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Eni riduce al 4,9% la sua quota in Snam

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Obbligazioni

Eni riduce al 4,9% la sua quota in Snam

  • –Celestina Dominelli

ROMA

Eni riduce la sua quota in Snam, che passa dall’8,5% al 4,9%, per effetto della conversione del prestito obbligazionario lanciato dal gruppo guidato da Claudio Descalzi nel gennaio 2013 con durata triennale. Il ridimensionamento nel capitale della spa dei gasdotti è emerso ieri dalle comunicazioni Consob e risale al 28 dicembre scorso.

A gennaio di tre anni fa, il gruppo di San Donato Milanese aveva incaricato un pool di banche (Barclays, Mediobanca, Morgan Stanley e Deutsche Bank) di concludere il collocamento presso investitori qualificati di 1,25 miliardi di euro di bond convertibili in azioni Snam, con una cedola annuale dello 0,625% (pagabile annualmente o in via posticipata) e con scadenza triennale, al termine della quale gli obbligazionisti avrebbero avuto la facoltà di convertire il bond in azioni Snam a un prezzo di 4,33 euro per azione: un livello che includeva un premio di circa il 20% sul prezzo di riferimento dell’azione, pari allora a 3,61 euro. Il sottostante di quel bond convertibile era rappresentato da circa 288,7 milioni di azioni ordinarie Snam, pari, per l’appunto, a circa l’8,54% del capitale.

Con la consegna di una parte delle azioni al servizio del convertibile, il gruppo di Descalzi ha dunque ridotto quella quota e, essendo sceso al di sotto della soglia del 5%, ha dovuto rendere noto il ridimensionamento della propria presenza nel capitale di Snam, come stabilisce l’articolo 117 (comma c) del Regolamento emittenti della Consob che disciplina la comunicazione delle partecipazioni rilevanti in una società quotata.

Subito dopo il bond convertibile, a maggio 2013, cessato il lock up di tre mesi in virtù del quale l’Eni si era impegnata a non vendere ulteriori azioni Snam sul mercato, il gruppo aveva poi proceduto a completare la cessione dell’11,69% del capitale della spa dei gasdotti attraverso un collocamento accelerato, curato da UniCredit e JP Morgan, presso investitori istituzionali qualificati italiani ed esteri a un prezzo finale pari a 3,69 euro per azione con un incasso complessivo pari a 1,458 milardi, mantenendo in portafoglio solo il sottostante del bond convertibile.

Come si ricorderà, il percorso di progressiva uscita dell’Eni dalla società guidata da Carlo Malacarne era stato annunciato nel 2012 quando il governo Monti varò il dpcm con cui su avviava di fatto il passaggio del controllo di Snam alla Cassa depositi e prestiti - alla quale fu trasferito il 30% circa del capitale - e s’imponeva all’Eni la cessione della quota residua. Dopo quella transazione, il Cane a sei zampe era rimasto in possesso di un 25% circa del capitale che ha venduto sul mercato in più tappe. Una prima tranche del 5% fu ceduta con un collocamento accelerato nel luglio 2012, poi a gennaio il gruppo scelse di battere, come detto, la strada del bond convertibile legato all’8,54% del capitale. E, infine, a maggio 2013, l’ulteriore tassello con la vendita, sempre tramite procedura accelerata, dell’11,7% della società.

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