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Telecom, slitta la risposta del cda ai fondi

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Telecom, slitta la risposta del cda ai fondi

  • –Antonella Olivieri

Doveva essere un consiglio in audioconferenza, per sbrigare in pochi minuti una pura formalità: integrare l’ordine del giorno dell’assemblea Telecom del 15 dicembre, come richiesto da Vivendi per fare ingresso nel board, appurato - e su questo non ci sono dubbi - che il socio translapino detiene più del 2,5% del capitale e quindi è legittimato a farlo. Invece non si sa se il cda sia saltato o se si sia tenuto ugualmente, ma in ogni caso sarà necessaria un’altra riunione prima della scadenza-limite del 30 novembre per dar corso alla richiesta di Vivendi (quattro candidati amministratori, al di fuori del meccanismo del voto di lista). Una richiesta che è stata osteggiata dai fondi che hanno chiesto al board di esprimersi nel merito.

È un dato di fatto che Telecom si trovi in mezzo ai due fuochi. Da una parte c’è Vivendi, maggior azionista con una quota del 20,1% che, fino a prova contraria, può essere definito di riferimento, ma che finora non è rappresentato nel board, se si eccetua la presenza del consigliere di sorveglianza Tarak Ben Ammar, il quale però era già nel cda Telecom dal precedente mandato. Il gruppo presieduto da Vincent Bolloré aveva fatto capire chiaramente che avrebbe gradito essere “invitato” nel board della partecipata telefonica, ma che altrimenti non avrebbe chiesto rimpasti prima della scadenza naturale del consiglio, che coinciderebbe con l’assemblea di bilancio della primavera 2017.

C’è stata però la strana incursione del patron di Iliad, Xavier Niel, che ha preso una “posizione lunga”, tutta in derivati, sul 15,1% di Telecom, ma soprattutto è stata convocata un’assemblea, il 15 dicembre, per la conversione in ordinarie delle azioni di risparmio a offrire l’occasione per chiedere l’integrazione del consiglio. Vivendi, consigliata anche dallo studio Chiomenti, ha deciso di proporre quattro nomi - i tre top manager del grupp Arnaud de Puyfontaine (ceo), Stéphane Roussel (chief operating officer) e Hervé Philippe (cfo), oltre all’indipendente Felicité Herzog - che amplierebbero il board Telecom da 13 a 17 componenti. Trattandosi di integrazione, non è previsto il voto di lista, ma i nomi sarebbero votati in blocco in assemblea dopo aver dato il via libera all’aumento dei posti in consiglio. Con 13 o 17 membri, la componente di minoranza non cambierebbe: sarebbero sempre tre i posti riservati alla minoranza con le regole del vecchio statuto che assegnavano i quattro quinti del board alla lista più votata (il nuovo statuto, che si applicherà al prossimo rinnovo del cda, riserva invece due terzi dei posti alla maggioranza).

Peccato però - ed è anche questo che lamenta il comitato dei gestori di Assogestioni che ha preso l’iniziativa, spalleggiato da un gruppo di investitori istituzionali esteri - che la lista più votata nell’assemblea che ha nominato l’attuale consiglio sia stata quella dei fondi, i quali però si erano autolimitati fin dall’inizio proponendo solo tre nomi, mentre il presidente - Giuseppe Recchi - era stato nominato direttamente dall’assemblea con il voto plebiscitario di oltre il 50% del capitale. Le contestazioni all’influenza su Telecom di una maggioranza solo relativa erano già partite dall’assemblea straordinaria del dicembre 2013 su iniziativa di Findim, la holding della famiglia Fossati ai tempi azionista al 5% - che aveva addirittura chiesto la revoca del board espresso da Telco. Si era arrivati così alla primavera del 2014 a rinnovare il consiglio, quando già si sapeva che Telco si sarebbe sciolta, attingendo a una lista di indipendenti individuata però dall’azionista di riferimento uscente.

Ora al board, nato in questo contesto, viene chiesto di esprimersi in merito alle richieste del nuovo socio di maggioranza relativa, il quale, da parte sua, comincia a essere infastidito dalla situazione. Ieri un portavoce di Vivendi ha dovuto intervenire a fronte di voci incontrollate di ricambio manageriale in Telecom, per ribadire che «la fiducia ai vertici della compagnia non è mai stata in discussione e non è mai venuta meno».

È immaginabile che il presidente Recchi, cui spetta riconvocare il consiglio, voglia capire direttamente dai fondi il motivo dell’iniziativa. Pare da escludersi però che la situazione possa essere ricomposta con le dimissioni di quattro amministratori e la cooptazione dei candidati di Vivendi. Cosa che non diluirebbe il peso dei consiglieri espressi dal mercato, ma esporrebbe Vivendi al rischio di un voto negativo da parte degli investitori istituzionali non all’allargamento del board, che non sarebbe più necessario, bensì direttamente ai propri candidati cooptati, la cui nomina andrebbe ratificata in assemblea.

Nel quadro confuso, almeno una nota positiva per l’azienda. Fitch ha confermato infatti il rating di Telecom a BBB-, alzando l’outlook da negativo a stabile. Il miglioramento delle prospettive riflette in prima battuta le performance delle attività italiane del gruppo insieme, secondo l’agenzia, all'enfasi che il management sta mettendo nella soddisfazione dei clienti e negli investimenti per la rete.

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