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«Carige aperta a valutare alleanze»

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«Carige aperta a valutare alleanze»

  • –Luca Davi

MILANO

«Noi siamo fortemente impegnati a portare avanti il nostro piano industriale al 2019. Poi è ovvio che guardiamo con attenzione a quello che sta accadendo sul mercato. Se si presenteranno delle opportunità che creeranno valore per la banca e gli azionisti le valuteremo con attenzione». Piero Luigi Montani, al timone di Banca Carige da novembre 2013, non chiude la porta all’ipotesi che l’istituto ligure entri nell’arena del risiko bancario. Ma nel contempo tiene a sottolineare che l’impegno del management è focalizzato nel raggiungimento degli obiettivi del piano industriale, con l’orizzonte di un ritorno all’utile nel 2017.

Dottor Montani, partiamo dal dato più evidente: il titolo Carige ha perso quasi il 30% negli ultimi due mesi. Come si spiega un andamento simile?

Non me lo spiego sul piano razionale. Non c’è alcuna motivazione tecnica che può spiegarlo. Io credo che la banca sia oggetto di una speculazione da parte di alcuni investitori. Anche perchè ha un livello di solidità patrimoniale tale che dovrebbe lasciare tranquilli gli investitori. Questa banca in due anni è radicalmente cambiata, non è più come era due anni fa. E poi comunque c’è una cosa che non aiuta.

Ovvero?

Ci sono notizie negative, che attengono al passato, che stanno offuscando il lavoro che stiamo facendo e che è riconosciuto anche dalla Vigilanza. Avevamo detto che questa banca aveva bisogno di due anni, questo e il prossimo, per rimettersi in sesto e stiamo mantenendo l’impegno preso.

Quindi secondo lei il mercato vi sta punendo troppo?

Io dico che gli esiti dello Srep hanno dato atto di un lavoro importante che è stato fatto negli ultimi anni. La Bce ha abbassato l’asticella minima del Cet 1 ratio dello 0,25% al termine delle analisi, all’11,25%. Ricordo che la nostra banca è una delle poche che ha visto una riduzione dei requisiti di capitale.

I contatti tra voi e Bpm, in vista di una possibile aggregazione, sembrano essere sfumati. Carige potrebbe comunque partecipare al risiko?

Se ci fossero discussioni aperte con qualcuno lo comunicheremmo, ma la verità è che non c’è nulla di concreto. E peraltro mi sembra che, nonostante le tante chiacchiere, l’intero sistema pare ancora lontano dall’avvio del processo. Una cosa è sicura: noi non dobbiamo fare aggregazioni a tutti i costi e ciò nell’interesse della Banca e degli azionisti. L’obiettivo prioritario è quello di continuare a lavorare al rilancio di Carige. Certamente, se ci saranno opzioni interessanti le valuteremo con gli advisor che abbiamo coinvolto, Mediobanca e Jp Morgan.

Lei ha preso in mano le redini della banca nel 2013. Che cosa è cambiato in questi anni dentro a Carige?

In due anni sono cambiate molte cose. Siamo partiti da una condizione non agevole, con un Core Tier 1 ratio al 5,15%, mentre oggi siamo al 12,2% di CET 1 ratio, grazie anche a un doppio aumento di capitale per complessivi 1,65 miliardi. La banca è stata rimessa in piedi, abbiamo fatto un’analisi approfondita del portafoglio crediti, ridefinendo la policy per le diverse posizioni e varando una nuova politica degli accantonamenti e sulle garanzie. Nel frattempo abbiamo varato una riorganizzazione della rete, con la chiusura di 45 sportelli, l'avvio del modello hub & spoke e l’uscita volontaria di 650 persone, di cui 300 già finalizzate. È stato ridisegnato il modello organizzativo interno, passando a uno schema funzionale. È stata ceduta ad Apollo la parte assicurativa, come richiesto dalla Vigilanza. Nei giorni scorsi abbiamo incorporato Savona e Carrara, mentre puntiamo a rilanciare Creditis e Cesare Ponti. Nel 2016 continueremo a focalizzarci sul business commerciale e su una sempre più stringente politica di contenimento dei costi Bce ha detto che, qualora ci fossero cessioni di crediti in sofferenza, potrebbe rivedere al ribasso i requisiti patrimoniali.

Ci sono cessioni di pacchetti in vista?

Valuteremo in sede di consiglio di amministrazione cosa fare, in sintonia con le indicazioni di Bce. A questo proposito Pwc è già al lavoro. Per quanto riguarda invece gli incagli, gli stessi ammontano a 3,1 miliardi di cui 1,2 miliardi rientrano già nei piani di ristrutturazione nell’ambito delle nuove normative fallimentari e dovrebbero salire a 1,7 miliardi entro fine anno. Di queste ristrutturazioni circa 550 milioni potrebbero addirittura essere riamessi in bonis, sussistendone i presupposti normativi già nel 2016.

È da escludere un possibile interessamento di Carige a qualcuna delle quattro banche del Centro Italia appena salvate, magari un’operazione da realizzare tramite un aumento di capitale?

Non conosco i conti delle banche oggetto del salvataggio a cui tra l’altro abbiamo partecipato con un contributo complessivo superiore ai 40 milioni. Ribadisco: noi siamo impegnati a portare avanti il nostro piano, che prevede il ritorno in equilibrio nel 2017.

Come sono i rapporti con gli azionisti della banca?

Nel 2015, nel corso dell’ultimo aumento di capitale, sono entrati soggetti che hanno dato un grande contributo non solo di tipo quantitativo ma anche qualitativo. Parlo di azionisti importanti come Malacalza Investimenti e Gabriele Volpi ed altri ancora tra cui fondazioni e imprenditori locali e nazionali, ben rappresentativi dei territori di riferimento. Si tratta di un parterre d’eccezione e ritengo al riguardo che Carige abbia una solidità in termini di rappresentanza non comune a tanti altri istituti. Con tutti loro i rapporti sono molto buoni, in particolare con l’azionista di maggioranza relativa da parte del quale non c’è ingerenza nella gestione ma c’è, nel contempo, un grande sostegno. Poi ad aprile 2016 il consiglio scadrà e gli azionisti faranno le loro valutazioni. Noi, nel frattempo, pensiamo a portare avanti il nostro lavoro.

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