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Opec: tutti d’accordo sul taglio della produzione di petrolio…

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OGGI IL vertice a vienna

Opec: tutti d’accordo sul taglio della produzione di petrolio ma nessuno si muove

VIENNA - Sulla necessità di un taglio della produzione di petrolio a questo punto sono d’accordo tutti all’Opec. Al sacrificio non è però disposto nessuno, tranne forse l’Arabia Saudita, ma solo nell’ambito di uno sforzo condiviso, che al momento non trova alleati. Sono queste le uniche certezze alla vigilia del vertice dell’Organizzazione degli esportatori di greggio e date le carte in tavola è difficile aspettarsi un ritorno alle politiche di un tempo, quando il gruppo - mantenendo almeno una facciata di compattezza - reagiva in modo aggressivo in difesa del prezzo del barile.

A un anno dalla decisione di affidarsi alle leggi di mercato, con il petrolio intorno a 40 dollari come durante la recessione del 2009, i ministri dell’Opec oggi non riescono più a nascondere lo scontento e le rivalità interne riemergono con forza. A movimentare (e confondere) ulteriormente le acque è trapelato un presunto piano di mediazione saudita, che una pubblicazione di settore, Energy Intelligence, sostiene di aver appreso da un “delegato senior dell’Opec”. Riyadh intenderebbe proporre un taglio della produzione da un milione di barili al giorno da attuare nel 2016 a due condizioni: la prima, che l’Iraq - oggi arrivato ad estrarre un record di 3,8 milioni di barili al giorno - non acceleri ulteriormente lo sviluppo dei pozzi; la seconda, che anche l’Iran e alcuni produttori non Opec collaborino ai tagli.

Il ministro saudita Ali Al Nami, che all’arrivo a Vienna aveva promesso di «ascoltare tutti» i colleghi dell’Opec, ieri non ha più aperto bocca con i giornalisti. Dal suo entourage le indiscrezioni sul piano sono state respinte come «infondate» e «frutto di fraintendimenti», ma il giornale non ha rettificato. In passato l’Opec è riuscita spesso a sorprendere: anche il vertice di novembre 2014 a suo modo è stato un coup de theatre, che ha segnato una svolta storica per il mondo del petrolio.

Il mercato ieri ha reagito alle indiscrezioni sul piano saudita con un forte rimbalzo, probabilmente amplificato dalle ricoperture dei fondi, oggi molto sbilanciati su posizioni ribassiste, dal rialzo dell’euro (che di converso ha indebolito il dollaro) e dall’intervento britannico in Siria, dove i caccia hanno preso di mira i pozzi di petrolio dell’Isis, nell’area di Omar: il Brent, che mercoledì aveva quasi eguagliato il minimo da sei anni, ha chiuso con un rialzo di oltre il 4% tornando a superare quota 44 dollari al barile.

Comunque sia, anche se le voci riferite da Energy Intelligence rispondessero al vero, i ministri chiamati in causa dai sauditi hanno risposto picche. L’iraniano Bijan Zanganeh in particolare è stato categorico: «Non accettiamo nessuna discussione riguardo all’aumento di produzione che avremo dopo la revoca delle sanzioni. È nei nostri diritti e nessuno può imporci limiti. D’altra parte non penso che i colleghi dell’Opec ci facciano pressioni in questo senso. Non sarebbe accettabile né giusto». Più possibilista il ministro iracheno Adil Abd al-Mahdi, forse perché consapevole che il dissesto delle finanze di Baghdad imedirà comunque ulteriori forti incrementi della produzione di greggio: «Noi cerchiamo l’unità dell’Opec e la difesa degli interessi dei suoi membri, quindi puntiamo ad avere una discussione aperta». Un taglio della produzione tuttavia, ha aggiunto al-Mahdi, deve trovare la collaborazione di Paesi non Opec. E qui l’ostacolo diventa davvero insormontabile. «Non è praticabile», ha ripetuto ieri per l’ennesima volta il ministro dell’Energia russo Alexander Novak, parlando da Mosca. Già, perché stavolta la Russia non ha inviato a Vienna né il ministro, né nessun altro rappresentante del Governo. Lo stesso ha fatto il Messico, che un anno fa aveva invece incontato i sauditi il giorno prima del vertice. Era stata rottura e stavolta l’Opec deve sbrigarsela da sola.

Trovare una via di uscita non sarà facile. Ieri un gruppo di ministri si è riunito nelle stanze dell’hotel Ritz Carlton, a pochi passi dal Kursalon, culla del valzer viennese, dove Johann Strauss nel 1868 tenne il suo primo concerto. Una sorta di prevertice, per gettare le basi di una discussione che si preannuncia spinosa. È finita con un nulla di fatto. «Non siamo vicini a nessun accordo», ha comentato l’iraniano Zanganeh allontanandosi abbiamo trovato nessun accordo». «Le discussioni - ha promesso l’iracheno al-Mahdi - continueranno».

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