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Banche, via libera al «bail-in» dal 2016

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salvataggi bancari

Banche, via libera al «bail-in» dal 2016

Dal Governo ieri è arrivato il definitivo disco verde al bail-in, ovvero al provvedimento secondo cui, a partire dal primo gennaio 2016, il salvataggio delle banche in difficoltà dovrà avvenire anche con il supporto dei creditori della banca stessa. Ma, nel contempo, è arrivato un primo via libera (non definitivo) che sancisce il possibile addio all’obbligo delle “trimestrali” da parte delle società e l’innalzamento dal 2 al 3% delle soglie per la comunicazione delle partecipazioni rilevanti.

Andiamo con ordine. Ieri il Consiglio dei ministri ha approvato i due schemi di decreto legislativo con cui recepisce la Brrd (Bank Recovery and Resolution Directive). Con questa misura si punta a definire un quadro armonizzato a livello europeo in caso di risanamento delle banche in crisi. Ma, soprattutto, a ridurre al minimo l’impatto sulle casse dello Stato in caso di eventuali salvataggi.

Atteso da mesi, e già passato all’esame del Cdm venerdì scorso, il testo approvato ieri diventa un tassello fondamentale, sebbene non sufficiente, a far scattare il salvataggio delle quattro banche in crisi (Carife, Banca Marche, Banca Etruria e Carichieti) da parte del fondo salva-banche. Un dossier, quest’ultimo (si veda articolo in pagina) su cui la messa a punto è ancora in corso. Nel dettaglio, con il recepimento della Brrd l’Italia si allinea alle richieste europee sul tema della disciplina dei piani di risanamento bancari, dell’amministrazione straordinaria e della liquidazione coatta amministrativa e definisce nel dettaglio poteri e funzioni dell’autorità di risoluzione nazionale (nata in seno a Banca d’Italia).

Gli effetti per i risparmiatori

Con la Brrd, dunque, viene definita in maniera dettagliata la gerarchia dei soggetti che saranno coinvolti nel salvataggio di una banca. Dal primo gennaio 2016, nel caso in cui una banca finisca in dissesto, a contribuire al salvataggio saranno chiamati in prima battuta gli azionisti delle banca, poi i detentori di obbligazioni subordinate (strumenti Additional tier 1 e tier 2) e senior e, in ultima battuta, i correntisti. In quest’ultimo caso, tuttavia, il rischio riguarda solo la liquidità superiore ai 100mila euro detenuta sul conto corrente. Ad azionisti e creditori sarà chiesto un contributo pari all’8% del passivo della banca in crisi. Oltre, interverranno le banche tramite il Fondo di risoluzione. Fuori dal rischio bail-in ci sono invece i correntisti fino a 100mila euro, i possessori di covered bond, e i debiti verso dipendenti, fisco, enti previdenziali e fornitori. I testi approvati ieri hanno accolto alcune delle modifiche chieste dalle commissioni parlamentari. La più attesa era quella che sposta al 1° gennaio 2019 l’avvio della “depositor preference estesa”. In pratica, fino al 2019 in caso di bail-in i prestiti non garantiti emessi prima di oggi verranno “aggrediti” nella stessa misura (pari passu) con i depositi interbancari e delle imprese corporate. Dal 2019 si darà avvio alla depositor preference estesa. Tradotto: le obbligazioni bancarie non garantite saranno colpite in via prioritaria rispetto ai depositi non garantiti diversi da quelli di persone fisiche e Pmi. Con questo regime transitorio si evita il rischio che gli obbligazionisti si possano ritrovare in portafoglio strumenti più rischiosi di quanto previsto inizialmente.

Nel corso del Cdm di ieri, infine, sono stati approvati in via preliminare (ci sono 60 giorni per apportare modifiche) due importanti schemi di decreti legislativi in materia finanziaria. Il primo riguarda il recepimento delle modifiche alla direttiva Transparency (2013/50/Ue). Punti salienti del provvedimento sono l’innalzamento della soglia oltre la quale scattano gli obblighi di notifica al mercato delle partecipazioni azionarie rilevanti: si passa dall’attuale livello del 2 al 3%, come accade in molti paesi europei. L’altro tema approvato riguarda l’abrogazione della rendicontazione trimestrale delle società emittenti. A Consob il potere di reintrodurla solo previa «realizzazione di un’analisi di impatto da cui emerga l’assenza di oneri eccessivi per le aziende», si legge in una nota.

Approvato, sempre in via preliminare, anche il decreto legislativo che recepisce Deposit Guarantee Schemes Directive (Dgsd) che istituisce un quadro normativo armonizzato a livello Ue in materia di sistemi di garanzia dei depositi.

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