Più di mille nuovi comuni che saranno coperti in fibra, di cui 250 nel cosiddetto cluster C e 896 nel cluster D.
Telecom Italia rivede al rialzo i suoi piani di investimento sulla banda ultralarga. Ad annunciarlo ieri è stato l’ad Marco Patuano in un passaggio del suo intervento all’assemblea degli azionisti. «Nella recente consultazione pubblica abbiamo esteso il nostro Piano di copertura in fibra ad altri 1.146 comuni, dei cluster C e D, con orizzonte temporale a fine 2018». Un ampliamento deciso «dopo aver verificato che il ritorno economico degli investimenti è migliore delle aspettative iniziali», ha precisato il ceo con un’aggiunta tutt’altro che neutra: «Permettiamo in questo modo al Paese di concentrare i fondi laddove realmente c’è il fallimento di mercato». La volontà di accelerare sul versante Ngn - si parla di un +11% del piano di copertura autonomo rispetto a quanto finora previsto - era stata resa nota a Infratel, la società in house del ministero dello Sviluppo, con una comunicazione di qualche giorno fa, datata 7 dicembre. La missiva, a firma di Patuano, lascia anche intendere che non ci si fermerà: «Telecom comunicherà tempestivamente eventuali ulteriori estensioni del proprio piano di copertura, mantenendo un arco temporale di riferimento triennale che, quindi, potrà anche superare la data del 31 marzo 2018 presa a riferimento a maggio scorso da Infratel».
Nei fatti il rilancio di Telecom è comunque una mossa che in qualche modo spariglia le carte in una partita in cui giocano operatori, il governo che spinge per avere una copertura degna in banda ultralarga, Enel con la newco e la sostituzione dei contatori che necessita di fibra, Metroweb ancora alla ricerca di un equilibrio azionario (il 31 dicembre scade la lettera d’intenti per la possibile entrata di Vodafone e Wind) e di capire se la bilancia finirà per pendere verso Telecom (i due avrebbero già condiviso un possibile piano industriale prima di arrivare alla più spinosa questione azionaria).
Lo sparigliamento targato Telecom deriva dal fatto che laddove ci siano operatori che investono autonomamente, altri possono farlo ma per legge senza poter attingere a incentivi pubblici per ora previsti proprio nelle aree C e D, le più a fallimento di mercato, grazie ai 2,2 miliardi di una delibera Cipe di luglio. Proprio per questo, per avere chiara la mappa degli investimenti degli operatori, il Mise ha voluto la consultazione conclusa a luglio e gestita da Infratel per individuare le “aree bianche” oggetto di possibili incentivi pubblici all’investimento.
I 1.146 nuovi comuni coperti autonomamente da Telecom dovrebbero quindi nei fatti essere tagliati fuori dagli investimenti pubblici. E chi dovrà investire dovrà farlo con mezzi propri tenendo conto che, con i nuovi piani, Telecom andrà a coprire di suo il 20% delle necessità del cluster D e circa il 55% del C. Tradotto in abitazioni sono 4 milioni con 9,5 milioni di abitanti “incrementali” rispetto ai piani precedenti. «La nostra società – ha chiosato sul punto Patuano in assemblea – parteciperà a tutti i bandi futuri per la realizzazione delle infrastrutture di rete fissa di nuova generazione».
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