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Turchia snodo strategico per gli scambi di petrolio e gas

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analisi

Turchia snodo strategico per gli scambi di petrolio e gas

Un ponte che collega Oriente e Occidente, Islam e cristianità, ma anche fornitori e consumatori di energia. La Turchia è uno snodo strategico cruciale per i trasporti di petrolio e - in misura crescente - per quelli di gas. È anche per questo che le quotazioni del greggio, finora insensibili agli atti di terrorismo e persino all’escalation militare in Medio Oriente, hanno reagito in modo così brusco all’abbattimento del caccia russo da parte dell’aviazione di Ankara: sia il Brent che il Wti hanno guadagnato oltre il 3%, un balzo davvero sorprendente di questi tempi.

Ogni giorno quasi 4 milioni di barili di greggio e prodotti raffinati raggiungono i mercati occidentali (e soprattutto l’Europa) passando per la Turchia. E in un prossimo futuro, grazie alla sua posizione geografica, il Paese diventerà anche un territorio di transito cruciale per il gas: in Turchia passerà una buona parte del Corridoio sud, il sistema di gasdotti che comprende anche la Tap, su cui la Ue ha scommesso per una parziale emancipazione dal gas russo. Secondo i piani di Gazprom - ufficialmente non ancora abbandonati - il Paese dovrebbe inoltre ospitare il Turkish Stream, progetto di pipeline che ha sostituito il South Stream, destinato a trasportare gas russo bypassando l’Ucraina. Il piano tuttavia, già rinviato da Gazprom, rischia di naufragare definitivamente ora che le relazioni tra Russia e Turchia sono precipitate.

L’intervento russo nel conflitto in Siria, fortemente osteggiato da Ankara, aveva già provocato ripercussioni sui progetti energetici condivisi dai due Paesi. «Siamo tra i primi consumatori di gas russo e se necessario possiamo acquistare gas da molti altri fornitori», aveva minacciato in ottobre il presidente turco Tayyip Erdogan, proprio in relazione a presunte violazioni dello spazio aereo. Una minaccia concreta, perché le Turchia è superata solo dalla Germania nell’import di gas da Mosca e i suoi consumi, a differenza di quelli tedeschi, sono in forte crescita: negli ultimi dieci anni sono più che raddoppiati, superando 50 miliardi di metri cubi all’anno, di cui quasi il 60% acquistati da Gazprom.

Le ritorsioni economiche di Ankara potrebbero estendersi anche all’energia nucleare: nel 2013 è stato firmato un accordo con la russa Rosatom per la cotruzione e gestione di una centrale atomica a Akkuyu , sulla costa mediterranea. Un investimento da almeno 20 miliardi di dollari che tuttora resta sulla carta e che potrebbe essere affidato ad altri, ha suggerito Erdogan.

Per il Turkish Stream le schermaglie sono cominciate molto prima. Annunciato a sorpresa da Putin nel dicembre 2014, doveva essere costruito a partire da giugno di quest’anno. Invece Ankara non ha mai neppure approvato gli accordi intergovernativi necessari per l’opera e l’italiana Saipem, che aveva già iniziato la posa dei tubi nella tratta sottomarina del gasdotto, si è vista rescindere da un giorno all’altro il contratto con Gazprom. I turchi stavano provando a tirare sul prezzo delle forniture di gas dalla Russia, ma già prima della questione siriana le trattative si erano deteriorate al punto da spingere Botas a fare ricorso all’arbitrato internazionale.

Gazprom da parte sua ha decretato il rinvio sine die del Turkish Stream e accelerato invece il progetto del raddoppio del Nord Stream, altro gasdotto che invece approda in Germania. Scavalcando l’Ucraina, dunque, con cui Mosca tanto per cambiare è ai ferri corti (ieri ha minacciato di interrompere le forniture a Kiev entro due giorni) e anche la Turchia.

Le ritorsioni sono più difficili in campo petrolifero, anche se dalla Turchia transita circa un terzo del petrolio esportato dalla Russia. La posizione geografica del Paese e i numerosi importanti oleodotti che lo percorrono rendono tuttavia molto elevato il livello di rischio, se la crisi dovesse precipitare. Dal Bosforo e dai Dardanelli in particolare transitano ogni giorno forniture per circa 3 milioni di barili (di cui il 70% greggio), mentre dal porto turco di Ceyhan, sul Mediterraneo, punto di arrivo di importanti oleodotti, nel 2014 secondo l’Energy Information Administration hanno preso il largo 650mila bg di petrolio proveniente dal Caspio e 130mila bg di greggio iracheno. A Ceyhan arrivano inoltre quantità crescenti di forniture dal Kurdistan iracheno: lo scorso maggio si è arrivati a 550mila bg.

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