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Mps cede sofferenze per un miliardo

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Mps cede sofferenze per un miliardo

Mps si libera di un altro pacchetto di non performing loan, (npl). La banca ha annunciato ieri di aver sottoscritto un contratto di cessione pro soluto di un portafoglio di crediti in sofferenza a Epicuro SPV, veicolo di cartolarizzazione finanziato esclusivamente da società riconducibili a Deutsche Bank.

Il pacchetto è composto da circa 18.000 posizioni per un valore contabile lordo di circa 1 miliardo (1,7 miliardi se si includono gli interessi di mora maturati e altri addebiti che vengono ceduti insieme al capitale), ed è costituito prevalentemente da asset unsecured, non garantiti, relativi a controparti corporate entrate in sofferenza prima del 2009. La notizia ha ricevuto l’ok della Borsa tanto che il titolo, dopo un balzo in apertura che ha portato le quotazioni a un passo da 1,29 euro, ha chiuso in rialzo dello 0,4% a 1,252 euro. Complice il fatto che l’istituto ha rispettato le attese del mercato e della Bce rispetto alla necessaria valorizzazione dei crediti in sofferenza. Come è noto la banca ha presentato un piano al 2018 che punta alla cessione di 5,5 miliardi di euro di npl. Obiettivo che lo stesso amministratore delegato, Fabrizio Viola, ritiene possa essere aggiornato al rialzo anche per rispondere alle sollecitazioni che arrivano dall’Europa che aveva chiesto la valorizzazione di almeno 2 miliardi di crediti in sofferenza entro l’anno. Richiesta che il Monte dei Paschi ha esaudito consapevole del fatto che, come diceva qualche mese fa Viola, «il problema principale che deve risolvere Mps è proprio quello dell’entità dei crediti in sofferenza rispetto alla dimensione della banca».

A fine settembre il gruppo vedeva un’esposizione netta in termini di crediti deteriorati pari a 24,4 miliardi (in crescita del 5,4% rispetto a dicembre) con una percentuale di copertura del 48,6% (in riduzione di 13 punti base rispetto a fine giugno). Nel corso del 2015, Mps ha ridotto il pacchetto di crediti “problematici” di poco più di 2 miliardi di euro, più o meno un miliardo è stato valorizzato a giugno e altrettanto è stato ceduto ieri.

Quanto agli effetti di quest’ultima operazione, va detto che il valore della transazione non sarebbe particolarmente elevato. Normalmente i portafogli unsecured potrebbero passare di mano a un valore compreso tra l’8 e il 10% del nominale. Tuttavia, questo è un pacchetto che risale al 2009 e i cui sottostanti sono arrivati di fatto tutti a scadenza. Ecco perchè il prezzo sarebbe di gran lunga inferiore anche se allineato alle condizioni di mercato. In ogni caso, come hanno comunicato da Mps, «l’impatto della vendita sul conto economico e sui ratios patrimoniali non è significativo». Quel che conta, piuttosto, è che è stato compiuto un ulteriore passo nella direzione del business plan e che le risorse finora impiegate per gestire questo portafoglio potranno essere indirizzate verso crediti potenzialmente meno deteriorati: «La cessione, in linea con la strategia di miglioramento dei tassi di recupero delle sofferenze e di cura delle inadempienze probabili, consentirà una maggiore focalizzazione della gestione sulle esposizioni di importo più rilevante e con minore anzianità».

L’operazione chiusa da Mps va ad aggiornare, peraltro, il bilancio del mercato degli npl in Italia con le banche che, in attesa di un possibile varo della bad bank, alleggeriscono in autonomia il fardello delle sofferenze. Uno sforzo che, stando a un calco spannometrico, vale oggi attorno agli 8,2 miliardi (gli ultimi in ordine di tempo sono stati i 950 milioni del Banco Popolare, i 250 milioni di UniCredit e il miliardo di Mps) contro i 2,5 miliardi del 2014. E nel 2016 il fermento dovrebbe aumentare ancora, le stime di Pwc parlano di 20 miliardi. Questo avverrà certamente con il contributo di Mps ma pure di UniCredit che come ha ricordato qualche tempo fa il ceo Federico Ghizzoni, intende smaltire 33 miliardi di asset facenti capo alla non core bank di qui al 2018: di questi, 6 dovrebbero essere oggetto di cessioni vere e proprie di cui un 33%, circa 2 miliardi, già nel 2016.

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