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La crisi delle materie prime travolge i trasporti marittimi

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a picco l’indice baltic dry

La crisi delle materie prime travolge i trasporti marittimi

Minerarie e armatori condividono la stessa crisi. L’indice Baltic Dry, riferito ai noli marittimi per carichi secchi, come minerale di ferro e carbone, è ai minimi storici, dopo essere crollato di oltre il 60% negli ultimi dodici mesi e del 95% rispetto al picco del 2008. Colpa della Cina che non importa più come un tempo, spiegano gli esperti, ma anche del numero eccessivo di navi in circolazione, problema che in fondo è a sua volta legato indirettamente alla Cina. Era infatti stato il suo appetito di materie prime, apparentemente insaziabile, a indurre all’errore strategico di ampliare a dismisura le flotte.

Lo stesso errore l’hanno commesso le società estrattive, investendo - molto spesso a leva - decine di miliardi di dollari per acquistare asset ed espandere miniere che oggi non servono più, se non ad alimentare un surplus di offerta micidiale per le quotazioni di metalli e minerali.

L’economia cinese sta crescendo al ritmo del 6,9%, il più basso da sei anni, e il modello di sviluppo appare sempre meno “commodity intensive”. In generale il commercio mondiale - che avviene per oltre il 90% via mare - non se la passa bene: nei giorni scorsi l’Ocse ha segnalato che per quest’anno prevede una crescita di appena il 2%, un fatto «profondamente preoccupante», ha spiegato la capoeconomista Catherine Mann, perché un incremento così basso si è visto solo 5 volte negli ultimi cinquant’anni e sempre in coincidenza con recessioni globali (nel 1975, nel 1982-83, nel 2001 e nel 2009).

Il Baltic Dry Index, che esiste dal 1985, è sceso per il ventunesimo giorno consecutivo e per la prima volta nella storia ha sfondato al ribasso la soglia di 500 punti. Un tempo era considerato un buon anticipatore dello stato di salute dell’economia mondiale, anche se negli ultimi anni è diventato indicativo soprattutto della domanda cinese. Nel 2008, al culmine del rally delle materie prime, era arrivato fino al record di 11.783 punti.

Agli attuali livelli gli armatori faticano ad arrivare al breakeven per il trasporto di carichi secchi, anche se il crollo del petrolio ha consentito forti risparmi sui combustibili. I noli per le capesize, navi di grandi dimensioni, capaci di trasportare carichi di 150mila tonnellate, sono intorno a 4mila $ al giorno a fronte di costi operativi di circa 7.500 $.

La situazione è paradossalmente opposta nei trasporti marittimi di petrolio e carburanti: l’eccesso di offerta e la competizione tra gli esportatori hanno spinto in questo caso a movimentare volumi elevati e i noli per le grandi petroliere hanno addirittura superato 100mila $ al giorno in ottobre, ai massimi dal 2008 (oggi sono intorno a 70mila dollari).

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