosso americano del petrolio è sospettato di aver rivelato troppo tardi e in modo inadeguato - pur essendone consapevole da anni - i rischi relativi al cambiamento climatico. Rischi per l’ambiente e per la salute, legati all’impiego di combustibili fossili (di qui l’analogia con le sigarette), ma anche rischi per gli investitori: l’adozione di politiche contro il climate change comporta infatti una riduzione forzata del consumo di idrocarburi e quindi del valore delle riserve delle compagnie, condannandole a restare in gran parte nel terreno.
Exxon respinge ogni addebito, ma gli investigatori, che hanno richiesto documenti interni risalenti addirittura agli anni ’70 , sono decisi a scavare a fondo. E non è escluso che altri procuratori generali decidano di seguire l’esempio, magari coinvolgendo anche altre compagnie. Lo scandalo minaccia di allargarsi a macchia d’olio e in caso di condanna l’esito potrebbe essere simile a quello provocato da simili indagini nei confronti dell’industria del tabacco.
La magistratura americana ha accertato che negli anni ’50 e ’60 i produttori di sigarette avevano finanziato ricerche interne che ne dimostravano la pericolosità, ma le avevano nascoste al pubblico, diffondendo invece altri studi che negavano o mettevano in dubbio tali rischi. Nel 2006 si arrivò alla condanna per frode.
Secondo il New York Times, che è stato il primo a diffondere la notizia dell’indagine su Exxon, anche Peabody Energy, il maggior produttore Usa di carbone, è oggetto da ben due anni di indagini simili. Finora tuttavia non è stata formalizzata nessuna accusa.
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