L’Opec non si illude di rivedere presto il petrolio a 100 dollari al barile. E si rende conto che, dopo gli accordi sul clima, il risveglio della domanda potrebbe rivelarsi effimero. Nonostante tutto, avverte che il mondo dovrà continuare a investire parecchio per evitare di ritrovarsi a corto di greggio: nei prossimi 35 anni serviranno ben 10mila miliardi di dollari, di cui 7.200 nelle attività di esplorazione e sviluppo di giacimenti. La stima è contenuta nel World Oil Outlook, il rapporto di previsione annuale dell’Organizzazione, che è stato pubblicato ieri.
Ad accollarsi la maggior parte delle spese, soprattutto nel medio periodo, dovranno essere i Paesi esterni all’Opec, che hanno risorse (convenzionali e non) più costose da estrarre e giacimenti con tassi di declino più alti: il conto è di circa 250 miliardi l’anno fino al 2020, proprio il periodo per cui le compagnie petrolifere - in reazione al crollo del prezzo del barile - hanno invece ridotto drasticamente il budget per gli investimenti. In seguito basteranno, si fa per dire, 210 miliardi l’anno. L’Opec dovrebbe invece investire 40 miliardi di dollari l’anno nel resto del decennio e salire in seguito a 60 miliardi.
Il problema è oggi le condizioni di mercato non incoraggiano certo a spendere: il petrolio Brent è sceso addirittura ai minimi dal 2004, sotto 36 $/barile martedì, anche se ieri il prezzo è risalito di oltre il 3% (si veda a pagina 6). «Se non arrivano i segnali giusti - avverte il segretario generale dell’Opec Abdallah El Badri nell’introduzione del rapporto - è possibile che il mercato scopra di non avere abbastanza capacità produttiva e infrastrutture per soddisfare la futura domanda di petrolio e questo ovviamente avrà un impatto a catena sui prezzi».
Le previsioni dell’Organizzazione per il momento puntano a una ripresa graduale dei prezzi. L’Opec Basket (paniere dei greggi prodotti dai suoi membri, che vale circa il 20% meno del Brent, Ndr) è visto salire da una media di 55 $ quest’anno a 80 $ nel 2020, in termini nominali. La corsa si scatenerebbe in seguito, con 123 $ (sempre in termini nominali) nel 2030 e oltre 160 $ nel 2040.
L’effetto del minigreggio sulla domanda «nel medio termine andrà via», afferma El Badri. La rimozione dei sussidi in molti Paesi e la migliore efficienza energetica, che continueranno anche in futuro, hanno inoltre indotto l’Organizzazione a tagliare le previsioni sulla domanda. Questa è comunque vista salire da 92,8 milioni di barili al giorno nel 2015 a 97,4 mbg nel 2020 e 103,5 mbg nel 2040. L’Opec ancora per qualche anno è destinata a soffrire: la richiesta per il suo greggio sarà solo di 30,70 mbg tra 5 anni, 200mila in meno di quanto previsto per il 2016 e più di 1 mbg in meno rispetto all’attuale produzione. Ma al 2040 dovrà fornire 40,7 mbg e la sua quota di mercato salirà dal 33 al 37 per cento. I concorrenti impiegheranno tempo a cedere e solo nel prossimo decennio l’Opec prevede un declino stabile per lo shale oil americano: fino al 2020 crescerà ancora, dagli attuali 4,4 a 5,2 mbg.
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