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L'Opec non taglia la produzione, prezzo del petrolio in caduta

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L'Opec non taglia la produzione, prezzo del petrolio in caduta

È iniziato che sembrava una commedia degli equivoci, ma il finale aveva più i toni della tragedia. Il vertice di ieri è sembrato a molti il funerale dell'Opec, anche se il segretario generale Abdallah Al Badri continuava a ripetere «siamo più forti che mai». L'Organizzazione degli esportatori di petrolio - un tempo cartello potentissimo, in grado di fare il bello e il cattivo tempo sui mercati - ha già rinunciato da anni ad avere un target di prezzo per il greggio, poi ha “sospeso” anche le quote produttive dei singoli Paesi membri. Adesso non ha nemmeno più un tetto di produzione collettivo, da tagliare o viceversa aumentare per dare quanto meno l'impressione di avere in mano il controllo dell'offerta petrolifera.

Alza bandiera bianca l'Opec, diffondendo dopo una riunione durata ben oltre il previsto un comunicato sconcertante, in cui afferma solo che i suoi membri «nei prossimi mesi dovrebbero continuare a monitorare da vicino gli sviluppi sul mercato petrolifero». Nessun taglio, né aumento, né conferma del tetto di produzione, che non viene nemmeno nominato. Nei cinquant'anni di esistenza dell'Opec non era mai successo. Non sorprendono le facce tirate e i silenzi che hanno accompagnato l'uscita dei ministri dal segretariato generale dell'Organizzazione. Né sorprende che le quotazioni del barile abbiano continuato a scendere, sia pure moderando le perdite. Erano arrivate a crollare di quasi il 3% e il Wti era andato sotto 40 dollari, quando a vertice ancora in corso un'agenzia di stampa aveva battuto un “flash” secondo cui fonti Opec riferivano di un aumento del tetto di produzione da 30 a 31,5 milioni di barili al giorno: forse un fraintendimento, legato alle accese discussioni che si stavano tenendo a porte chiuse. Giovedì il petrolio si era viceversa impennato di oltre il 4% per la notizia - poi smentita - che i sauditi intendevano proporre un piano per un taglio coordinato dell'offerta.

Di proposte, vere o false, ce ne sono in effetti state parecchie. Secondo quanto riferito dal ministro iracheno Adil Abd al-Mahdi, l'Opec ha valutato se convocare un vertice di emergenza, soluzione scartata a favore di un rinvio al vertice ordinario, fissato il 2 giugno prossimo. Inoltre si è parlato della proposta di tagliare la produzione di 1,5 milioni di barili al giorno, portata al tavolo di discussione dal Venezuela, con l'appoggio dell'Ecuador (confermato dai diretti interessati) e quello (solo vantato da Caracas) di Iran e Iraq. «Dobbiamo ridurre la produzione di almeno il 5% - aveva dichiarato il ministro venezuelano Eulogio Dal Pino - altrimenti ci saranno conseguenze catastrofiche per i prezzi quando gli stoccaggi di petrolio, che sono già pieni all'85-90%, si riempiranno del tutto verso il secondo trimestre 2016». «Ascolteremo tutti e poi decideremo», aveva promesso alla vigilia del vertice il ministro più influente, il saudita Ali Al Naimi. E le sue parole si ritrovano nel comunicato finale dell'Opec, dove si evidenzia che «la Conferenza ha rispettato l'input e le idee di tutti i Paesi membri per trovare strade e mezzi per affrontare le sfide che oggi si trovano di fronte sul mercato globale del petrolio».

Il comunicato dice anche che «la produzione non Opec dovrebbe diminuire nel 2016, mentre si prevede che la domanda di petrolio si espanderà ancora di 1,3 milioni di barili al giorno». Ma l'Opec sa bene che questo non risolverà i suoi problemi: la stima sulla domanda è quella elaborata dalla sua Commissione economica, che però in un rapporto confidenziale filtrato al Wall Street Journal avvertiva altresì che l'eccesso di greggio sul mercato «benché in riduzione, continuerà nei prossimi trimestri a ostacolare la risalita dei prezzi». In particolare il surplus, oggi valutato di 1,8 milioni di barili al giorno, secondo i tecnici dell'Organizzazione scenderà a 700mila bg nel 2016 se l'Opec continuerà a estrarre 31,5 mbg come nel terzo trimestre. Ci sarà insomma ancora tanto, troppo petrolio sul mercato. E poi ci sono le scorte da smaltire - 3 miliardi di barili solo nell'Ocse, calcola l'Agenzia internazionale per l'energia - e non è detto che la domanda continui davvero a crescere in modo robusto. Un numero crescente di analisti ne dubita.

L'Opec non esclude un intervento in futuro. «Non potevamo darci un limite di produzione oggi, ma solo adottare un'atteggiamento di wait and see», ha spiegato il presidente di turno ,il ministro nigeriano Emmanuel Ibe Kachikwu. Un motivo è che non si sa ancora quanto greggio riporterà sul mercato l'Iran dopo la revoca delle sanzioni. L'altro ha risvolti più drammatici per l'Opec: «Rappresentiamo solo il 35% della produzione globale e se anche avessimo tagliato non avremmo avuto un impatto sostanziale - ha candidamente ammesso Kachikwu - Dobbiamo parlare con i produttori non Opec, convincerli ad unire le forze». Se è così, forse l'Opec è morta davvero.
@SissiBellomo

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