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Enel, maxi-riassetto e fusione con Egp

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Energia

Enel, maxi-riassetto e fusione con Egp

Enel approva il progetto di fusione di Enel Green Power e annuncia un piano industriale che accelera la capacità di accrescere i margini e aumenta gli investimenti per la crescita, ma che prende anche atto con un certo coraggio del deterioramento della situazione economica in Sudamerica e di una maggiore debolezza dei prezzi dell'energia in Spagna e Italia. Le scelte strategiche dell'ad Francesco Starace, che ieri ha presentato a Londra l'aggiornamento del piano industriale, hanno colto in contropiede anche il mercato (Enel ha chiuso in ribasso del 3%) che si aspettava stime di evoluzione dell'Ebitda un po' più alte rispetto ai numeri annunciati ieri.
Il piano di integrazione di Enel Green Power, che sarà realizzato attraverso una scissione non proporzionale degli asset della controllata delle rinnovabili, prevede un concambio di 0,486 azioni Enel per ogni azioni Enel Green Power (riconoscendo un piccolo premio per Egp rispetto alla chiusura in Borsa di martedì) e la possibilità di un diritto di recesso per gli azionisti non vogliono aderire a un prezzo di 1,78 euro per azione Egp. La società ha previsto un limite orientativo al recesso, fissato a 300 milioni, ma si riserva poi in base alle richieste del mercato di decidere se andare avanti con l'operazione o meno. Agli attuali prezzi di Borsa, un recesso nei limiti previsti richiederebbe un aumento di capitale (attraverso l'emissione di 770 milioni nuove azioni Enel) da circa 2,7 miliardi comportando una diluizione dell'azionista ministero dell'Economia dal 25,5% attuale al 23,569 per cento. «La decisione di procedere con questa operazione è stata presa tenendo conto della dimensione di Enel e della nostra capacità di creare valore. La discesa sotto la soglia del 25% credo che sia più una considerazione di carattere psicologico piuttosto che un problema reale», ha risposto Starace a chi gli chiedeva le ripercussioni in termini di maggioranza in assemblea o di contendibilità di Enel dopo la diluizione del Tesoro. Le assemblee per l'approvazione del merger sono fissate per l'11 gennaio.

L'integrazione di Egp è un passaggio cardine del piano industriale presentato ieri, che punta sulla semplificazione societaria, iniziata nel 2014 con lo scorporo della cilena Enersis da Endesa e proseguita con il riassetto in corso di tutte le partecipazioni in Sudamerica . «Enel Green Power è un fattore crescita fondamentale gruppo – ha detto l'ad -. Dalle rinnovabili arriverà 50% della crescita incrementale degli investimenti e dell'Ebitda prevista dal nuovo piano. È un leader a livello globale, ha la pipeline più diversificata e qualità negli asset rinnovabili, capacità di sviluppo ed esecuzione a livello di eccellenza. L'integrazione consentirà anche l'adozione nel gruppo Enel delle best practise di Egp». L'integrazione consentirà al settore delle rinnovabili di contare su investimenti aggiuntivi per 1,3 miliardi, fino ad arrivare a una capacità istallata di 7,7 gigawatt nel 2019. Le sinergie con Enel porteranno un incremento di 150 milioni in termini di Ebitda e 200 milioni di utile netto a livello di gruppo.
Il piano presentato ieri prevede un'accelerazione degli investimenti e del raggiungimento dei target di crescita dei margini. Gli investimenti destinati alla crescita aumentano di 2,7 miliardi, portando a 17 miliardi il montante complessivo entro il 2019. L'obiettivo è anche un aumento complessivo dell'ebitda da 6,7 a 7,2 miliardi entro il 2019 e risparmi complessivi per 1,8 miliardi. I target per le dismissioni salgono da 5 miliardi a 6 miliardi (e in parte saranno realizzate da Egp, che tra l'altro guarda al mercato tedesco per crescere nel geotermico), di cui 1,9 miliardi già eseguiti e 2 in esecuzione, e tra questi c'è la cessione del 33% di Slovenske Electrarne attesa entro fine anno. Circa 2 miliardi dei proventi delle cessioni saranno destinati ad acquisizioni. Starace ieri ha annunciato che il gruppo sta guardando a occasioni di acquisto di reti di distribuzione di “media o grande” taglia in varie parti del mondo, tra cui in particolare Stati Uniti e Brasile.

Confermata la politica dei dividendi, con aumento del pay-out del 5% all'anno, dal 50% del 2015 fino al 65% nel 2019 e un dividendo di 0,16 euro per il 2015 e 0,18 per il 2016. Il piano prevede anche 6 mila prepensionamenti e 2 mila assunzioni.
L'approccio realistico del piano fa perno sulla presa d'atto del “deterioramento dal marzo scorso” del contesto economico a livello globale. Le assunzioni del piano si basano sull'allineamento all'andamento della curva forward dei prezzi dell'energia, con un taglio del 6% rispetto alle stime di marzo scorso. Ancora, è attesa una contrazione della domanda in Italia e Spagna attorno al 2%, mentre la crisi in Sudamerica peserà sulla domanda, sulle valute e su possibili inasprimenti fiscali. Il risultato è un piano industriale meno ottimistico per il prossimo biennio: l'Ebitda resta fermo attorno a 15 miliardi fino al 2017 (14,7 miliardi nel 2016), l'utile netto arriva 3,4 miliardi nel 2017. La crescita viene spostata al biennio successivo. In compenso i target sul debito netto vengono corretti al ribasso: il debito 2015 sarà sotto le attese, a 38 miliardi contro oltre 39 previsti. Il target al 2019 è 37 miliardi. Nel 2016 è previsto il riacquisto di bond per 4 miliardi di euro. «E' un piano ambizioso ma anche sostenibile perché caratterizzato da flessibilità» ha chiosato ieri Starace.

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