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Pronta la nuova holding di controllo. Un gruppo da 20 miliardi di patrimonio

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Pronta la nuova holding di controllo. Un gruppo da 20 miliardi di patrimonio

La nuova holding che dovrà fare da capogruppo e aggregare il mondo del credito cooperativo italiano non aprirà il capitale al mercato. La principale ragione per cui si sta lavorando ad un'autoriforma del sistema - su sollecitazione della vigilanza italiana ed europea - è proprio quella di mettere in condizione la costellazione delle piccole Bcc di fare massa critica e riuscire ad avere accesso al mercato dei capitali per essere in grado quindi di risolvere all'interno del gruppo eventuali crisi. Ma l'effetto dell'impianto normativo di riforma che prenderà corpo nel decreto che andrà in Consiglio dei ministri giovedì prossimo sarà quello di consentire al sistema di restare chiuso.

Almeno fino a quando non si presenti la necessità di andare sul mercato. L'evoluzione in questa direzione sarebbe frutto delle mediazioni e delle correzioni rispetto alla prima bozza di autoriforma messa a punto da Federcasse nell'estate scorsa. Già allora si puntava a fissare una soglia azionaria della nuova holding da lasciare al controllo delle Bcc di almeno il 51 per cento. Il restante 49% avrebbe potuto andare sul mercato o essere ceduto a un partner, magari lo stesso Crédit Agricole il cui modello si voleva imporre in Italia per la riforma delle Bcc. La discriminante, che verrà sancita nel testo da approvare giovedì prossimo, è il fatto che non ci sarà un tetto massimo alla partecipazione del capitale della holding da parte delle Bcc (che saranno a loro volta sottoposte a vigilanza e ad azioni di indirizzo da parte della holding attraverso il patto di dominio).

Questo implica che la nuova società di controllo nascerà con un azionariato al 100% riconducibile al mondo bancario cooperativo, che gli azionisti siano singole Bcc o Federazioni. E così resterà l'assetto societario, lasciando l'opzione di apertura del capitale solo quando ve ne fosse materialmente la necessità. Ma secondo chi lavora da anni all'interno del sistema questa necessità non si presenterà, almeno per un bel pezzo. Il mondo delle Bcc rivendica con fierezza il fatto di aver risolto sinora tutte le crisi delle piccole banche al suo interno e lo continuerà a fare. Attraverso il meccanismo del patto di dominio - un vincolo giuridico che senza far fondere le Bcc le impegna a una sorta di messa a fattor comune dei vari patrimoni delle singole realtà - il nuovo gruppo che nascerà con la costituzione di una holding unica di controllo avrà una dotazione di 20 miliardi di patrimonio, ponendosi come uno dei gruppi bancari italiani più patrimonializzati.

Ieri il ministro per l'Economia, Pier Carlo Padoan, ha ben sintetizzato il modello di autoriforma che sta prendendo forma. È «uno schema che prevede un gruppo unico sul quale le banche cooperative si aggregherebbero su base volontaria». Un modello che, ha ricordato Padoan, «avrebbe due ordini di vantaggi: permetterebbe di andare sui mercati del capitale con una forza importante, con la gestione comune di molti servizi e con evidenti economie di scale ma al tempo stesso permetterebbe di mantenere una cultura locale anche con dimensioni nazionali ed europee». Andare sui mercati, appunto, ma solo se serve.

Il primo atto, dopo l'approvazione del decreto, sarà la creazione di una prima scatola societaria, che nascerà dall'aggregazione del gruppo industriale Iccrea Holding e della trentina Cassa centrale banca, già dotate di licenza bancaria. Ma è ben altra cosa rispetto al ruolo di controllo che veniva attribuito a Iccrea nella versione del progetto dell'estate scorsa: in questo caso la società industriale sembra destinata a diluirsi dentro la newco, nella quale verranno poi conferiti asset (che siano azioni o capitale) da parte delle Bcc e delle Federazioni che prenderanno il controllo della holding. Il processo decisionale per stabilire quale realtà locale terrà le redini della newco e potrà nominare rappresentanti nel suo board è partito in questi giorni e si protrarrà a lungo. L'esito finale sarà il frutto della mediazione e della capacità di aggregare alleanze interne al sistema, proprio come fosse una grande assemblea di condominio.

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