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UniCredit, oltre un miliardo di taglio-costi nel nuovo piano

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BANCHE

UniCredit, oltre un miliardo di taglio-costi nel nuovo piano

L’intervento sarà al cuore: Italia, Austria, Germania. Perché è qui, secondo il ceo Federico Ghizzoni, che UniCredit contiene le maggiori potenzialità inespresse: in termini di ricavi (in più), di assorbimento di capitale (in meno) e di efficientamento, con la razionalizzazione di una struttura alleggerita negli anni ma che ancora porta con sé ridondanze e sovrapposizioni che - a maggior ragione in tempi di Vigilanza unica - non hanno più senso.

I dettagli del piano industriale verranno messi a punto nelle prossime ore, ma ai comitati di giovedì scorso il consigliere delegato - tornato a concentrarsi pienamente sul tema dopo la decisione del Riesame sul caso Palenzona e le verifiche interne - avrebbe illustrato le sue linee portanti. Che saranno tre: risparmi sulla struttura, alleggerimenti (con la possibilità di cessioni) per ridisegnare il business in Austria e Germania, potenziamento del digital banking e di tutte le attività a maggior ritorno commissionale, che vanno dai servizi all’export al private banking fino all’asset management, valorizzando da un punto di vista industriale e non solo di capitale l’integrazione di Pioneer con la società di settore di Santander, che dovrebbe finalmente vedere la luce nel 2016. E poi il credito: che intende rimanere uno dei tratti distintivi della banca.

Nella sua veste definitiva, l’aggiornamento del piano presentato a inizio marzo 2014 finirà sul tavolo del consiglio mercoledì mattina. Ma il momento della verità arriverà nel pomeriggio, quando sarà presentato agli analisti e si inizierà a vedere l’accoglienza del mercato: obiettivo dell’operazione, infatti, è ribadire il messaggio lanciato (e colto) con la semestrale, e cioè che UniCredit è una banca capace di generare capitale in autonomia. E che quindi non necessita di un aumento per mantenere e migliorare i requisiti, sempre più stringenti, imposti dai regolatori alle banche sistemiche. Giusto 20 mesi fa, quando l’11 marzo Ghizzoni aveva presentato un bilancio in rosso per 14 miliardi a causa delle svalutazioni e un piano improntato alla crescita organica, la reazione del mercato - a cui piacciono le pulizie e i piani realistici - era stata anche più positiva del previsto, con un balzo del 6,2% a Piazza affari: l’auspicio, evidentemente, è ora di fare il bis.

Non a caso, si ripartirà dal piano del 2014. Che resta valido nelle sue linee guida ma prende atto di un contesto decisamente diverso da quello previsto allora: in pochi, allora, prefiguravano tassi negativi, una crescita così sofferta (soprattutto in alcune aree centro-est europee) e un’inflazione così piatta. È per questo che i target intermedi fissati allora per il 2016 di fatto sembrano alla portata laddove si trattava di agire sulla banca - il cost/income atteso al 59% era già sceso al 59,9% a metà 2015, il costo del rischio è già 4 punti base al di sotto degli 83 previsti, il Cet1 ratio viaggia sopra al 10,4% fissato per il 2016 - ma restano lontani quando la variabile-contesto è decisiva. La redditività, ad esempio, con un Rote al 5% a metà 2015 è ben diversa dall’8% atteso nel 2016, e gli utili netti - un miliardo nei primi sei mesi di quest’anno - difficilmente potranno toccare i 3,6 miliardi nel prossimo esercizio.

È così che alcuni di questi target saranno rivisti. Ma non troppo, perché i correttivi saranno significativi anche sul fronte della struttura. Anzitutto, i costi: sul tavolo, c’è la riduzione di 12mila unità della forza lavoro, per lo più in Germania e Austria. Nel primo caso, nel mirino c’è l’attività retail, dove il cost/income è dell’80%, che mediato con il corporate scende al 68%, con un ritorno sul capitale del 9,9%. Anche in Austria è sul tavolo la cessione delle attività retail della controllata, anche se l’ipotizzata vendita a Bawag Psk Bank potrebbe rivelarsi più complicata del previsto dal momento che i proprietari del fondo Cerberus avrebbero a loro volta deciso di disfarsene. Una cura dimagrante, però, dal punto di vista dell’architettura societaria così come delle strutture centrali, potrebbe riguardare anche la sub-holding che fa capo a Bank Austria: nel 2016, infatti, scadono gli accordi stipulati ai tempi dell’acquisizione che prevedevano il mantenimento a Vienna della sub-holding cui fanno capo tutte le controllate nel Centro est Europa, dalla Russia alla Turchia; smontare la holding e centralizzare le funzioni di governo a Milano potrebbe portare benefici in termini di efficienza e costi. Tra le cessioni, questa volta in Italia, potrebbe esserci il leasing, a cui sarebbero interessati diversi operatori del settore, mentre si dà per ceduta la controllata ucraina Ukrsotsbank, anche se forse si renderà necessario un prolungamento dell’esclusiva ad Alpha Bank.

Il tutto, ha spiegato Ghizzoni in settimana, sarà accompagnato da iniziative orientate a potenziare la crescita e lo sviluppo, delle commissioni e dei crediti. Non a caso, i 4,5 miliardi di investimenti previsti nell’arco di piano dovrebbero essere uno dei pochi numeri confermati.