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Dow Chemical-DuPont, fusione da 130 miliardi

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Dow Chemical-DuPont, fusione da 130 miliardi

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È una fusione che darà vita a un gigante da 130 miliardi di dollari di capitalizzazione di mercato e 90 miliardi di dollari di fatturato annuale. E che arriva a coronamento di un anno già record per i merger globali in molteplici settori - da sanità a farmaceutica e tecnologia, dall’energia fino all’agroalimentare - che hanno raggiunto i 4.350 miliardi polverizzando il precedente record dell’intero 2007. Dow Chemical e DuPont stanno apportando gli ultimi ritocchi ad una combinazione nel settore chimico e agricolo che potrebbe essere annunciata a giorni, se non sorgeranno imprevisti ostacoli. Un matrimonio, anticipato da indiscrezioni del Wall Street Journal, accolto ieri con favore da investitori a caccia di miglioramenti nelle performance aziendali: entrambi i titoli sono saliti a Wall Street di circa il 12 per cento.

Il nuovo gruppo - che potrebbe in seguito essere suddiviso in tre società con attività nell’agricoltura, nei materiali e nei prodotti speciali - ha già un organigramma di vertice che dimostra lo stato avanzato delle trattative.

Sarà guidato dal chief executive di Dow Chemical Andrew Liveris, veterano da 11 anni in vetta all’azienda, sulla poltrona di presidente esecutivo, mentre l’amministratore delegato di DuPont Edward Breen, specialista di ristrutturazioni aziendali da un mese solidamente al comando del gruppo, manterrebbe la sua attuale posizione.

Un colosso unificato vanterebbe il controllo del 17% del mercato mondiale dei pesticidi e sarebbe complessivamente il terzo fornitore di sostanze chimiche al comparto agricolo. Negli Stati Uniti avrebbe inoltre una quota del 41% nelle sementi per il mais e il 38% in quelle per la soia. Le due società hanno anche in portafoglio popolari tecnologie di packaging, rivestitura e isolamento utilizzate in una varietà di comparti, negli alimenti, nella farmaceutica, nell’industria e nell’auto. Tra i marchi più noti contano Kevlar (DuPont) e Styrofoam (Dow).

Il negoziato rivela come le pressioni a favore di fusioni coinvolgano ormai anche marchi storici e da sempre indipendenti. DuPont fu fondata da un esperto di polvere da sparo francese due secoli or sono e Dow Chemical da un ingegnere elettrochimico alla fine dell’Ottocento. Ma oggi la tendenza ai merger si è intensificata davanti a un clima di bassa crescita economica e ampia liquidità societaria, di sforzi per ridurre i corsi, aumentare la competitività e riorganizzare le attività attorno ai segmenti considerati più redditizi sbarazzandosi invece delle divisioni deludenti. Nel campo delle materie prime e delle scienze agricole la prolungata caduta dei prezzi delle commodities ha aumentato l’urgenza di ripensamenti.

Entrambe le aziende sono finite sotto gli attacchi di influenti investitori attivisti, Trian Fund di Nelson Pelz nel caso di DuPont e Third Point di Edward Loeb per Dow, che hanno incoraggiato drastiche trasformazioni. Per rilanciare le prospettive di business l’anno scorso Dow Chemical aveva annunciato lo scorporo di asset nella chimica legata alle materie prime e in marzo di attività nel cloro alla Olin.

Le manovre hanno permesso al titolo di guadagnare il 12% da inizio anno. DuPont di recente aveva da parte sua pensionato la sua chief executive Ellen Kullman, sostituita inizialmente a interim e poi permanentemente da Breen, danneggiata da critiche per le spese eccessive spese e il mancato rispetto degli obiettivi di bilancio. Le difficoltà, nonostante alcune cessioni quali le pitture e i rivestimenti, si sono tradotte in un calo del titolo del 10% quest’anno.

Le trattative con Dow Chemical sono affiorate dopo un frenetico giro di potenziali partner che hanno visto al centro soprattutto DuPont: soltanto il mese scorso erano stati riportati contatti per una fusione delle sue attività agricole con Syngenta. Questo dopo che Monsanto aveva fallito nel tentativo di conquistare la stessa Syngenta con un’offerta da 46 miliardi. Stando alle indiscrezioni, la nuova fusione verrebbe concepita come un merger tra eguali - le due società hanno pressoché la stessa market cap, 65 miliardi ciascuna - senza significativi premi per gli azionisti.

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