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Bail-in, ecco cosa rischia chi ha sottoscritto bond subordinati

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verso il nuovo regime

Bail-in, ecco cosa rischia chi ha sottoscritto bond subordinati

Qualcuno dovrà spiegare a migliaia di risparmiatori che fine faranno i 65 milioni con i quali il 22 dicembre 2005 finanziarono Banca delle Marche sottoscrivendo un bond subordinato Tier 2 non quotato che scadrà tra cinque settimane. Anni or sono, allettati da rendimenti superiori a quelli dei bond senior “plain vanilla”, investirono nei bond subordinati bancari. Molti non comprendevano che quel rendimento superiore alla media celava un rischio più alto. Rischio che potrebbe divenire realtà con il bail-in.

I bond subordinati sono titoli compresi nel capitale di vigilanza (Tier 1 o Tier 2 capital) i cui rendimenti — più alti di quelli degli altri bond — sono dovuti al loro rischio maggiore. In caso di crisi della banca che porti alla sua “risoluzione”, cioè al bail-in che scatterà anche in Italia dal 1° gennaio, se a coprire le perdite e ricapitalizzare la banca non bastassero le azioni e gli altri strumenti di capitale, subito dopo — e prima dei bond senior e dei conti correnti oltre i 100mila euro — saranno coinvolte le obbligazioni subordinate, convertendole in azioni e riducendone o azzerandone il valore. Il bail-in però è uno dei quattro strumenti di soluzione delle crisi (di fatto concettualmente l'ultimo): prima si potrà cercare di cedere asset, creare una “banca ponte” o una bad bank.

Grazie alle banche dati dalla società di analisi Skipper, sul numero di sabato 7 novembre Plus24 ha censito — per difetto — i bond subordinati bancari in circolazione. Le emissioni totali, 286 (141 le non quotate) valevano una raccolta di 71,25 miliardi (13,3 dei quali per bond non scambiati in Borsa). Oggi in prima linea ci sono soprattutto i titoli emessi da istituti commissariati da Banca d'Italia, come le quattro emissioni subordinate non quotate di Banca Marche (del valore di 205 milioni), i tre bond non quotati di Carife (148 milioni), i nove bond subordinati quotati (per 375 milioni), di cui uno sospeso, di Banca Etruria. Proprio la forbice tra prezzi di acquisto (bid) e di offerta (ask) di alcuni titoli dell'Etruria dimostra che anche tra i quotati alcuni bond sono crollati e illiquidi.

Tra le emissioni di gruppi in difficoltà, seppure in situazioni non comparabili alle precedenti, ci sono la decina di emissioni subordinate (nove non quotate) del gruppo Veneto Banca (per 573 milioni) o le sette quotate di Popolare di Vicenza (quasi 1,13 miliardi). Ma anche la dozzina di Mps, che a bilancio 2014 valevano 6,1 miliardi.
Per le banche commissariate c'è chi ritiene che la conversione dei bond subordinati in azioni, con il loro deprezzamento o azzeramento, scatterà sia che l'Unione Europea accetti il salvataggio del Fondo interbancario di tutela dei depositi (Fitd) sia che lo rigetti e scatti il “piano B” con la creazione di una holding finanziata dai grandi gruppi bancari che rilevi gli istituti in crisi. Venerdì 13 novembre (quando questo settimanale era già stato chiuso) il Consiglio dei ministri dovrebbe varare il decreto che recepisce in Italia il bail-in.

In caso di bail-in, fino al 31 dicembre 2018 le obbligazioni senior e i depositi superiori ai 100mila euro avrebbero le stesse tutele, mentre dal 1° gennaio 2019 i depositi oltre i 100mila euro sarebbero più “tutelati” rispetto ai bond senior. Ma i bond subordinati saranno invece coinvolti in eventuali bail-in sin dal 1° gennaio 2016 e forse anche prima, in caso di salvataggi.

Il problema, come i titoli, è diffuso. Molti risparmiatori hanno sottoscritto bond subordinati bancari anche dieci anni fa, quando il bail-in non esisteva, e oggi detengono (forse senza esserne informati) titoli più rischiosi, in alcuni casi illiquidi o non quotati, che possono essere “presi al laccio” nei bail-in e che non sono — magari non erano sin dalla sottoscrizione — più allineati al loro profilo di rischio. Dovrebbero essere informati come prevede la direttiva Mifid sulla profilatura dei clienti. Altri potrebbero detenere questi titoli per via indiretta: o perché i bond sono a sottostante di altri strumenti (ad esempio pronti contro termine e time deposit) o perché sono compresi nei panieri di fondi e polizze indicizzate. Per questi motivi Camera e Senato chiedono che anche la Consob sia coinvolta nella gestione delle crisi bancarie.
nicola.borzi@ilsole24ore.com

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