Il fatto non sussiste. Con questa formula il Gup di Milano Andrea Ghinetti ha assolto Paolo Gioacchino Ligresti al processo con il rito abbreviato per falso in bilancio e aggiotaggio su titoli FonSai chiuso ieri a Milano. Insieme all’ultimogenito di Salvatore Ligresti sono stati prosciolti l’ex attuario della compagnia Fulvio Gismondi e l’ex dirigente addetto alla predisposizione dei documenti contabili di Fonsai, Pier Giorgio Bedogni.
Il giudizio favorevole per gli imputati non era scontato, aveva tuttavia trovato un solido fondamento nelle richieste della pubblica accusa (il pm Luigi Orsi, ora in Cassazione, e sostituito in aula dalla collega Donata Costa) che nel luglio scorso aveva chiesto il proscioglimento per tutti e tre gli imputati. Ovviamente con l’assoluzione è stata revocata anche la misura cautelare «inframuraria» degli arresti domiciliari cui Ligresti Junior era sottoposto dalla scorsa estate, periodo nel quale aveva deciso di rientrare in Italia costituendosi dopo due anni di latitanza in Svizzera. Il troncone del processo era stato trasferito per competenza da Torino a Milano il 18 marzo scorso, per decisione del gip di Torino Paola Boemio. Contestualmente al dibattimento in rito abbreviato, nella stessa aula e di fronte allo stesso Gup , si è anche svolta l’udienza preliminare nei confronti della persona giuridica FonSai, indagata nella stessa inchiesta per la legge 231 del 2001 sulla responsabilità degli enti.
A differenza degli imputati, per FonSai l’alternativa non sarebbe stata tra assoluzione o condanna, ma tra archiviazione e rinvio a giudizio. Il giudice ha ritenuto di archiviare la posizione di FonSai, difesa dall’avvocato Ermen Costabile, che commentando la decisione, ha ricordato come la società fosse stata oggetto, il 12 agosto del 2013, di un maxi sequestro a scopo di confisca e per equivalente al profitto ritenuto illecitamente conseguito, per 251 milioni di euro. Una decisione che in seguito era stata revocata dal Tribunale del riesame. Le motivazioni della sentenza saranno depositate e rese note entro novanta giorni dalla lettura del dispositivo. Ovvia la soddisfazione dei legali degli imputati. L’avvocato Davide Sangiorgio che assisteva l’ex membro del cda di FonSai, Paolo Ligresti, si è detto soddisfatto «Per l’epilogo di un procedimento articolato e complesso che ha visto premiata la scelta di sottoporsi al giudizio confidando nell’insussistenza dei fatti». Dal canto suo l’avvocato Ambra Giovene che assisteva l’ex attuario di FonSai, Fulvio Gismondi, ha sottolineato come durante questi 26 mesi di inchiesta Gismondi abbia dovuto lasciare tutti gli incarichi ricoperti. Da ricordare anche che sempre a Milano, nel luglio scorso, la procura aveva chiesto e ottenuto l’archiviazione dell’inchiesta nata dal caso del «papello», che aveva coinvolto, oltre a Salvatore Ligresti, anche l'amministratore delegato di Mediobanca, Alberto Nagel. Il fascicolo riguardava una nota siglata a penna da Nagel in cui questi avrebbe preso atto delle richieste della famiglia del costruttore di Paternò nell’ambito di una trattativa tra piazzetta Cuccia e l’imprenditore, finalizzata a una sua uscita “indolore” dal governo del gruppo Premafin- FonSai. In questa vicenda il reato ipotizzato era ostacolo alle attività di vigilanza della Consob. Anche in questo caso a chiedere l’archiviazione era stato il pm Luigi Orsi e ad archiviare il Gip Roberto Arnaldi. Prosegue invece a Torino il processo “madre” per l’ipotesi di falso nel bilancio di FonSai del 2010: gli imputati sono l’ex presidente onorario della compagnia, Salvatore Ligresti, la figlia primogenita di Salvatore, Jonella, che all’epoca dei fatti di FonSai era presidente e, ancora, l’ex amministratore delegato della compagnia, Fausto Marchionni, l’ex vicepresidente Antonio Talarico e due revisori dei conti, Riccardo Ottaviani e Ambrogio Virgilio, di Ernst & Young. Ancora a Torino Giulia Ligresti, la secondogenita di Salvatore, ha patteggiato una pena di 2 anni e 8 mesi, mentre l’ex amministratore delegato Emanuele Erbetta è in attesa della ratifica da parte del Gip dell’accordo di patteggiamento raggiunto con il pm torinese Marco Gianoglio, titolare dell’inchiesta. Per i magistrati torinesi la correttezza dei conti della compagnia sarebbe stata inficiata nelle poste relative alle riserve sinistri per circa 600 milioni, arrecando danni a soci e clienti e producendo un flusso di dividendi percepiti in modo illecito che sarebbero stati stimati in più di 230 milioni di euro.
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