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Telecom-Vivendi, è scontro totale

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Telecom-Vivendi, è scontro totale

Tutti contro tutti (o quasi). Non sembrano esserci più margini per un compromesso in extremis che eviti lo scontro in assemblea. Anche se «l'astensione dal voto» annunciata venerdì sera da Vivendi sulla conversione delle risparmio si presta a qualche ambiguità.

1) Se Vivendi si astenesse, il suo voto sarebbe conteggiato tra i contrari e la mozione, che richiede la maggioranza dei due terzi, non avrebbe chance di passare.

2) Se invece Vivendi uscisse al momento del voto, la decisione sarebbe presa dagli altri azionisti e con tutta probabilità sarebbe approvata.

«Il Sole-24Ore» ha chiesto alla media company transalpina “l'interpretazione autentica”, ottenendo la risposta che si sta parlando del primo caso. Ma toccherebbe alla Consob chiarire la questione prima della riapertura dei mercati.

Secondo le stime almeno un miliardo di titoli di risparmio sui 6 miliardi totali è oggetto di arbitraggi montati col conforto del messaggio di “non opposizione” inizialmente arrivato da Parigi. Se ora invece, come sembra, Vivendi ha cambiato idea, è logico aspettarsi che gli arbitraggisti si precipiteranno a chiudere le posizioni - rivendendo le risparmio e ricomprando le ordinarie - per limitare i danni, ma riportando comunque ingenti perdite: per le azioni di risparmio sarà un bagno di sangue, mentre le ordinarie potrebbero addirittura salire. Un miliardo di titoli di risparmio da liquidare significano tre settimane di scambi ai livelli record di novembre, quando i volumi sono quasi triplicati rispetto alla prima parte dell'anno.

Vivendi avrebbe fatto sapere di non volere trattare con i fondi che sono pronti a bocciare la sua richiesta di integrare il consiglio a 17. Dimissioni nel board per far spazio ai rappresentanti del gruppo francese - peraltro mai chieste formalmente - non sembrano essere nell'aria.

Nel comunicato emesso sabato da Telecom non si fa cenno a ipotesi di questo tipo, ma ci si limita a difendere l'operato della società e del cda, di fatto delegittimato dal primo azionista che lo ha giudicato inadeguato a decidere su un'operazione altamente diluitiva per i soci ordinari perchè non rappresentativo dell'attuale azionariato.

Non risulta che sia stato convocato un consiglio nè che sia in programma una riunione informale, ma probabilmente sono stati consultati i consiglieri prima di ribadire i punti richiamati nella nota.

Il primo: «l'operazione è stata proposta dal cda con l'obiettivo di perseguire l'interesse della società e di tutti gli azionisti» e «le condizioni sono state determinate con il supporto di due advisor, Citi e Equita, di indiscusso standing».

Il secondo: il consiglio ha deciso di proporre l'operazione «in un momento di mercato che appariva particolarmente favorevole», incontrando «un vasto apprezzamento» da parte del mercato. Il terzo: «la società ha scrupolosamente adempiuto agli obblighi informativi».

Alla fine si conclude rimettendo la valutazione all'assemblea.

Asati, l'associazione dei piccoli azionisti che finora ha raccolto deleghe per lo 0,5% del capitale, ha nuovamente sollecitato l'attenzione della Consob, dopo aver presentato un esposto sullo svolgimento del cda del 5 novembre scorso che esaminò la proposta di conversione non portata sul tavolo dal management che l'aveva ideata. La Consob ha chiesto gli atti ottenendo per ora, a quanto risulta, la registrazione audio della riunione ma non ancora il verbale.

Con le agenzie il presidente Asati, Franco Lombardi, ha parlato di «ritorsione» di Vivendi che «probabilmente non aveva i numeri» per nominare i sui quattro candidati al board. Altri sul mercato pensano che invece, proprio perchè avrebbe trovato l'appoggio sufficiente, voglia “stravincere” evitando anche la diluizione della sua quota. Ma quello che secondo il presidente Asati andrebbe accertato è se esiste un collegamento tra le mosse di Vivendi e l'altro potenziale socio francese, Xavier Niel, «perchè si tratterebbe di un modo di evitare l'Opa e scalare comunque la società».

L'unica certezza è che la confusione regna sovrana e non sarà l'assemblea di martedì a dissiparla.

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